Abdon Sgarbi gloria nella Spal, capitano nel Milan di Honis, azzurro Italia con Meazza. E mister Badiese ‘28


02/11/2011

Questa è un’altra storia che ho già raccontato e che vi ripropongo datata 11.09.2006 aggiungendovi solo le due ‘foto squadre’ che certificano il valore ‘nazionale’ di Abdon Sgarbi, mentre per ricordare il suo ‘cuore Badiese’ mi piace ricordare i ‘ragazzi’ da lui allenati nel mitico campionato 1928/29 disputato sul nuovo campo appena inaugurato a Badia.  Quando in quella Terza Divisione giocarono queste squadre: Legnago, Zevio, Cerea, Nogara, Bovolone, Scaligera, Mezzomo Feltre, Audace San Michele, Adriese (peraltro ritiratasi).

ABDON SGARBI STORY /
<<Ci piace segnalare l'ottimo lavoro di Claudio Vallarini autore del "Il Pallone e la Memoria", la Calcio Storia del Badia dal 1915 al 1995. E ci piace riproporre la storia come viene descritta nel 'profilo lirico' di Massimo Maria Veronese (giornalista de Il Giornale), in morte di Abdon Sgarbi.
" Ragazzi, non so come dirvelo, siate forti se potete. Il vostro capitano non tornerà più. Dopodomani ci sono i funerali, non chiedetemi altro adesso, non saprei che dirvi. E successo tutto così in fretta…"
Nessuno aveva mai sentito mister Honis così, dall'altra parte della cornetta. Il gelido sergente di ferro del Milan si era sciolto al sole di ferragosto. Solo il suo cuore, impietrito , era rimasto freddo. Il suo capitano non cera più, toccava a lui dirlo ai suoi ragazzi. Lo avrebbero ritrovato per l'ultima volta due giorni dopo quella telefonata, a Ferrara, in una cassa di mogano scortata da 50 corone di fiori; mai così tanta gente in piazza, nemmeno per la processione del santo patrono. Verso sera, al camposanto, fu fatto l'appello; alla chiamata del " Camerata Abdon Sgarbi" i compagni risposero in coro " Presente" Era forte il capitano, era il più forte di tutti in quel Milan povero, ma orgoglioso, tenace, ma sfortunato.
Somigliava tutta a lui quella squadra, erano fatti luna per l'altra.
Era al Milan da due anni, gli bastò poco per conquistare il cuore dei tifosi. San Siro era stato appena inaugurato. Lo aveva fatto costruire il presidente del Milan Piero Pirelli, magnate della nascente industria delle gomme, al massimo poteva ospitare 10 mila persone, ma già allora era uno stadio all'avanguardia.
Abdon arrivava da Ferrara ( la Spal lo aveva lanciato) e sbarcò timido alla stazione: sarà un campione che rimarrà semplice.
Con quella valigia troppo grossa tra le mani, ad attenderlo due dirigenti e nessun tifoso. Non erano tempi quelli, non cera la tv e le adunate di folla si facevano solo a Roma , in Piazza Venezia. Ma il Diavolo credeva in quel ragazzo di 24 anni, alto e magro con un accenno di scoliosi, ricco fin lì solo di capelli.

Sulla banchina pensavano di veder sbucare un pirata…(omissis)
Abdon scese invece come un pendolare qualsiasi, salutò educato e chiese un bicchiere di acqua e menta. Poi fino all'arrivo in sede non aprì più bocca. Il pirata lo avrebbero ritrovato tre ore dopo, sul campo di allenamento, Non c'era pallone che non diventasse una preda per lui. Quel ragazzino di carta velina che si era presentato con il vestito della festa stropicciato dal viaggio, laggiù, in quel mare di verde, sembrava il Corsaro nero. Ma sono anni duri quelli a cavallo delle due guerre per il vecchio Milan.
Gli allenatori e i presidenti cambiano da un giorno all'altro, nessuno scudetto vinto, una sola vittoria nel derby con l'Inter, non si batte chiodo. Ma farla franca a quella pattuglia di poveri ma belli è sempre difficile, a volte c'é da diventare pazzi: " Prima di piegarci devono mangiar la terra…", spiegava duro Abdon, lui che era un tipo di poche parole e tenerezza infinita. Gli credevano Marchi, Perversi, Pomi che giocavano in linea con lui che era il perno, il centro sostegno; avrebbero dato l'anima per quel capitano così giovane e così fiero, certi che lui non li avrebbe traditi.
Piaceva a tutti Abdon, anche agli interisti che pur allora consideravano i cugini del Milan poveri e squinternati, da guardare dall'alto in basso. Ma i tifosi, il giorno del derby, se lo ritrovavano sul tram che portava allo stadio, come fosse un passeggero qualsiasi. Saliva alla fermata del Castello Sforzesco, chiedeva permesso e si appoggiava in un angolo, sorridendo appena. La caciara interista s'interrompeva di botto, nessuno fiatava, tutti lo fissavano, un po' imbarazzati; metteva soggezione. " Ma fossero tutti come lui…", borbottavano sottovoce i passeggeri pensando a Meazza che allo stadio ci andava con la Balilla a quattro marce e guai a chi lo spettinava. Era  il suo momento, lo sapeva bene, alla gloria faceva spallucce da ragazzo di campagna; gli avevano insegnato che nella vita ci sono giornate di sole e bufere improvvise, l'importante era lavorare sempre e non illudersi mai.
Era pronto a tutto, chi l'avrebbe detto che sarebbe finita così.
In due anni di Milan fu sempre perfetto. Che il Diavolo vincesse o perdesse il migliore in campo era sempre lui: se cera da lavorare di fioretto o darci dentro di scimitarra, il capitano non sbagliava. Se ne accorse pure Carcano, il commissario tecnico della Nazionale: stava lavorando per costruire una squadra fortissima, capace di vincere il campionato del mondo, ci sarebbe riuscito, cera da scommetterci. Carcano aveva già in mente tutto: la difesa in mano a Sgarbi, l'attacco ai piedi di Meazza, per il resto si vedrà. Nell'aprile del 1929 chiama il capitano per il debutto in maglia azzurra contro la Germania, non certo una squadra qualsiasi.
Finisce 2 - 1 per i tedeschi, ma per Abdon ci sono solo applausi. Scrive la Gazzetta dello Sport dell'epoca: " Non è difficile pronosticare nel valido e fine giocatore rossonero un astro del domani".
Quattro mesi dopo Abdon è nella sua Ferrara, si gode qualche giorno di vacanza prima di tornare a Milano, lo aspetta una grande annata, se lo sente, lo dicono tutti. E appena stato a trovare gli amici del Badia, ha una scuola di calcio lì. Non si sente molto bene quel lunedì mattina, il medico lo guarda e sbianca:" Si faccia coraggio, è un attacco di tifo: si può vincere , mi creda". Le prime cure sembrano funzionare, Abdon migliora, poi crolla improvvisamente. E appena passato mezzogiorno di quel 17 agosto 1929 quando perde conoscenza. Un consulto medico convocato d'urgenza lavora giorno e notte per salvarlo. L'agonia dura appena 36 ore, alle 16 del 18 agosto Abdon se ne va.
Una storia, forse una leggenda, si raccontava di lui. Si diceva che i suoi ragazzi, proprio poche settimane prima che il tifo lo aggredisse a tradimento, gli avessero regalato, in segno di gratitudine, la maglia del Badia. Abdon era rimasto un semplice, chissà perché gli scese quella lacrima. Pochi giorni dopo la morte, parenti e amici cercarono invano quella maglia tra le sue cose. Cera quella del Milan e quella della Spal, ma quella del Badia no, era introvabile, Abdon era un uomo di parola, l'aveva giurato ai suoi ragazzi:" Vi prometto una sola cosa: per quanta strada io possa fare, ricordatevi, questa maglia la porterò sempre con me…" .

P.S.: Abdon Sgarbi (classe 1903) nel 1928/29 è stato allenatore del Gruppo Sportivo Fascista BADIESE del presidente Luigi Zuppani. Era il primo campionato assoluto del Badia in Terza Divisione, giocato nel Polisportivo del Littorio inaugurato il 28.10.1928.
E la formazione tipo del Badia di Abdon Sgarbi era la seguente: Baratella, Grigolato, Cappellato, Zorzan, Montagnana, Zennaro, Turchetti, Montagnana, Munari, Roman, Ghirlanda. Fermo restando che nella foto del 1928 pubblicata sul libro “Il Pallone e la Memoria” la didascalia recita questi nomi: Quinto, Rizzi, Roman, Munari, Gennari, Checchinato, Ghirlanda, Montagnana, Zorzan, Cappellaro, Viaro, Bisson.>>

EXTRATIME by SS/ La cover è per Abdon Sgarbi con la maglia rossonera del Milan. Quindi nella fotogallery lo proponiamo prima con la Spal 1922/23 con questa formazione(dal libro La Storia della Spal , written by Mauro Malaguti e Corrado Piffanelli).
Da sx in piedi Dabbene, Preti II°, Vassarotti, Sgarbi, Preti I°, Negri, Bay, Ticozzelli; accosciati Manfredini, Canova, Fini.  In chiusura proponiamo Sgarbi insieme a Degani portiere dell’Italia 1929 come da didascalia (dal libro “Il Pallone e la Memoria” written by  Claudio Vallarini) che onora ‘due badiesi’ tra gli azzurri.




11.09.2006


Sergio Sottovia
www.polesinesport.it