Alluvione Polesine 1951 ‘vissuta’ da Orietta Marangon: tra bottega di famiglia distrutta e Lei ‘in salvo’ nella ostaria in golena da “Gigiuli”, quando l’acqua da Adria invase Loreo, Rosolina, Donada, Contarina/ Così si sposò a Taglio di Po


Dopo avervi parlato con Mirella Pregnolato della “Alluvione del Polesine 1951” che con le sue acque invase la Contarina del sindaco Guido Pregnolato, adesso con Orietta Marangon vi parliamo delle acque che, sempre arrivate da Adria , hanno invaso la Donada del sindaco Antonio Gadenghi.
Tutto questo dopo che la forza della acqua alta, che a Cavanella PO e a Loreo premeva contro gli argini del Canalbianco al bacino della Pioppa, alle Fornaci, distrusse ogni resistenza e allagò prima Donada e poi Contarina, defluendo diversi giorni dopo verso la campagna e le frazioni Mea, Ca Cappellino, Villareggia, Scanarello fino al mare.
Ricordiamo a tal proposito, per la cronaca e per la storia quasi ad anticipare la fusione tra i due Comuni che avverrà nel 1996 per effetto di fusione nel neonato Comune di Porto Viro, che a gestire le problematiche di quella tragica Alluvione del 1951 in entrambi i sopra citati Comuni c’era l’apposito Comitato di Emergenza che ( con sede al Bar Patina ) , oltre dai rappresentanti dei partiti presenti nei rispettivi consigli comunali, era presieduto da Guido Pregnolato sindaco di Contarina.
Aggiungo anche che il racconto di Orietta Marangon con riferimento alla sua ‘bottega’ a Donada fu spostata inizialmente al primo piano, mi fa andare ai miei ricordi personali quando il ‘banco e gli scaffali’ del negozio di “Sali e Tabacchi’ che la mia famiglia aveva a Crespino ( al Borgo Aguiaro) fu altrettanto spostata ‘con banco e banconi’ tutta al primo piano.

 

 

 

Ma , rimandandovi in calce al tradizionale Extratime per ulteriori considerazioni di carattere generale , anche con riferimento alla fotogallery, vi proponiamo subito il reportage di Orietta Marangon, che guada caso per sposarsi in quel periodo già concordato, ha dovuto spostarsi a Taglio di Po, mentre tanti altri Polesani , proprio a causa della “Rotta di Occhiobello” e della tragica “Alluvione del Polesine 1951” ha abbandonato anche definitivamente et il nostro territorio, per cercare lavoro nel triangolo industriale Milano, Torino, Genova, ma anche in tutto il nord Italia, anche da Bolzano a Biella.
Mentre noi concluderemo nella prossima puntata il nostro lungo viaggio di “Storie Vissute Direttamente” tra i paesi alluvionati, arrivando fino alla foce del Delta PO che entra nel Mare Adriatico. Aggiungendo a seguire però un reportage speciale su tutti i DATI della Alluvione del Polesine 1951” sia per quanto riguarda l’analisi dei Danni che quelli dei Lavori di Ricostruzione finanziati, organizzati , effettuati a livello istituzionale e grazie a tanta solidarietà nazionale ed internazionale.

 

 

UNA STORIA DELL’ALLUVIONE DEL ’51 ( di Orietta Marangon – Porto Viro ) / CRONACA DA DONADA – CONTARINA….MATRIMONIO ALLUVIONATO
Nella vita delle persone vi sono ricordi che affondano nella nebbia, altri, invece, che rimangono a distanza di tempo sollecitati da fatti occasionali, da incontri di eventi tristi.
Certamente l’approssimarsi dell’autunno con le sue nebbie, le ricorrenti piogge, l’umidità che penetra nelle ossa, mi riportano ogni anno, a pensare alla tragica alluvione del 1951.
Allora avevo poco più di vent’anni ed ero fidanzata con un ragazzo che sarebbe diventato, di lì a poco, mio marito. Già da tempo avevamo programmato l nozze. Io vivevo con mia sorella maggiore, sposata con un maestro che veniva da Lendinara e con la sorella, minore.

 

 

 

Eravamo orfane di padre deceduto a 41 anni e di madre morta il 2 maggio 1946 all’età di 44 anni. Probabilmente la fine era stata determinata dalle preoccupazioni e dalle fatiche nel periodo di guerra perché gestiva un avviato negozio di generi alimentari con annesso forno del pane.
Pur essendo abbastanza grassa, si muoveva per i banchi della bottega con tanta disinvoltura.
Era amata da tutte le persone che la chiamavano affettuosamente la “Polentona”. In realtà il soprannome era appropriato perché mio padre apparteneva alla razza dei “Polentabona o Polentoni”, per cui il titolo era affibbiato anche a lei. Alla sua dipartita la gestione dell’attività passò a mia sorella che si sposò subito per consentire a suo marito, mio cognato, di prendere in mano la gestione commerciale, a cui, ben presto, mi affiancai anch’io all’età di 14 anni.

Era un lavoro che mi appassiona, a contatto con la gente, le necessità quotidiane. La bottega era una scuola di vita.
Poi cominciarono a nascere i figli di mia sorella e mi attaccai ai nipotini con tanto affetto.

 

 

 

Eravamo tutta una famiglia recuperata dopo le disgrazie. Il lavoro procedeva bene anche se le difficoltà economiche di quel periodo, in Basso Polesine, rendevano difficile il recupero dei crediti.
Le famiglie venivano a fare la spesa con il libretto, confidando di poter saldare il conto con i lavori stagionali: le fornaci, la campagna saccarifera, le mondine che emigravano in Piemonte, la compartecipazione dei raccolti di grano e barbabietole.
La bottega funzionava da banca nella fiducia della gente, e nel buon Dio che rendesse i raccolti soddisfacenti.
A novembre del 1951 la notizia che il PO aveva rotto gli argini ad Occhiobello, l’acqua ormai aveva sommerso l’alto e il medio Polesine ed avanzava verso il Delta, per terminare in mare.

La gente era tutta impaurita, la radio trasmetteva notiziari drammatici, l’esodo verso l’Emilia, la Lombardia, il Piemonte e le altre provincie del Veneto cresceva di giorno in giorno, cifra da fare paura, interi paesi abbandonati.

A Contarina gli anziani dicevano che non c’era pericolo, che l’acqua avrebbe esaurito la sua spinta, incanalandosi nel Canalbianco, si prevedeva una altezza di circa 20 centimetri, tanto è vero che si chiamava Gigi Antico per alzare dei muretti di circa mezzo metro davanti alle porte d’ingresso.

 

 

 

La merce veniva posta sugli scaffali più alti. Le notizie si accavallavano, Adria era stata superata e la fiumana si espandeva sulle direttrici Loreo, Rosolina, Donada e Contarina.
Mio cognato fece partire mia moglie incinta con i due bambini di cinque e tre anni e mia sorella Leonina.
Trovarono accoglienza a Ferrara presso una famiglia composta da marito e moglie senza figli.

Io e mio cognato ci trasferimmo presso la famiglia del mio fidanzato che gestiva l’osteria trattoria da “Gigiuli” nella golena in prossimità del ponte che univa Contarina con Taglio di Po bombardato dagli americani.
L’acqua non poteva arrivare perché la strada arginale separava il paese dalle golene e dal fiume Po che scorreva nel suo letto con il suo fluire maestoso e pauroso.

Il negozio era chiuso, mio cognato faceva parte del “ Comitato cittadino” per l’organizzazione dei soccorsi, per l’avvio della gente che doveva sfollare, per mantenere i contatti con quelli che già avevano lasciato il paese.

 

 

 

IL comitato aveva sede presso il bar Patina, era presieduto dal sindaco Guido Pregnolato, dai rappresentanti dei partiti presenti in Consiglio Comunale e da volontari.
Alla sera chi aveva la casa allagata dormiva presso parenti, o nelle scuole, situate nella strada arginale di via G. Marconi. Io mi sistemai dal mio fidanzato, che era al sicuro,.
Si vivevano attimi di tensione continua, non sapevo niente delle mie sorelle a Ferrara, soltanto mio cognato di tanto in tanto mi portava i loro saluti.
I calcoli fatti dalla gente si rivelarono ben presto sbagliati. Alta a Cavanella PO e a Loreo premeva contro gli argini del Canalbianco al bacino della Pioppa, alle Fornaci.
Nella notte la massa d’acqua si riversò nella campagna, distrusse ogni resistenza con una forza inumana, e allagò Donada prima e Contarina poi, arrestandosi sulla sponda sinistra della strada alta, defluendo verso la campagna e le frazioni Mea, Ca Cappellino, Villareggia, Scanarello fino al mare.
Era tutto un bacino di acqua limacciosa sulla quale galleggiavano le carogne di tutte le specie di animali.

 

 

 

Alla mattina mi fu portata la notizia da mio cognato che la nostra casa era, in parte, crollata, le fondamenta all’incrocio di via Roma , C. Battisti e G. Marconi, avevano ceduto e tutto l’angolo si era piegato nell’acqua, trascinando con sé i mobili della cucina, parte del negozio, le stanze superiori.
In un attimo il mondo mi era crollato addosso. La casa dove sono nata, i ricordi cri, la mi infanzia, tutto mi passava davanti agli occhi velati di pianto.
Per fortuna avevo trovato conforto nella casa dei miei suoceri, che mostravano tanta attenzione e cura per me. Immaginavo cosa avrebbe pensato mia sorella nell’apprendere la notizia: tutto il nostro lavoro svanito nel nulla.
La mia mente non riusciva a concepire un evento così mostruoso, sembrava che fosse impossibile riprenderci a una situazione di tale portata e fragilità.
Ma passando i giorni, anche la mia vita cominciava lentamente a riprendere. L’acqua defluiva lentamente, le parti più alte del paese cominciavano a rimanere all’asciutto.
La piazza S. Pasquale, i monti di Taglio di Donada, qualcuno riprendeva le pulizie e si sistemava al piano superiore.
Mio cognato, le mie sorelle e i bambini trovarono una casa a Taglio di Po che era appena stata costruita, ma non completamente finita.

 

 

 

Mancavano ancora gli intonaci esterni e tutte le rifiniture, ma tanta era l’ansia loro e mia di ritrovarci vicini seppure ancora separati dal fiume Po che non esitarono a prenderla in affitto.
Fu allora che decidemmo di affrettare la data del matrimonio. Tutti d’accordio, io e Gino, i miei famigliari, i suoceri fissammo la data al 20 dicembre 1951.
Quel giorno ci ritrovammo i parenti più stretti nella Chiesetta di S. Pasquale.
Il parroco Mons. Zennaro celebrò la messa e ci unì in matrimonio.
Tutti e due avevamo pensato di fare un matrimonio in grande stile, ed invece fummo costretti a fare una cerimonia nella intimità Si vede che era il destino della nostra famiglia. Mia sorella si sposò cinque giorni dopo la morte di mia mamma, con riservatezza nella chiesetta dell’asilo delle suore guanelliane.
L’alluvione era davanti agli occhi e con le sofferenze della distruzione.

 

 

 

Ma nel cuore oltre alla tristezza c’era anche la gioia di fare una famiglia con l’uomo che avevo sempre amato fin da giovane. Gli eventi drammatici segnano il corso della vita delle persone. E’ come una bilancia a due piatti, su uno le sofferenze, nell’altro le gioie.
Anche ora, a ripensare, sento pesare di più il piatto del dolore, ma quando penso ai miei figli ed ai miei due nipotini, con l’aiuto del buon Dio, anche il piatto dell’amore e della consolazione riprende a salire.
Sono arrivata alla soglia dei 70 anni e la mia vita continua nel fare volontariato, aiutare la gente che ha bisogno, gli anziani più vecchi di me.
Finché il Signore mi dà la forza, la volontà e la fede.
Questa è la mia storia vissuta fino adesso.
Penso che il mio Gino che da lassù mi guarda, mi aiuti a vivere la vita con serenità e amore per i miei famigliari.

 

 

 

EXTRATIME by SS/ In cover un emblematico salvataggio dalla finestra del primo piano, con una donna anziana che sta scendendo dalla scala a pioli, aiutata da volontari e militari nella barca sottostante.
Quindi nella fotogallery, a conferma di quanto l’Alluvione del PO del 1951 è rimasta nell’anima anche della cultura e degli artisti italiani, segnalo due opere esposte da dicembre 2001 a marzo 2002 a Rovigo ( Museo dei Grandi Fiumi) nella Mostra “Il PO in controluce – arte padana, alluvione e dintorni”. Tanto più che una intera Sala era stata dedicata alla Alluvione del 1951 con esposte le opere di Corrado Cagli, Ugo Boccato, Edoardo Chendi, Angelo Prudenziato, Luigi Pagan, Mario Capuzzo, Toffolo Anzil, Armando Pizzinato, Nello Leonardi, Galileo Chini, Renato Marino Mazzacurati, Ilario Fioravanti e… Tono Zancanaro ( di cui proponiamo in apertura di fotogallery un quadro ‘ripreso dal vero’) , mentre di Gabriele Mucchi proponiamo la barca degli alluvionati nel suo quado intitolato “La Rotta del Po , 1951”.
Una alluvione che ha invaso con le sue acque il Polesine , come dimostra anche la ‘carta geografica’ che vi proponiamo perché pubblicata all’epoca sui Mass Media.
Per una tragedia che documentiamo nel nostro viaggio in basso polesine partendo dalla immagine del Canalbianco che straripa e tracima ad Adria in località Piantamelon ( si vede a sx la strada provinciale Adria – Loreo), indirizzandosi verso Cavanella PO (di cui vi proponiamo uno storico flash sullo Zuccherificio ad inizio secolo scorso.)
Una specie di archeologia industriale, visto che all’epoca erano tanti e importanti in Polesine i zuccherifici, come dimostra anche lo Zuccherificio di Bottrighe che proponiamo invaso dalle acque , nello scalo fluviale verso l’argine del Po, dirimpettaio a Corbola.

 

 

 

 

 

Tutte acque che hanno invaso anche Contarina, come dimostrato anche dalla fila di case con acqua alta nei dintorni e dalla foto del passaggio pedonale provvisorio in località Arzere sul Collettore Padano Polesano.
E con riferimento al Comitato di Emergenza di cui era presidente Giulio Pregnolato, vi proponiamo una visita di Brusasca ( ‘Commissario’ nazionale per l’Alluvione’ ) a Donada per verificare direttamente i danni e progettare i lavori di ricostruzione.
Quelli che poi sono continuati anche grazie ai ‘rientri ‘ degli sfollati, di cui vi proponiamo l’emblematico quadro dipinto da Carlo Rambaldi (Caramba) dal titolo “Ritorno in Polesine, 1952” e che mostra e dimostra l’inventiva del futuro padre di E.T. che peraltro aveva esposto anche un altri dipinto dal titolo più stringente “L’alluvione”.
Mentre dulcis in fundo e in controcanto al già proposto dipinto del Mucchi, vi propongo da ‘casa mia’ il mio personalissimo quadro dello stesso Gabriele Mucchi datato 1977 che mostra lo sforzo di un Pescatore in battaglia con le sue reti contro vento mentre incombono onde pericolose.

 

Sergio Sottovia
www.polesinesport.it