Ligabue Antonio Story, il “pittore di Gualtieri”/ Tra Pazzia & Umanità, nel racconto di chi l’ha conosciuto bene: Serafino Prati "partigiano, sindaco, scrittore"/ PRIMA PARTE


 Della Bassa Reggiana abbiamo già raccontato l’Alluvione del 1951. Di Gualtieri, Sermide, Guastalla e dintorni abbiamo ascoltato le ‘cronache del cuore’ di Serafino Prati e Orestino Raboni.
Tutto perché ho conosciuto Vigilio Raboni da Gualtieri e sua moglie Siria Pedrazzi da Guastalla. Tutta “Gente di Quelle Terre” , di cui mi ha parlato Raffaello Raboni, da Polesella, figlio di Vigilio ma ‘ancorato alle sue radici’. Quelle della Gente del Po, visto che quando anch’io lavoravo a Polesella ho conosciuto Vigilio Raboni e mi ‘parlava tanto’ delle sue origini, del suo lavoro al Magistrato del Po, e (adesso mi ricordo) di Antonio Ligabue.
Gente del PO, come anche Orestino Raboni, funzionario del Genio Civile oltre che scrittore di libri sulla bonifica , sulle opere idrauliche, del PO e dell’Alluvione del 1951 nella Bassa Reggiana.
Insomma, da quando poi ho conosciuto anche Raffaello figlio di Vigilio, allora le TESTIMONIANZE si sono allargate. All’ambiente e alle persone che hanno fatto la storia appunto tra Guastalla, Gualtieri e dintorni. Ma di queste “Testimonianze dirette” della Gente di Gualtieri sulla vita del pittore Antonio Ligabue tra ‘pazzia e miseria’, beh … appuntamento alla prossima puntata, cioè alla seconda parte di questa storia.
Intanto seguiamo il ‘filo di Arianna’ che nel labirinto di Gualtieri ci ha portato da Serafino Prati. Alle sue storie ‘personale’ tra i Partigiani e dentro la Resistenza nella Bassa Reggiana, di cui vi abbiamo già dato conto in questa rubrica.
Ma anche alla storia del pittore Ligabue raccontata proprio da Serafino Prati, che tra l’altro
è stato sindaco di Gualtieri.

Ecco allora che per ‘capire meglio’ sia la persona che la personalità di Antonio Ligabue , il pittore pazzo di Gualtieri la persona’ , e per ‘capire meglio’ ciò che ha il pittore ha voluto significare “attraverso la ferocia del suo mondo animale” , abbiamo voluto estrapolare “alcune pagine” dal libretto “Antonio Ligabue” scritto da Serafino Prati ( 37 pagine, edito dalle Premiate Tipografie Riunite – DONATI – Parma).
E precisamente la “Prefazione” iniziale scritta da Umberto Bonafini completata dalle due “dediche” finali di Serafino Prati ad Antonio Ligabue. Cioè la poesia “Antonio Ligabue” e “Ultimo saluto”
Che appunto vi proponiamo in sequenza kit, giusto per raccontarvi la Antonio Ligabue Story / Prima Parte , cui seguirà la Seconda Parte (coi dati essenziali della sua biografia), che altro non è che principalmente il ‘nucleo centrale’ del libretto “Antonio Ligabue” written by Salvatore Prati, una storia che per la sua ‘umanità’ caratterizza la ‘vita grama’ di un certo Laccabue Antonio, che – scrive il Prati – “nei primi anni della sua venuta a Gualtieri, non aveva fissa dimora”.
Ma da dove arrivava Antonio Laccabue, chi frequentava? Ve lo diremo nella prossima puntata , cioè nella ANTONIO LIGABUE STORY / SECONDA PARTE, segnalandovi in anticipo che lo stesso Serafino Prati scrisse così nelle prime pagine del suo libretto:<< Nessuno si preoccupava di sapere chi era Laccabue, come e con chi viveva>>.


DAL LIBRETTO “ANTONIO LIGABUE “ / Scritto da Serafino Prati “stampato” dalle Premiate Stamperie Riunite – Donati – Parma /

PREFAZIONE by Umberto Bonafini

<< Nessuno meglio di Serafino Prati può farci u ritratto umano di Antonio Ligabue. Questa affermazione trova la sua convalida nel fatto che Serafino Prati, oltre che ad aver vissuto l’intera vita nello stesso Paese che vide lo svolgersi angoscioso e travagliato dell’esistenza di Antonio Ligabue, ebbe la ventura di trovarsi accanto all’Artista quando, abbandonati i pennelli, fu spinto dal bisogno a procacciarsi il pane lavorando come bracciante nelle golene del Po.
In un certo senso le personalità di Serafino Prati e Antonio Ligabue si complementano a vicenda. Ambedue sono degli autodidatti, ambedue hanno conosciuto, seppur in maniera diversa, le traversie di una esistenza travagliata; ambedue sfogano nell’arte il fluido immenso di una natura umana piena di sensibilità, di spirito di osservazione, di comprensione profonda per lo svolgersi della vita umana nel suo divenire sociale e psicologico.
Mentre Ligabue si esprime con la violenza delle immagini, con la tempesta dei suoi colori, con l’allucinante visione di una speranza che stenta a mutarsi in realtà; Serafino Prati si esprime in modo candido, semplice, vero; attingendo alla pura fonte della poesia per fare dei sentimenti un fatto tangibile, da comprendersi umanamente.
Ed ecco che il Ligabue del Prati si soglia di quell’alone di leggenda al quale sembra averla consegnato la prosa dei cronachisti, per riapparire uomo in tutta la sua esasperante realtà, una realtà fatta di patimenti e sofferenze, di speranze e di delusioni, di allucinazioni e improvvisi raptus geniali.
L’Artista acquista dimensioni umane, quali ebbe nella realtà.
I pensieri di Ligabue acquistano valore di testimonianza di una personalità che, aldilà di una concezione conformista che allinea l’arte con la cultura specifica, ebbe un suo fondamento umano, una sua razionalità capace di concepire concetti e, ciò che conta soprattutto, seppe esprimerli nel modo più congeniale.
Benedetto Croce diceva:<<Rem tene verba sequentur>>.
Ligabue possedeva il concetto della <<res>> e lo esprimeva attraverso i <<verba>> della pittura, con piena razionalità di concetti, affidando ad essa il messaggio di un uomo disperato, respinto dalla società, una società che egli, aldilà della pazzia incombente, amava a dismisura. Ed è sotto questo profilo che la prosa semplice e sentita di serafino Prati acquista la sua piena validità, perché, per la prima volta, Antonio Ligabue ci appare sotto una veste completamente nuova, vera, priva di finzioni intellettuali e lontana da interessi immediati.>>
      
POESIA  “ANTONIO LIBABUE” di Serafino Prati

<< Quando dalla Svizzera qui venisti
nessuno pensò mai
che nel tuo cuor sentisti,
la poesia, espressa da vivaci colori
sulla ruvida tela.

Nessuno poteva capir allora come oggi, l’ansietà scolpita
Sul tuo magro viso,
nei tuoi occhi vivaci,
il fuoco
di un arte ancora sconosciuta.

Come aurora soffocata dalla nebbia
Eri;
faticosamente come i raggi
la via cercavi,
il cui limite stava la gloria
ch’era sì tanto preziosa.

E nel silenzio del tuo orgasmo,
pressato dalla viva smania di creare,
nel folto dei pensieri vedevi,
Antonio, la luce, della chiara ispirazione immaginata.

Ovunque errava sovente l’occhio tuo,
mai sazio di ciò che gli stava davanti,
e la man tua tremante e sporca
d colorata pasta,
si fermava sol quando,
il corpo agile della belva appariva.

Eri tu a ruggir per essa, fieramente,
a non temer mai l’ironia
del passante, che guardava,
eri solamente tu a vedere felice
nel fervor della fantasia,
la vergine foresta piena di misteri.

Eri là anche quando nel magro petto
La fame più di belva ruggiva, se pur entro la foresta umana stavi,
a immaginar l’antilope smarrita,
inseguiva nel cuor della savana selvaggia,
da tropical sole bruciata.

 

 

E ti consolavi pur quando sognavi
un’aurora tropicale
ancor assopita,
sopra un materasso di foglie scure,
sulle quali i serpenti
strisciavano sornioni,
in cerca di carne calda e viva.

E trasalivi rabbrividendo quando
Di notte,
la silenziosa ombra di un gatto
t’appariva davanti improvvisa,
come belva,
pronta a ghermirti per maciullarti le ossa.
Ma ti beavi invece tanto, alla fida
sincera compagnia,
del cane amico,
che ti scaldava le carni e lo spirito,
allorquando dormivi sotto le stelle
nell’umido letto di paglia.

E nessuno capiva i tormenti tuoi,
i vasti aneliti del tuo mondo animale;
nessuno conosceva le lunghe ore
nei boschi delle golene,
ove sulla corteccia delle piante, incidevi
le aspre lotte del regno della foresta.

Nessun capiva quando ti estasiavi
a guardar con avida invidia,
l’adunco e rapace becco del gufo reale,
del quale anelavi
al tuo naso dare,
la stessa forma aquilina e regale.

Eran loro gli amici tuoi più cari, parlavi
con loro nelle lunghe solitarie ore,
passate nella miseria nera,
scolpite dal freddo, nella pelle,
che il gelo invernale screpolava; ma pure
non estingueva la fiamma nell’animo.


E brancolavi nel buio di speranze lontane,
seppure tanta luce avevi in cuore;
e donavi
per un duro e nero pezzo di pane;
donavi la tua profonda lotta d’ogni giorno
a quelli che ridevano volgarmente di te.

E mai dubitasti di quel potente credo
alla cui arte dona libertà
e sulle curve spalle
la croce
trascinasti lentamente
verso l’alba che tanto t’abbagliava

Pur la tua mente di esso si nutriva
assai,
seppur l’orizzonte,
l’ora che passava
mai misurava,
nel freddo vivo della sua bianca solitudine.

Anche il buio triste sulla terra nuda
del tuo penar, oltre
la lunga, fitta notte indifferente
passò,
e germogliò fecondo il seme, ovunque
stavan le impronte tue, meravigliosamente vive.

E gli altri, i tuoi frutti saporiti,
raccolsero senza mai faticare,
poi, ti appesero nei profumati salotti
ove la gente accorse,
spalancando gli occhi,
a guardar del genio tuo, la luce fiorita.

E non fosti più lo svagato, errante,
visionario inutile,
non più il randagio, irrequieto cesellatore
dalla barba irsuta,
la camicia a brandelli,
del cui lavor alla società, donava sé stesso.

Ti cercaron gli altri i tuoi preziosi lavori,
alle pareti appesi,
a te donaron l’attimo che per tant’anni
sognasti,
ormai realtà acquisita
ma docile, alla bramosia del denaro.

Ma il vento devastator in agguato era,
pronto a spazzar via
la pianta rigogliosa,
sibilando tra i tuoi capelli grigi,
le ginocchia ti piegò
e la piovra del mal ti indurì gli arti deboli.

E solo, sotto ‘infuriar ella tempesta,
ancor come prima,
nella polvere bagnata tornasti,
a guardar il vuoto di quella effimera
gloria, che mai non fu,
non mai, tu, assolutamente tua.>>

ULTIMO SALUTO by Serafino Prati
<<Antonio Ligabue, al quale in questo momento triste porgiamo l’estremo saluto, non è più tra noi come eravamo abituati ad incontrarlo, spesso, tra le vie di questo nostro operoso paese della Bassa Reggiana.
Egli si è spento lentamente, silenziosamente, senza disturbare nessuno, andandosene lontano in punta di piedi, per non fare rumore.
E’ partito da questa nostra terra, che un giorno lo vide arrivare solo, dalla Svizzera e lo accolse amorevolmente offrendogli quella ospitalità che allora non poté avere nel suo paese natio.
E’ partito al fiorire di questa avanzata primavera, per andare verso le ombre della eternità silenziosa ed immensa, accompagnato dalle vivide luci, della sua tanto discussa arte pittorica. 
Riposerà qui, in questo lembo di terra da esso tanto amata. E coloro che sentiranno il bisogno di venirlo a trovare, in quel momento, come ora, avvertiranno il fremito sconfinato della sua tribolata esistenza. Il soffio delle sue ansiose speranze, che lo hanno accompagnato, giorno per giorno, tra i meandri dei suoi molteplici sogni di gloria, che sono diventati una realtà proprio nel momento in cui egli si fermò di continuare.
Sentiranno, come noi tutti abbiamo sentito, il vento della bontà dell’animo suo, mai invecchiato dal tempo che però lo distrusse rapidamente. Sentiranno la presenza di un mondo silenzioso ch’egli guardava tra gli spasimi della sua esuberante vena creativa, come si guarda una aurora che non tramonta mai.
Un mondo ch’egli seppe esaltare e largamente umanizzare, dipingendolo a caratteri vivaci, col fuoco della sua passione che scaturiva dal fondo del suo cuore altruista.
Sono certo che queste mie modeste parole che rivolgo alla sua spoglia mortale, non potranno sicuramente avere la forza d alzare un grandioso inno di riconoscenza alla memoria, perché per essa, parlano maggiormente i suoi meravigliosi quadri, le sue palpitanti sculture, che ora vengono guardate con ammirazione e valorizzate per quello che realmente ed artisticamente valgono. 
I suoi slanci creativi di una produzione spontanea e sublime, le sue materiali passioni radicate alla base del perfezionamento istintivo di quanto gli esprimeva il pensiero e di ciò che sentiva in ogni ora del giorno, la ricerca di una prospettiva di una scuola che non ebbe maestri all’infuori della natura, altruista e pura, queste sono le voci che non si spegneranno mai e nella immortalità lo condurranno ancora a vagare, come lo fu in vita, tra le umide ed accoglienti ubertose golene del nostro grande e bonario Po!
Antonio Ligabue, che io conobbi dal lontano giorno che venne a Gualtieri, dopo la prima grande e dolorosa guerra mondiale, che fu mio compagno di lavoro e, oso dire, di sofferenze, visse i suoi giovani anni tra alterne vicende che non avevano un volto, e non chiedevano mai al prossimo, impegnativi sacrifici di solidarietà.
Visse accontentandosi di vivere come poteva, con quel poco che è la caratteristica degli artisti, donando in compenso alla società, che di lui speso rideva, un patrimonio di geniale narrativa a colori, che ora ci sta davanti nella sua impetuosa maestosità,  e percorre le vie sublimi della massima investitura, nelle mostre e nei salotti, nelle gallerie ove il culto dell’arte arde ed illumina la libertà del pensiero, l’ideale della pace, il pane della democrazia, che mai s’estingue quando l’arte vince.
Il nostro piccolo e laborioso paese, caldo di iniziative di lavoro per la prosperità di una moderna società si inchina commosso e reverente davanti alla tua silenziosa immobilità, alla tua salma preziosa Toni.
Esso ti ricorda  attraverso gli ani duri che per te furono una profonda piaga dolorosa di stenti e di solitudine mai consolata dall’affettuoso balsamo di una famiglia, quando gli artigli del male ti martoriavano le carni affievolendo le energie che ti aiutavano a lavorare più intensamente di una volta.
Tutta la tua esistenza, salvo fugaci periodi, fu una martellante odissea di rinunce e di ribellioni, di scatti d’ira ed i offerte sincere di gratitudine espresse a chi ti aiutava e ti esortava a credere nella bontà delle tue creazioni.
I nobili tuoi sentimenti li trasferisti con indomito coraggio sui quadri ed elaborando pagina per pagina dipingesti un mondo selvaggio in lotta continua tra essi, per la preservazione di una tragica esistenza senza pace  senza misura quale è il mondo animale.
A quel regno che ti turbava sovente i sonni, quello egli animali feroci e mansueti, candidi e subdoli, che vivono nella giungla e nella savana, nella pampa e nei ghiacciai polari, dedicasti il meglio di te stesso, e con esso trovasti la possibilità di andare d’accordo, come non sempre vanno d’accordo coloro che alla pace dei mortali guardano con sospetto.
Noi che siamo qui per porgerti l’estremo saluto d‘addio, non potremo mai dimenticare il tuo viso magro, il tuo occhio spalancato ed ingenuo, che abbracciava l’intero panorama delle tue aspirazioni. 
Vedremo sempre nel ricordo, la tua immagine, la tua fronte solcata da profonde rughe che coprivano una mente generatrice di rigogliosi frutti d’amore e di civiltà.
Guarderemo ogni tanto, i tuoi massicci castelli feudali, i tuoi cavalli normanni scalpitanti d irrequieti, le romantiche diligenze avvolte dalle prime ombre del rosso tramonto, la tigre in procinto di sbranare la mansueta antilope, l’astuta volpe ed il placido coniglio d il tuo fedele cane, che ti consolava quando eri triste e ti scaldava le membra gelate dal freddo invernale, il tuo austero autoritratto che par ci parli ancora e ci dica, tutto quello che non hai detto, che non hai chiuso nel cuore, che ti fece soffrire per dipingere la verità, per far sentire a noi i tuoi sogni, il tuo amore alla giustizia scolpita nelle tue opere vive, insostituibili, intramontabili.
Ti possa accompagnare per le vie della pace eterna l’estremo saluto dei tuoi concittadini, l’omaggio della rigogliosa famiglia dei pittori italiani, il pianto dei tuoi animali, il canto armonioso e vivace di altri grandi artisti che ora assieme a te dormiranno stretti nell’abbraccio della fiorita tua tranquillità illuminata dall’aurora che è diventata ormai giorno, senza tramonto.>>

EXTRATIME by SS/ La cover è per il libretto Antonio Ligabue” written by Serafino Prati, che riproduce il famoso autoritratto del pittore.
Invece nella fotogallery proponiamo come unica immagine extra la cover del libro di Serafino Prati. Dal titolo “La Bassa in Lotta” e sottotitolo “Il movimento operaio nella pianura reggiana – 1880 – 1921 “. Tra l’altro date ‘certificative’ di alcuni eventi speciali della vita sociale e istituzionale italiana.

Invece per ritornare a Ligabue pittore proponiamo infine un suo quadro sugli ‘animali feroci’.


Sergio Sottovia
www.polesinesport