Maci Battaglini “Muhammad Ali del rugby”, bersagliere rossoblu per sempre. Ecco il ‘giudizio' di Raffaello Franco


29/10/2010

Così dopo la Maci Story by Pastonesi, ecco la Maci Story written by Raffaello Franco, che in premessa segnala:"E’ frutto di una ricerca storica nella quale ho utilizzato diverse fonti: pubblicazioni ed alcune testimonianze dirette di persone a me vicine che hanno avuto la fortuna di conoscere il grande campione".

Il monumento rossoblu, il Moahammed Alì del rugby, il gigante buono, per sempre un Bersagliere.
<<Spesso lo sport vive nel ricordo dei suoi miti. Ogni disciplina può annoverare nella sua storia un campione del passato, più o meno remoto, che si identifichi in quello sport: Diego Armando Maradona per il calcio, Mohammed Alì per il pugilato, Carl Lewis per l’atletica leggera, Michael Jordan per il basket, Wayne Gretzky per l’hockey su ghiaccio o “Babe” Ruth per il baseball.
Nel rugby invece questo è valido solo in parte. A livello mondiale ci sono stati molti grandi campioni che potrebbero incarnare l’icona di questo sport e forse, il migliore in assoluto non c’è ancora stato. Certo è che ogni nazione ha il suo eroe: penso a David Campese per l’Australia, al Jonah Lomu dei tempi migliori per la Nuova Zelanda, ad Hugo Porta per l’Argentina, ad Andy Irvine per la Scozia, Jonny Wilkinson per l’Inghilterra o a Naas Botha per il Sudafrica. Potrei proseguire a lungo nell’elenco, ben consapevole però di far torto a qualche grande del passato perché il rugby è uno sport diverso dagli altri, le varie epoche non sono paragonabili tra di loro ed a parità di periodi i ruoli sono talmente diversi che non è possibile metterli a confronto. Per rendere giustizia bisognerebbe eleggere allora il miglior pilone, il miglior tre quarti ala, il miglior estremo, il miglior mediano d’apertura e via di questo passo.

Questo discorso è valido in tutto il mondo, ma non in Italia! Proprio così, per il “belpaese” rugbistico questa regola non vale, perché il rugby italiano la sua icona ce l’ha eccome; chiara, indiscutibile e condivisa da tutti: Mario “Maci” Battaglini.
Quando si dice rugby non si può fare a meno di pensare a Battaglini l’uomo che a Rovigo, in Francia ed in Italia, grazie alle sue doti straordinarie, ha saputo costruirsi un mito che rimarrà inossidabile nella storia della palla ovale.
“Maci” nasce a Rovigo il 20 ottobre 1919: è un bambino grande e grosso tanto che la leggenda narra che la madre appena lo vide esclamò:«El par un Macistin». Da quel giorno tutti dimenticarono Mario e lo chiamarono Maci, abbreviativo di Macistin che stava appunto per Maciste. E Mario, una volta cresciuto diventò un vero e proprio Maciste, raggiungendo la ragguardevole altezza, per quei tempi, di un metro e 85 centimetri per un peso salito progressivamente fino ai 135 chilogrammi!
Nato e cresciuto nel quartiere di San Bortolo, quartiere che grazie a lui diverrà in seguito la culla del rugby rodigino, si dedica al calcio, il suo primo amore. La prima volta che prese tra le mani un pallone ovale risale al novembre del 1936. Il rugby era arrivato a Rovigo poco più di un anno prima grazie a Dino Lanzoni che l’aveva giocato a Padova con quelli del GUF (Gioventù Universitaria Fascista, n.d.r.). Lanzoni, studente in medicina, radunò all’Ippodromo Comunale gli amici, tirò fuori un pallone, spiegò le regole principali e così nacque la Rugby Rovigo. Tra quei pionieri c’era anche Checco Battaglini, fratello maggiore di Maci. Il nuovo gioco prese subito piede in città, anche perché il Maggiore della Milizia aveva il pallino del rugby forse perché al rugby, grazie alla sua virilità, era riconosciuto il ruolo di sport ufficiale della gioventù fascista.
Maci Battaglini iniziò nel ruolo di seconda linea nella neonata squadra della GIL (Gioventù Italiana del Littorio, n.d.r.) di Rovigo partecipando al campionato nazionale GIL 1936-37, una sorta di campionato giovanile dell’epoca. Si mise subito in evidenza, grazie anche alle sue doti non comuni di calciatore. Si vedeva che proveniva dal calcio perché colpiva il pallone con il collo del piede e non di punta come si usava allora.
Maci Battaglini prima che un grande rugbista era soprattutto un grande atleta polivalente. Un talento naturale diremmo oggi, in quanto “Madre Natura” gli aveva donato doti fuori del comune. Così, ben presto, Maci diventò l’emblema del giovane sportivo fascista. Nel 1937-38, senza nessuna tecnica di base ma sfruttando solo la sua forza ed il suo istinto, scagliò il peso a 12 metri (il record italiano dell’epoca non superava i 14,50 metri, n.d.r.) e con il giavellotto raggiunse un personale di 45 metri semplicemente osservando i giavellottisti più esperti.
Contemporaneamente giocava anche a calcio e praticava il pugilato, ma giocava anche a basket e avrebbe praticato con buoni risultati anche qualsiasi altro sport solo se si fosse praticato a Rovigo. La passione sfrenata per lo sport lo portò a volte a disputare dei veri e propri “triatlon”: partita di calcio al mattino, match di rugby nel pomeriggio ed alla sera dopo cena, come digestivo, un incontro di boxe.
Seppe distinguersi anche nella “Noble Art” il nostro Maci, tanto che il maestro Nando Strozzi della premiata Pugilistica Rodigina, avrebbe fatto carte false pur di averlo, a tempo pieno, tra i suoi pugili. Strozzi, ferrarese arrivato a Rovigo mandato dal Partito Fascista per insegnare lo sport, dopo la guerra diventò titolare, assieme al socio Bulgarelli, del mitico Bar Luce, il preferito di Maci Battaglini, il locale che diventerà luogo d’incontro degli sportivi rodigini. Rugbisti, boxeur e calciatori, al Bar Luce, erano di casa e tra un caffè ed un cicchetto, un’ “ombra” ed un panino, una pasta ed un cappuccino (il doping di quegl’anni) gli atleti rodigini passavano ora a discutere di sport, preparare gli incontri studiando tattiche e strategie, ricordare esaltanti vittorie o consolare deludenti sconfitte. Si diceva appunto che il maestro Strozzi avrebbe dato qualsiasi cosa pur di convincere Maci a dedicarsi alla boxe e ne aveva tutte le ragioni. Riuscì ad impostargli la guardia, e tanto bastò! A tutto il resto aveva già pensato la natura e così Maci, ben presto, fu pronto a disputare qualche incontro nei GUF vincendoli tutti agevolmente. Il match più importante Battaglini lo sostenne al cineteatro estivo “Garibaldi” di Rovigo, quando affrontò il peso massimo ferrarese Uber Bacilieri. Davanti ad un pubblico entusiasta che gremiva all’inverosimile il cineteatro dov’era stato allestito il ring, Maci con la sua boxe spontanea vinse ai punti con il più tecnico Bacilieri.

Quella vittoria di portata straordinaria (Uber Bacilieri fu pugile di grande spessore ed a fine carriera collezionerà un palmares fatto di 210 incontri da dilettante e 56 da professionista, una partecipazione alle Olimpiadi di Londra nel 1948 ed una cintura di Campione Italiano dei pesi massimi nel 1952, n.d.r.) non convinse Maci ad abbandonare il pallone ovale per i guantoni e così, nel campionato della GIL 1938-39, il Rovigo battendo il Milano nella finale di Forlì vinta per 14 a 0, con Maci Battaglini protagonista grazie a due drop ed una trasformazione, conquistò lo scudetto della Gioventù Italiana del Littorio.
Nel 1939 il campionato GIL non si disputò e si giocarono solo amichevoli, ma Maci Battaglini era già stato notato e venne invitato a Milano agli allenamenti dell’Amatori Milano, la squadra più titolata d’Italia. A nemmeno vent’anni era già considerato l’astro nascente del nostro rugby e venne ingaggiato dall’Amatori disputando così il suo primo campionato di serie A da assoluto protagonista: scudetto e miglior marcatore del torneo!
Nella stagione 1940-41 tornò nella sua Rovigo, perché la Rugby Rovigo si iscrisse per la prima volta al campionato. Serie A organizzata in due gironi con i rodigini inseriti in quello A con Amatori Milano, GUF Torino, Rugby Torino, Rugby Padova (nel quale giocava suo fratello Checco), Battisti Genova e GUF Venezia. Non fu un debutto fortunato per la Rugby Rovigo, che fu costretta a ritirarsi dopo la prima giornata del girone di ritorno per diversi problemi legati a squalifiche, ristrettezze economiche e decisioni prese da CONI e GIL che avevano siglato un accordo che escludeva il rugby dalle attività giovanili. Poi scoppiò la guerra e di rugby, a Rovigo, si riparlò solo nel 1945.
Anche Maci Battaglini partì per la guerra: Genio Guastatori, fronte russo, nell’”inferno” del Don. Fortunatamente riuscì a tornare vivo dal “tritacarne” della sacca del Don, uno dei fronti più sanguinosi del secondo conflitto mondiale da dove moltissimi italiani non tornarono mai. Maci fortunatamente tornò. Gli concessero una medaglia di bronzo al valore per aver salvato un commilitone mentre era di pattuglia in Russia e ricominciò a giocare a rugby. Anche durante la guerra non abbandonò del tutto l’attività sportiva e prima di partire per il fronte russo seppe farsi notare tanto da essere convocato, nel ruolo di centromediano, nella Nazionale di calcio Militare che si preparava ad affrontare l’omologa formazione schierata dall’alleato tedesco.
Finita la guerra, il 3 Settembre 1945, Maci Battaglini e la Rugby Rovigo tornarono in campo per disputare un incontro contro la squadra del 255° Reggimento Britannico di stanza a Padova. Vinsero i “Bersaglieri” con il risultato di 38 a 3. Negli stessi giorni, come allenamento, si organizzò anche un derby calcistico tra Rugby Rovigo e Calcio Rovigo. Anche qui si imposero i rugbisti per 4 a 3 con Maci a ricoprire il ruolo di terzino.
Fu proprio in quegli anni che nacque il mito dei “Bersaglieri”, un po’ perché molti avevano prestato servizio nel glorioso corpo dei fanti piumati, un po’ grazie alle maglie rimediate in qualche maniera a Bologna (il rosso ed il blu sono i colori dei Bersaglieri, n.d.r.) ed un po’ per merito della straordinaria capacità del Rovigo di vivere, come si suol dire, “alla bersagliera” che letteralmente sta a significare il saper arrangiarsi al meglio per trovare i mezzi necessari per sostenersi e far quadrare i bilanci in un periodo così difficile per tutti.
Battaglini dedicò anima e corpo per riorganizzare la squadra. Organizzò allenamenti ed amichevoli e finalmente nel 1946 il campionato riprese con Maci, come sempre, protagonista grazie alla marcatura di 45 dei 178 punti realizzati dai rossoblu.
Per Mario Battaglini si avvicinava però il momento di fare un ulteriore salto di qualità. Nella stagione 1947-48 emigrò infatti in Francia. Poco prima aveva giocato a Bologna con la maglia di una selezione italiana contro il Lione e gli osservatori francesi rimasero letteralmente incantati da quel talento ormai ventottenne.  Così Maci partì per la Francia per disputare il campionato transalpino con il Vienne. L’anno successivo fu ceduto al Tolone, squadra contro la quale nelle semifinali del suo primo campionato transalpino mise a segno alcuni memorabili calci piazzati cosa che convinse i dirigenti del Tolone ad acquistare il suo cartellino.

In Francia Maci Battaglini diventò definitivamente il mito che è ancora ai giorni nostri. L’allenatore del Vienne, Etchebarry, riuscì finalmente a sgrezzare il suo gioco fatto tutto d’istinto e potenza, lo provò un po’ in tutti i ruoli fino a trovargli la posizione perfetta: terza linea con licenza per i calci piazzati. Una bestemmia tattica se vogliamo, ma l’allenatore basco mai in vita sua aveva visto un connubio così ben riuscito tra precisione e potenza.
Dopo tre stagioni francesi, la nostalgia per il suo Polesine si fece insopportabile tanto che preferì fare ritorno nella sua Rovigo rinunciando a lavoro, casa, fama e gloria; in soli tre campionati, per i francesi, passerà alla storia come “le grand Batà”!
Maci tornò a Rovigo che era un mito! A 31 anni è nella piena maturità ed è diventato un giocatore di rugby completo. Inizierà così a gettare le basi per quello che sarà il primo Rovigo tricolore.

A Rovigo ci si arrangiava come si poteva: per allenarsi con i placcaggi erano stati sottratti dalle palestre vecchi sacchi da pugilato e la prima macchina da mischia era fatta con tubi nudi senza imbottiture. La forza di quel Rovigo era proprio il pacchetto degli avanti che pesava la bellezza di 800 chili saliti negli anni fino a 880!
Il campionato 1950-51 fu dominato dai “Bersaglieri” che vinsero così il loro primo scudetto della storia. Era un Rovigo fortissimo che schierava giocatori che scriveranno i loro nomi nella leggenda del rugby italiano e che nemmeno l’alluvione del Po seppe fermare: Romano Bettarello, Santopadre, Borsetto, Favaretto, Stivano, Malosti, “Topa” Milani, Gastone Cecchetto, Guandalini, Turcato, Ferrari, Gabbanella, Spagna, Campice, Sartori, Costantini, Vicariotto, Lunardo, Ponzetti, Milto Baratella, Brazzo oltre ovviamente a Maci Battaglini, questi i loro nomi.
Quella squadra segnò un’epoca che portò alla conquista di altri tre scudetti, bisognerà poi attendere il 1962 per rivedere i rossoblu cucirsi il tricolore sul petto. Maci non parteciperà alla conquista dello scudetto vinto nel 1954 dai “Bersaglieri”; ad inizio stagione andò a Treviso per fare l’allenatore-giocatore arrivando allo spareggio proprio contro il “suo” Rovigo. Parliamo del famoso spareggio giocato allo Stadio “Appiani” di Padova deciso dal calcio piazzato di Milto Baratella. Poco prima, proprio Maci Battaglini sprecò la punizione che avrebbe permesso ai trevigiani di chiudere un incontro giocato sotto un caldo infernale, protrattosi oltre i tempi supplementari e che il regolamento dell’epoca stabiliva si giocasse ad oltranza fino a quando una delle due contendenti non ne fosse uscita vincitrice. Non fu il periodo migliore per Battaglini. Poco dopo venne squalificato a vita per professionismo (come sono cambiati i tempi!) La federazione scoprì che per allenare e giocare con il Treviso percepiva un mensile di lire 60 mila! Dopo una lunga querelle rimbalzata fra Treviso, Rovigo, Coni e Federazione la questione rientrò e così fece ritorno a Rovigo per disputare la sua ultima stagione da giocatore. Saranno ancora 13 incontri da protagonista, poi verrà ancora sospeso per aver preso a ceffoni l’arbitro Castano. A 37 anni decise di chiudere qui la sua carriera rugbistica.
Iniziò così quella da allenatore andando prima alle Fiamme Oro vincendo scudetti in serie. Successivamente allenerà anche il Petrarca Padova e poi il Bologna. Tornerà a Rovigo negli anni più difficili e se i “Bersaglieri” ressero quel periodo nero, bisogna ammettere che molto del merito fu suo.
Un giorno del dicembre 1970, per evitare una donna Battaglini cadde, complice l’asfalto ghiacciato, dalla sua bicicletta ed andò a sbattere la testa. Subito sembrò una cosa da nulla, invece, mentre finiva l’anno entrò in coma. Alle ore 6.45 del 1° Gennaio 1971 morì all’Ospedale di Padova: aveva da poco compiuto 51 anni. Tutta la Rovigo rugbistica, e non solo, restò senza parole! Mario Battaglini, il campione che aveva infiammato ed entusiasmato le folle d’Italia e di Francia, il soldato tornato da eroe senza un graffio dal fronte russo, l’atleta che aveva partecipato a tante battaglie su un campo da rugby ed anche su qualche ring senza mai dimostrare un briciolo di paura non c’era più: il Maciste polesano se n’era andato per sempre, sconfitto da una stupida caduta dalla bicicletta!
Mario “Maci” Battaglini ancora oggi è considerato uno dei fenomeni dello sport ed ha lasciato un’eredità straordinaria di ricordi, una traccia sportiva che può tranquillamente reggere il confronto con i monumenti dello sport nazionale. Ha vissuto per il rugby ed a ragione si può considerare il primo “professionista” italiano di questo sport. Già a Milano, nel suo primo campionato di serie A con l’Amatori, percepì delle cifre modeste che gli permisero di vivere dignitosamente. Un vero peccato che non abbia potuto prendere la cittadinanza francese quando “emigrò” in Francia per giocare, perché avrebbe sicuramente conquistato anche la maglia della nazionale transalpina. In Francia, Mario Battaglini, affinò la tecnica ed i suoi calci piazzati, potenti e precisi, diventarono memorabili: 50, 60, 65 metri non erano un ostacolo per il suo piede! Sorprende che uno come lui sia stato in nazionale solo cinque volte.
Aveva una personalità magnetica ed un carattere ruvido e non visse mai fra i mezzi termini. Il regolamento, ammetteva lui stesso, lo conosceva poco perché non l’aveva mai studiato. L’aveva imparato con l’esperienza diretta ed in Francia aveva capito che il rugby era sempre lo stesso: cambiavano gli uomini non il gioco ed era dal gioco che derivava il regolamento. Tutto questo però gli procurò molti problemi con gli arbitri che definiva molto spesso incapaci. Fu squalificato a vita per ben due volte ma poi venne sempre graziato perché ci si accorse che non si poteva squalificare il rugby, perché Maci era il rugby!
Durante la cerimonia funebre, Don Mario Bisaglia disse di Maci Battaglini citando Sansone:«”Dal forte esce il dolce. Tu sei stato questo Maci, un forte e un dolce. Tutti ti ricorderanno così. Purtroppo la tua ultima meta hai voluto segnarla troppo presto…».
Don Mario aveva ragione: il nostro rugby avrebbe avuto ancora tanto bisogno di te caro Maci. Grazie per l’eredità che ci hai lasciato. Grazie per aver preso in mano quel pallone da rugby in un freddo Novembre di 74 anni fa! >>.
EXTRATIME by SS/ Solo un flash amarcord. Frequentavo Giurisprudenza a Ferrara e ne approfittai per salutare Uber Bacilieri, il vigile di cui parla Raffaello e che era stato Campione Italiano post Cavicchi europeo. Il resto è fotogallery dedicata a Maci Battaglini. La prima sdraiato coi suoi compagni della Rugby Rovigvo anni ’30. La seconda, datata 1951, è per Maci Battaglini  ‘campione d’Italia’  (primo a dx in piedi) nello scudettato Rugby Rovigo. Due foto speciali anche per la ‘fonte’: il SIGNOR Gino Franco, prozio di Raffaello e  archivista a La Gazzetta dello Sport, all’epoca di Maurizio Mosca, Carlo Gobbi e … un personaggio ‘rosa’ che stasera viene premiato col Leone d’Argento by Panathlon Adria. Ma questa è un’altra storia, la storia del “SIGNOR G”, il primo è ovviamente il Signor Gino, il secondo Signor G è …come fosse il suo germano polesano.  



Raffaello Franco
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