Nino Rossi (3^ Parte)/ Il suo "Atlantic Rally for Cruisers” da Las Palmas a S.ta Lucia. Con Toffoli sul “Moromu”


16/03/2012

Dopo il Nino Rossi by Rugby e il Nino Rossi by Golf, adesso perfezioniamo il trio kit col Nino Rossi “cruiser” sul Moromu con Daniele Toffoli nella transoceanica atlantica dalle Canarie ai Caraibi. Sempre secondo il ‘vangelo’ di Raffaello Franco che ci racconta tutto come segue. Ringraziando sia Nino Rossi che Daniele Toffoli per la ‘partecipazione straordinaria’ sia alla citata avventura che nella produzione di materiale fotografico a corredo della storia tra “acqua e aria” come fu per Cristoforo Colombo “leaving from Palos to… America”

NINO ROSSI, L’ACQUA E L’ARIA  (by Raffaello Franco) / COL MOROMU & CON DANIELE TOFFOLI SUL MOROMU DA LAS PALMAS A SANTA LUCIA
La natura! Un’ altro elemento che caratterizza da sempre la vita sportiva di Nino Rossi, una natura a volte selvaggia che lo portò a seguire la rotta di Cristoforo Colombo.

Tra il 1502 ed il 1503 il grande navigatore genovese compì il suo quarto ed ultimo viaggio per le Americhe. Partì il 9 Maggio 1502 da Cadice, questa volta con quattro caravelle, costeggiò le Isole Canarie e seguendo la rotta degli Alisei, diresse la sua flotta a Sud Ovest passando al largo dell’arcipelago di Capo Verde. Li giunto diresse la prua ad Ovest e dopo più di un mese approdò in una delle tante isole che compongono lo stupendo arcipelago delle Antille: l’Isola di Santa Lucia.  Quel viaggio non fu particolarmente fortunato per il grande navigatore ligure che vide naufragare le sue caravelle al largo della Giamaica. Tornato in Spagna, colpito dalle invidie di corte, cadde in disgrazia e si ammalò morendo povero e dimenticato solo tre anni dopo la sua ultima avventura.

Facciamo un salto in avanti nella storia di circa 500 anni ed arriviamo al 1986, anno nel quale, Jimmy Cornell, giornalista e navigatore, da quell’ultima esperienza di Cristoforo Colombo trasse ed ideò l’ARC, l’Atlantic Rally for Cruisers con l’intento di avvicinare i velisti non professionisti all’affascinante ed impegnativa esperienza di una traversata atlantica. L’idea di Cornell ebbe un buon successo tanto da raccogliere, di edizione in edizione, l’iscrizione di sempre più equipaggi desiderosi di affrontare un’avventura unica nel suo genere.

Il 26 novembre 2006 per la 21ª edizione dell’ARC da Las Palmas, nelle Isole Canarie, presero il via quasi 300 imbarcazioni da crociera provenienti da 27 diversi Paesi determinate a battagliare ed a sfidare se stesse e l’Oceano Atlantico per tutte le 2700 miglia necessarie per raggiungere l’isola caraibica di Santa Lucia. Tra queste, c’erano anche quattro imbarcazioni italiane: “Capricorno”, “Fantasticaaa”, “Wood Peker III” e “Moromu”. A tagliare il traguardo di Rodney Bay per primo in soli 11 giorni, 5 ore, 32 minuti e 30 secondi (migliorando di oltre 7 ore il record della regata) fu  il maxi “Capricorno” che precedette di circa 1 ora (un inezia per una competizione velica di 2700 miglia!) l’altro scafo tricolore “Fantasticaaa”.

Ottima anche la prestazione di “Wood Peker III” che in 13 giorni 14 ore e 37 minuti chiuse al 15° posto assoluto aggiudicandosi così la vittoria nella classe Crociera A. Buona anche la prestazione del 18,5 metri Classe Atlantic 61 “Moromu”, un’imbarcazione che non ha niente a che vedere con le “formula 1” del mare, ma che fu comunque capace di concludere la regata al 145° posto assoluto in 18 giorni, 13 ore, 48 minuti e 37 secondi. Una buona prova, considerando che l’ultimo equipaggio a tagliare il traguardo di Santa Lucia arrivò con quasi 10 giorni di distacco dal “Moromu”! Questo per la cronaca sportiva.

C’era qualcosa di davvero speciale in quella 21ª edizione dell’ARC; qualcosa che val la pena di raccontare agli amici di Polesine Sport.it perché, la bella impresa del “Moromu”, arrivò grazie anche al contributo di tre uomini delle nostre terre, gente capace di affrontare la fatica e le difficoltà incontrate in tanti giorni di mare e cielo, onde e vento, difficoltà che solo una competizione velica di questo genere può presentare.
Daniele Toffoli, lo skipper Marco Marini e il protagonista della nostra storia Nino Rossi. Due polesani ed un ferrarese, tra i componenti l’equipaggio del “Moromu”. Gente di mare ma soprattutto gente di sport, uomini che hanno dedicato moltissimo della loro esistenza all’attività sportiva e che dello sport hanno fatto una ragione di vita.

Come non ricordare allora il campionato del mondo per vetture turismo 1ª divisione conquistato da Toffoli o gli innumerevoli prestigiosi piazzamenti conquistati nei motori ma anche in tanti altri sport, le imprese del “bersagliere” Nino Rossi, o le regate nelle classi Optimist,  Europa, 420 e 470 di Marco Marini che con l’acqua ha sempre avuto un feeling particolare, non solo a vela ma anche su imbarcazioni a motore tanto da vincere una coppa del mondo di motonautica, due campionati italiani ed altrettante Pavia – Venezia.

Imprese sportive straordinarie alle quali però forse manca quella componente avventurosa di 18 giorni fatti di mare e cielo, onde e vento……solitudine ed immensità.
Rossi e Toffoli si conoscono da una vita. Iniziarono a frequentarsi fin dai tempi della scuola quando studenti dell’ITIS con Arturo Bergamasco, il futuro papà dei fratelli dell’Italrugby Mauro e Mirko, formavano un trio inseparabile. Ma oltre al rugby in seguito, Rossi e Toffoli, condivisero altre due grandi passioni: la vela, sulle derive ed i catamarani e soprattutto il deltaplano, sia a motore che da volo libero. Un periodo molto intenso e vissuto spesso pericolosamente. Erano gli anni dei primi deltaplani e il volo era caratterizzato più dal coraggio dei praticanti che dalla sicurezza dei mezzi a disposizione. I due amici ne combinarono davvero di tutti i colori con gli ultraleggeri tanto che fu quasi un caso se le cose  andarono tutto sommato sempre bene anche se gli incidenti non mancarono di certo.

La pazza idea di partecipare all’Atlantic Rally for Cruisers 2006 nacque grazie ad un amico comune maresciallo della Guardia di Finanza appassionato di vela che li mise in contatto con lo skipper ferrarese Marco Marini proprietario del “Moromu” che in quel periodo stava lavorando al progetto ARC. L’idea di fare una regata transoceanica entusiasmò subito Toffoli che ovviamente cercò di coinvolgere in questa ennesima avventura l’amico Rossi.
Così senza nessuna preparazione particolare anche perché una regata oceanica richiede soprattutto una preparazione più mentale che fisica, si gettarono in questa nuova entusiasmante avventura. In una regata transatlantica non si vivono le situazioni dei Match Race di Coppa America nei quali è necessario manovrare continuamente.

In una competizione velica come l’ARC l’andatura è praticamente sempre tutta di poppa, le imbarcazioni seguono la spinta degli Alisei e agli equipaggi non vengono richiesti sforzi fisici particolari. Di sicuro però è necessario comunque avere l’abitudine a fare cose un po’ oltre i limiti per poter superare una prova impegnativa come questa. Per Nino Rossi il rugby fu ottimo maestro e l’aiutò ad affrontare l’avventura transoceanica senza eccessive difficoltà. Con la maglia della Sanson Rugby Rovigo aveva superato in passato la soglia della fatica fisica e mentale in diverse occasioni. Ecco: anche in mezzo al mare fu chiamato a superare un limite soprattutto psicologico. La base di partenza è la testa perché il disagio fisico viene superato dopo due o tre giorni dalla partenza. Il fisico, generalmente, si adatta sempre a tutto, anche alle condizioni più estreme. La testa invece no. Per riuscirci bisogna lavorarci a fondo!

L’equipaggio del “Moromu” era composto da sei elementi. A bordo ci si organizzava in turni. Generalmente si andava in coperta a coppie. Si svolgevamo turni di lavoro di 3 ore alternate a 6 di “pseudo” riposo. Il solo fatto di dormire e mangiare in orari continuamente diversi richiede uno spirito d’adattamento psicologico fuori dal comune, senza contare poi che l’ora di riferimento per tutti i partecipanti alla regata, anche per motivi di sicurezza, è quella di Greenwich. Può quindi capitare che, per il gioco dei fusi orari, nella realtà fosse quasi l’ora di pranzo canonica, mentre gli orologi segnano poco dopo l’alba. Tutte situazioni stranissime che rendono ancor più affascinante un’esperienza come questa. Un’esperienza per cuori forti dove l’imprevisto è sempre in agguato dietro l’angolo. La dotazione radio della “Moromu” infatti ebbe qualche problema. Un bel problema anche perché l’equipaggio non era dotato di telefoni satellitari.

La radio VHF di bordo poi era praticamente inservibile in quanto, questo strumento, funziona solo nel caso che nel raggio di 5 o 6 miglia ci sia almeno un’altra antenna a fare da ponte ed in una regata come l’ARC, a parte le primissime ore dopo la partenza, nonostante le quasi 300 imbarcazioni scattate contemporaneamente da Gran Canaria,  Nino Rossi & C. per 18 giorni non videro, ne sentirono mai nessuno. In considerazione poi del fatto che le disgrazie non arrivano mai sole, un altro problema tecnico l’ebbe la radio SSB in dotazione, uno strumento in grado di sfruttare le onde cortissime che viaggiano nella ionosfera e che dovrebbe, almeno teoricamente, funzionare ad ogni latitudine e longitudine.

Invece, senza un motivo apparente, l’SSB della “Moromu” riceveva e spediva solamente delle e-mail. Quella era l’unica maniera che i membri dell’equipaggio avevano a disposizione per contattare l’organizzazione,  per segnalare il punto nave, che veniva calcolato con l’aiuto dei due GPS di bordo (fortunatamente, almeno quelli, efficienti) e della bussola. Ma non è tutto, perché anche il radar si mise a fare le bizze, uno strumento indispensabile soprattutto nella navigazione notturna, indispensabile in una situazione nella quale era stato lanciato dall’organizzazione l’allarme sulla presenza di balene. Una notte, proprio durante un turno nel quale era impegnato il nostro Nino Rossi, davanti la prua del “Moromu” si intravvide un’enorme macchia nera. Non sapendo cosa fosse veramente, se un cetaceo o magari un’onda più grande delle altre,  il “marinaio” Rossi preferì lavorare di timone per evitare quella grossa macchia scura.

Attimi di vera paura perché colpire uno di quegli animali significava colare a picco, come purtroppo accadde ad uno degli equipaggi partecipanti a quell’edizione dell’ARC. Se non è sport-avventura questo? Comunque, fortunatamente, andò tutto per il meglio. In una competizione velica come questa bisogna essere pronti un po’ a tutto. La vita di bordo è molto impegnativa. Bisogna sempre effettuare molti controlli: dal punto nave, alle previsioni del tempo, al controllo delle strutture, soprattutto dei punti critici che in questo tipo di imbarcazioni corrispondono soprattutto con l’albero, le vele ed il timone. Se si dovesse rompere anche una sola di queste componenti, l’avventura sarebbe finita e non resterebbe che attendere i soccorsi.

Questa impresa colpì molto il protagonista della nostra storia soprattutto per la sensazione di impotenza nei confronti della natura. Sentirsi come un pezzo di carta rendendosi conto di non essere nulla a confronto della maestosità dell’oceano. Intorno solo acqua e sotto la chiglia almeno 6000 metri di profondità. Sopra passavano perturbazioni velocissime e spesso ci si trovava ad affrontare onde alte come un palazzo, onde capaci di sbattere in qua e in la le 27 tonnellate del “Moromu” come un fuscello. L’unica speranza? Che quelle onde gigantesche passassero sempre sotto l’imbarcazione senza incresparsi!

Dopo 18 giorni vissuti in queste condizioni estreme Nino Rossi era ovviamente molto felice di aver vissuto questa esperienza ed allo stesso tempo, una volta sbarcato, sentì già mancare qualche cosa dentro e… qualcosa sotto i piedi: la terra. Dopo tanti giorni di mare infatti si barcolla come gli ubriachi. Servirono diversi giorni a Nino Rossi prima di tornare “stabile” sulle gambe e riuscire a recuperare le tante ammaccature prese sul “Moromu”. Nemmeno in tutta la  carriera di rugbista aveva preso tante botte come in quei 18 giorni di ARC. Ma tutte le botte prese vennero presto dimenticate, assorbite dalle impareggiabili emozioni vissute nel corso della regata, dai ricordi delle albe e dei tramonti mozzafiato. La notte poi non si vede stacco all’orizzonte tra il mare e le stelle! Come vedere un foglio bianco che si tuffa nell’oceano all’orizzonte e poi la luce! Di notte si vede come in una stanza dalla luce soffusa, un vero incanto! Da restare rapiti. Uno spettacolo unico dov’era possibile osservare le costellazioni presenti nell’arco celeste. Soprattutto Orione che era considerato dall’equipaggio della “Moromu” come una sorta di Sant’Antonio, sempre li davanti alla prua  pronto a regalare conforto e sicurezza.

Un giorno Nino Rossi, parlando della regata, ebbe modo di affermare: «Un’esperienza come quella che abbiamo vissuto Daniele (Toffoli) ed io nell’Oceano Atlantico, è un’esperienza che bisognerebbe fosse provata da tanti, soprattutto dai più cattivi: si renderebbero subito conto di quanto piccoli sono».
Una frase che mi ha fatto molto riflettere e che ha messo ancora una volta in evidenza quale sia il vero volto di Nino Rossi, un uomo che ha votato la sua vita allo sport, imparando tutto quello che c’è da imparare in fatto di fair play e vero spirito “olimpico”. Un atleta a 360 gradi che ha saputo dominare, con rispetto e nel rispetto delle regole, la terra, il celo e il mare!

EXTRATIME by SS/ La cover è per Nino Rossi ‘cruiser’ alla guida del Moromu. Per la fotogallery il ‘varo’ è.. dal porto di Las Palmas con la città sullo sfondo. Poi le immagini mostrano Nino Rossi & Daniel Toffoli & Company ‘operating’ sul Moromu e nell’oceano Atlantico, tra cielo e mare e …pesce. Fino al ritorno, col brindisi da parte di tutto il gruppo e come da last photo in ‘trio cruisers airport’ con Daniele Toffoli a sx e Nino Rossi a dx.
Ovviamente un ritorno dalla storia ma ben sapendo che sicuramente li ritroveremo, Rossi & Toffioli, ancora ‘cruisers’ per altre avventure  e altri ‘nuovi mondi’.
Quasi a parafrasare Sergio Zavoli, per un infinito “viaggio intorno all’uomo’, ma di sicura esemplare valenza storica.



Raffaello Franco & Sergio Sottovia
www.polesinesport.it