No War, but Freedom, Foods and Football / “Storie in Tenda” by UNHCR. Storie di “FRATELLI IN FUGA DALLE GUERRE”, dal Congo, dal Mali, Somalia, Eritrea, Siria e Colombia. Storie di “Campi profughi” in Uganda, Kenia/ Dadaab, Eritrea.


Ho letto la storia di ALI’ ADDEH “La donna che giocava a calcio per le strade di Mogadiscio” . La donna in fuga per un gioco e perché …a Mogadiscio le donne non possono fare sport. L’ho letto mentre ‘aspettavo’ seduto su un divano…
L’ho letta su “Rifugiati News” il notiziario riservato ai donatori italiani dell’UNHCR “The UN Refugee Agency”
Così ripensando al CHI SIAMO di questo sito, alla casa delle favelas, alla… “Casa molto carina senza soffitto , senza cucina etc  etc“ del ‘per me grande’ Sergio Endrigo, ma anche ai discorsi fatto con un ‘Signore’ polesano/milanese che di tanto in tanto scrive ‘pensieri & testimonianze” sul ‘Sussidiario’ , eccovi un poker kit di “Testimonianze” che si rifanno a …Sant’Agostino e ai bisogni ‘veri’ dell’Uomo/Fratello.
Quasi un viaggio a ritroso, dal Football (di Alì Addeh e di Figo & Benfica) al … Foods e al Freedom (di Valerio Lo Martire & Rubens Noviello), di cui ha tanto bisogno sia l’Uomo Povero che scappa dalle Guerre e sia il …Pover Uomo che spesso siamo noi.
Tutto SENZA NESSUNA FOTO A CORREDO, ma invitandovi a visitare il sopracitato sito www.unhcr.it , testi e foto davvero significativi di una solidarietà sempre più necessaria, secondo le proprie caratteristiche e possibilità.
Per la serie by Sergio Endrigo: “L’Africa è lontana vista dalla luna passa un’eternità, strada che porti al mare … (ndr, come quello di Rubens Noviello…) lasciami qua…Perché non dormi fratello, la notte è chiara…>>.

PRIMA NEWS/ OLTRE I NUMERI (a cura di Valerio Lo Martire e Jacopo Maiuri) /
ALI’ ADDEH “La donna che giocava a calcio per le strade di Mogadiscio”
Alì Addeh - Gibuti/ In fuga per un gioco ( perché a Mogadiscio le donne non possono fare sport…)

Maymun amava giocare a calcio per le strade di Mogadiscio ed era così brava che riuscì anche a vincere dei premi in una gara locale.
Ma i miliziani Al Shabaab videro la sua passione come una sfida.
“Lì le donne non possono fare sport” – ci racconta Maymun – “dovevo smettere di giocare a calcio e indossare abiti dimessi”.
Maymun li ha sempre indossati quegli abiti ma non quando giocava a calcio perché correndo la ostacolavano. Prima fu minacciata di morte poi i miliziani cercarono di convincere il marito a farla smettere. Il marito di Maymun  non ci vedeva niente di male nella passione della moglie. Fu assassinato.
“Ero incinta e rimasi a Mogadiscio fino alla nasciat delal mia bambina. Appena nacque mi diedi alla fuga. Per 30$ ho venduto i premi che avevo vinto con il pallone. E’ stato come vendere un pezzo della mia anima”.
Maymun prese sua figlia e fuggì in Gibuti affrontando un lungo viaggio fatto di innumerevoli passaggi in camion, paura e richieste di aiuto. Quasi tutti i compagni incontrati lungo il viaggio, arrivati in Gibuti scelsero di continuare verso lo Yemen.
Maymun rifiutò la traversata “sono madre di una bambina e non voglio morire in mare”.
Ora nel campo profughi di Alì Addeh, assistita dall’UNHCR, Maymun frequenta la scuola la mattina e gioca a calcio con i ragazzi nel pomeriggio. Sogna di essere legalmente reinserita in un altro paese e non vuole perdere quello che la rende felice:” Non voglio e non ho bisogno di soldi. Voglio solo continuare a giocare a calcio e sentirmi felice”.


SECONDA NEWS/ ( by.www.unhcr.it, 19 luglio 2012) / Benfica e UNHCR segnano un goal per i rifugiati

<<LISBONA, 19 Luglio (UNHCR) - La scorsa sera a Lisbona il Benfica, squadra leader nel calcio portoghese, ha battuto per 5 a 1 una selezione di stelle del calcio capitanata da Luis Figo. Lo scopo della partita era quello di raccogliere fondi per i rifugiati del Mali e per quelli ospitati in Kenya come risultato di una nuova collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
 
A dare il calcio d’inizio alla partita disputata allo Stadio della Luce è stata la leggenda del calcio Eusebio, settanta anni, che ha giocato nel Benfica per la maggior parte della sua carriera. Per i restanti novanta minuti la partita, che ha avuto come spettatori illustri l’Alto Commissario dell’UNHCR Antonio Guterres e altre personalità, è stata un’incredibile lezione di calcio per scorrevolezza, capacità e intrattenimento.
 
La partita ha visto uno contro l’altro le attuali stelle del calcio della squadra di Lisbona e una selezione capitanata da Luis Figo, il calciatore più convocato del Portogallo, nominato giocatore dell’anno a livello mondiale nel 2001. La sua squadra includeva famosi nomi del mondo del calcio come Rui Costa, centrocampista e attuale direttore sportivo del Benfica, l’italiano Fabio Cannavaro, il giamaicano Dwight Yorke, i campioni brasiliani Ronaldo e Roberto Carlos, gli olandesi Ronald De Boer e Edgar Davis e molti altri. La selezione era allenata da Sven Goran Eriksson, ex coach dell’Inghilterra.
 
La partita, intitolata "Un atto contro la fame", ha attratto oltre 33.000 persone spettatori. I proventi serviranno a finanziare un programma alimentare e di nutrizione per i rifugiati del Mali e del campo di Kakuma in Kenya, che ospita soprattutto rifugiati Sudanesi.
 
Questa amichevole è stato il primo di una serie di eventi che mirano a raccogliere fondi per le operazioni dell’UNHCR, in nome dell’accordo di partenariato recentemente stipulato con la Benfica Foundation. Tutti i giocatori hanno indossato maglie con il logo dell’UNHCR, anche se si è trattata solo di un’eccezione per la partita.
 
 Luis Felipe Vieira, presidente della Fondazione Benfica ha detto che il Benfica è una squadra umanitaria che considera le proprie reponsabilità sociali molto seriamente. "La Fondazione Benfica continuerà a intraprendere azioni per aiutare le persone in difficoltà. Unitevi a noi per favore", ha affermato.

Guterres, ex primo ministro del Portogallo, era contento per l’enorme partecipazione e sostegno alla causa dei rifugiati che ha riscontrato nella sua città natale. "E’ degno di nota che 33.000 persone, in un momento così difficile [dal punto di vista economico], abbiano comprato un biglietto per essere qui".
 
Ha inoltre ringraziato Luis Figo e la sua fondazione per aver partecipato e ha rivolto un ringraziamento speciale al Benfica per il suo sostegno. "Sono profondamente grato per tutto questo e mi sento molto orgoglioso", ha dichiarato. I nuovi partner lanceranno prossimamente una campagna congiunta contro la xenofobia, l’intolleranza e il razzismo.>>

TERZA NEWS/ VITA NEL CAMPO ( di Valerio Lo Martire, by “Rifugiati News , giugno 2012 ) / TENDA : COSA C’E’ IN UN CAMPO? COME VIVE UN RIFUGIATO?

(La permanenza media di un rifugiato in un campo è di cinque anni. Quando l’emergenza diventa vita quotidiana un campo diventa una nuova forma di insediamento stabile).

<<25 mq. Un pavimento di plastica a pareti di tela spessa. Un tetto di stecche. Molti la chiamano tenda. Centinaia di migliaia la chiamano casa.

Quando si è obbligati a fuggire dal proprio paese, quando non si ha alcuna scelta se non lasciarsi tutto alle spalle per salvarsi la vita, sperare ancora diventa quasi impensabile. 
La mancanza di protezione, l’impossibilità di trovarsi in un posto sicuro diventa un pensiero fisso e immaginare un futuro si trasforma in utopia. Può sembrare poco, ma poter avere una protezione dal sole, dal vento, dalla sabbia del deserto e dagli occhi degli altri è un miraggio per migliaia di persone.
L’UNHCR sa che fornire una tenda, un riparo sicuro dove dormire, abbracciarsi al proprio compagno, allattare il proprio figlio, è il primo passo verso la guarigione dal trauma della fuga.
Il primo passaggio necessario affinché si possa ricominciare a guardare al futuro.
In una tenda si riallacciano rapporti familiari, si possono raccogliere i pezzi della propria vita e iniziare a ricostruire.
Anche se quello che separa dal resto è solo un telo impermeabile, lo spazio all’interno diventa un’abitazione, un posto da chiamare casa e pensare proprio.
Migliaia di bambini sono nati in una tenda con sopra il logo dell’UNHCR e molti di loro sono diventati grandi, ancora dentro quella tenda.
L’UNHCR lavora affinché ogni rifugiato possa lasciarsi alle spalle quei 25 mq di spazio e tornare in una casa che non si pieghi al vento.
Fino a quel momento però ogni rifugiato sa di avere comunque un luogo da poter chiamare suo.>> 

QUARTA NEWS/ by.www.unhcr.it , 11 aprile 2012 ) /AL VIA UN AMPLIAMENTO DEL PROGRAMMA DI VISITE FAMILIARI PER I RIFUGIATI SAHRAWI

(Questa NEWS l’ho inserita perché parla del SAHARAWI di cui …ci ha parlato su questo sito www.polesinesport.it più volte Rubens Noviello ( da Ponte San Nicolò e amico del crespinese /padovano Boris Padovan) , il maratoneta che ‘corre verso il mare’, che è stato in Saharawi e che ‘ne ha scritto un libro proprio sul Campo Profughi …)
 

GINEVRA, 11 aprile 2012 - L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha inaugurato oggi il primo volo che segna l’ampliamento del programma di visite incrociate per le famiglie Sahrawi separate da molto tempo e residenti rispettivamente nei campi profughi algerini di Tindouf e nel Territorio del Sahara occidentale, amministrato dal Marocco.
 
 
 
Un velivolo Boeing 737 ha trasportato 150 familiari in visita dal Territorio del Sahara occidentale ai campi in Algeria per poi fare ritorno con a bordo 137 rifugiati Sahrawi provenienti dai campi profughi di Tindouf.
 
 
 
Le visite durano cinque giorni. Sino ad ora, l’Agenzia ONU per i rifugiati aveva utilizzato un velivolo Antonov con una capienza di 30 passeggeri. Con il nuovo aeroplano, si prevede che fino a 6mila persone potranno beneficiare del programma di visite di qui al 2013.
 
“L’aumento nel numero di persone che riusciamo a trasportare è importante”, ha sottolineato l’Alto Commisario ONU per i Rifugiati, António Guterres. “Un numero molto maggiore di mariti, mogli, genitori e bambini, separati da decenni, potranno passare qualche giorno prezioso assieme. Queste visite contribuiscono in maniera rilevante a ridurre il dolore indotto dalla separazione delle famiglie Sahrawi”.
 
 
 
Le visite familiari rientrano nel quadro di un programma di misure volte ad incrementare la fiducia reciproca (‘Confidence-Building Measures programme’) che vede coinvolti, dal 2004, i governi del Marocco, dell’Algeria e della Mauritania, il Fronte Polisario e l’UNHCR. Nel gennaio scorso, nel corso di una riunione a Ginevra, le parti hanno raggiunto un accordo che mira ad aumentare il numero di visite familiari.
 
Il programma prevede anche l’organizzazione di seminari culturali. L’UNHCR incontra regolarmente i rappresentanti del Marocco, del Fronte Polisario, dell’Algeria e della Mauritania e tutte le parti contribuiscono a questo programma umanitario e dal carattere apolitico. Ad oggi, oltre 12.800 persone hanno visitato i propri parenti nei campi algerini di Tindouf e nel Territorio del Sahara occidentale. Altri 42mila Sahrawi sono in lista d’attesa per poter visitare le proprie famiglie. Il Ministero degli Esteri Italiano dal 2007 contribuisce a finanziare questi viaggi.
 
 I primi rifugiati sahrawi arrivarono in Algeria nel 1976, dopo il ritiro della Spagna dal Sahara occidentale ed i conseguenti combattimenti per il controllo di questo territorio conteso. Anche se oggi la maggior parte dei rifugiati sahrawi vive nelle regioni desertiche di Tindouf, molti scelsero allora di rimanere nel Sahara occidentale e, da più di 35 anni, sono separati dalle proprie famiglie.>>

EXTRATIME by SS/ Se avessi messo la foto cover , avrei messo ‘come simbolica e reale al tempo stesso’ , la foto “Freedom in Football” di Maymun, madre rifugiata, mentre “mette in mostra le sue abilità calcistiche in un campo profughi in Gibuti”.
Perché, l’ho già detto, per una visione ‘completa e significativa’ della problematica sui Rifugiati, vi preso di visitare il sito Unhcr.
Ma una cosa vi chiedo: prima di farlo … chiudete gli occhi ‘immaginando’ foto di cui all’oggetto ‘per contro vostro’; poi magari ‘riapriremo gli occhi e vedremo meglio le sofferenze dei nostri Fratelli.
Magari li vedremo con …gli occhi del cuore, come ha fatto ‘quel signore che aspettavo per bere un caffè assieme' e dove guarda caso ho trovato il sopracitato “Notiziario riservato ai donatori italiani dell’UNHCR.

Per tutto questo, come unica foto, e per lo spirito Olimpico dello Sport che vogliamo rappresentare, la premiazione del trio podio Maratona alle recenti Olimpiadi di Londra, anche perché è la testimonianza 'evangelica' dello Sport come riscatto sociale e dove gli 'ultimi' (vedi certificazione by video) possono essere i primi anche su ...questa terra.

 



Sergio Sottovia
www.polesinesport.it