Polesine & La Grande Alluvione/ Testimonianza by Polesella:"Tutti al lavoro, bisogna alzare gli argini". Dal libro “Cronaca di una Alluvione” di Pietro Campanati


Diamo un turno di riposo alle testimonianze raccolte dagli studenti crespinesi per affidarci al libro “Cronaca di una Alluvione” scritto da Pietro Campanati da Polesella. Perché è un libro ‘diretto’, frutto di un vissuto autentico, da parte dell’autore e che merita di essere ‘letto tutto’.
Per parte nostre Vi proporremo in sequenza due ‘testimonianze’ di quanto è successo a Polesella e quanto è successo a Frassinelle. Innanzitutto perché la ‘cronaca’ di Campanati
racconta ‘fatti’ e tragedie umane che hanno cambiato la vita e la storia della Gente del Polesine, tra fatalità e fortuna/sfortuna.
Perciò eccovi la ‘presentazione ‘ dell’autore e a seguire le sue ‘testimonianze’ di ciò che ha visto e vissuto da vicino, sull’argine del Po tra Polesella e dintorni,.
Per una cronaca vera compresa la storia del così detto ‘camion della morte’  con tante persone a Frassinelle inghiottite dalle acque dell’Alluvione, ma che vi racconteremo nella prossima puntata.

LIBRO STORY/ “CRONACA DI UNA ALLUVIONE” di Terzo Campanati (Macchione Editore, novembre 2001)/ BIOGRAFIA DELL'AUTORE

TERZO CAMPANATI , nato a Polesella il 2 novembre 1920, si è poi trasferito a Comerio (Varese), dove vive.
Ha sempre coltivato la passione per lo scrivere, attività alla quale dedica metodicamente buona parte della giornata.
“Due all’inferno senza peccato” ( edito da Nicolini e terzo assoluto al settimo Premio di Poesia e narrativa Le Stelle 1996) è il primo libro da lui pubblicato.
Anche “Gioie perdute” ( edito da Mazzucchelli) ha ottenuto un lusinghiero riconoscimento in occasione della nona edizione del Premio Atheste ’98.
Recente è il conseguimento del Premio alla Cultura “Alba del 3° Millennio” conferitogli dal Centro Culturale La Conca in occasione del Giubileo 2000.

PRIMA TESTIMONIANZA / POLESELLA:”TUTTI AL LAVORO, BISOGNA ALZARE GLI ARGINI DEL PO CHE RISCHIA DI TRACIMARE ( pag  45/48 del Libro di Campanati)
“ Bisogna chiamare subito il signor Parmiani!”. Dissi allarmato.
Il signor Parmiani era il responsabile locale del Genio civile.
Non avevo ancora terminato la frase, che questo arrivò trafelato. Giungeva dalla periferia del paese in bicicletta e con voce alterata dall’emozione e dalla fatica ci disse:” Venite al magazzino idraulico che vi do dei sacchi vuoti e poi correte a S.S. Maura a riempirli di terra per formare una barriera all’acqua che sta per tracimare”.
Giunsero altri uomini. Chi caricò sul manubrio della bicicletta alcuni pacchi di sacchi, chi si mise sulla spalla un fascio di vanghe. A me furono consegnati svariati gomitoli di spago.
“Andate in fretta per l’amor di Dio, poi vi manderò altro materiale”, disse il signor Parmiani.
Giunti sul posto c’era altra gente che guardava impotente l’evolversi della pericolosa situazione. Un gruppo di suore che dirigevano l’asilo infantile e l’ospizio degli anziani, edifici che distavano qualche centinaio di metri dalla zona minacciata, si erano appartate e pregavano.

Ci fu un solo grido:”Tutti al lavoro!”
Il tratto che urgeva rialzare era lungo poco più di 150 metri. Alcuni di noi si misero a riempire i sacchi di terra oltre l’argine, verso la campagna. I più robusti se li caricavano di traverso sulla schiena e li portavano sopra, nei punti più bassi. Non c’era nessun capo che dirigeva i lavori, ognuno sapeva cosa doveva fare.
Io feci coppia con una suora, che benché avesse un aspetto gracile, volle  a tutti i costi riempire i sacchi. Le sue mani delicate tenevano ben salda la vanga lavorando con una lena che mi stupì non poco. Ogni tanto le chiedevo il cambio, ma lei con testardaggine lo rifiutava. Cedette solo quando sul palmo delle mani arrossate, si formarono delle grosse vesciche piene di liquido.
Le chiesi cosa faceva prima di farsi suora:
“I miei genitori erano contadini, se è questo che vuol sapere. Io sono andata da giovane in un istituto inglese dove ho studiato le lingue. Dovevo essere mandata in una missione in Uganda, ma una grave malattia cambiò questo itinerario ed eccomi qui a Polesella a curare i bambini e a riempire i sacchi di terra, perché il Po non faccia un disastro”.
La sua risposta spiritosa mi conquistò e provai per quella suora immediata simpatia.
A mezzogiorno eravamo sfiniti ma felici di aver contenuto quella massa d’acqua dentro l’argine.
Arrivò mia moglie con alcuni panini e una bottiglia d’acqua, ch divisi con la suora. Mi meravigliò il modo spontaneo con cui prese il recipiente e lo portò alla bocca, bevendo con gusto. Proprio come fanno i contadini quando arsi dalla sete tornano alla fattoria dopo una dura giornata di lavoro sotto il sole cocete. Mentre osservavo i suoi gesti pensai che è proprio vero che siamo tutti simili e che a dividerci sono solo gli ostacoli che noi stessi ci costruiamo per sentirci superiori ai nostri simili.
Mi distolse dalle mie divagazioni la voce di mia moglie che mi dava una brutta notizia: con il riflusso della piena, metà della porta d’entrata della nostra casa si era sfilata dai cardini e la corrente del fiume se l’era portata via.
“Al diavolo anche la porta!”, dissi con rabbia.
Mi voltai e chiesi scusa alla religiosa, lei mi elargì un sorriso ch era tutto un perdono senza penitenza.
Ero così assorto nel lavoro che non mi accorsi che sul posto era affluita mezza popolazione di Polesella e l’argine si era alzato di circa 80 centimetri. Se questo non fosse stato fatto, certamente la rotta del Po sarebbe avvenuta fra Polesella e S. Maria Maddalena o Paviole di Canaro.
Con questo, un terzo del Polesine certamente non sarebbe stato allagato.
Visto che ormai non c’era più bisogno di me, salutai la mia compagna di lavoro e inforcata la bicicletta mi diressi verso il centro del paese. Avevo le braccia e le gambe che sembravano bastonate, tanto era stato tremendo lo sforzo.
“Chissà in che condizioni sarà la suora”, pensai.
“Forse domani non sarà in grado di camminare e dovrà medicare le mani”.

L’infiltrazione sulla strada, vicino al sostegno della fossa, si era fatta pericolosa. Con l’aumento della pressione dell’acqua, dovuto alla crescita continua del fiume, aveva formato sull’asfalto una piccola fontana. Quell’insidiosa apertura poteva allagarsi e squarciare la strada da un momento all’altro. Il signor Parmiani, aveva fatto arrivare un camion pieno di sacchi di terra. Senza esitare mi misi ad aiutare alcuni volontari e in poco meno di un’ora il fontanazzo fu circoscritto per un’altezza di un metro e cinquanta centimetri. L’acqua arrivata al livello del fiume si fermò e divenne innocua. Era quasi bello vedere quel catino per tre quarti pieno, senza che desse più fastidio. Sembrava un Nuraghe messo lì di proposito come monumento a ricordo, in tutto simile a quelle preistoriche costruzioni della Sardegna.

Era quasi sera ed avevo la febbre per lo sforzo sostenuto durante la giornata, ma volli andare a vedere la mia casa. Ormai l’acqua stava per raggiungere il piano superiore. Mentre ero lì, con le lacrime agli occhi guardando le mie fatiche di rinascita infrante, l’altra metà della porta d’entrata venne a galla con prepotenza per poi adagiarsi sull’acqua ed andarsene via trascinata verso luoghi lontani. Tornai a casa dai miei suoceri vuoto dentro e stanco da morire. Ero oppresso dall’idea dell’imminente catastrofe….>>

SECONDA TESTIMONIANZA / POLESELLA: UN GRIDO “IL PO STA CALANDO”. … ALLORA HA ROTTO GLI ARGINI DA QUALCHE PARTE…( pag  50/51 del Libro di Campanati)

“C’è posto anche per me in questa casa?”, chiese a mio padre.
Lui andò dal signor Pavani e tornò dicendo:” Sistematevi come potete”.
Misero i loro pochi stracci in un angolo e Dino uscì con me. Il fiume era a pochi passi, salii con lui il basso argine e mi spaventai nel costatare che mancavano solo venti centimetri perché l’acqua tracimasse.
“Mio Dio”, dissi a mio fratello, “ cosa facciamo?”.
“Io dico di traslocare subito nelle scuole”, mi rispose.
“ Ma più avanti la situazione sarà uguale se non peggiore”, osservai.
Con questa atroce incertezza scendemmo sulla strada proprio nel momento in cui passava l’impiegato del genio Civile. Dopo averlo salutato gli chiesi di quanti centimetri all’ora aumentava il fiume e quanta acqua doveva ancora scendere a valle.
“ Non è che aumenti molto”, mi rispose, “Ma quel che è grave ormai è che l’acqua sta tracimando da tutte le parti e secondo le ultime notizie, si alzerà ancora di 80 centimetri”.
“ ma allora non c’è più niente da fare!”. Esclamai colto dal panico. “ Finiremo per annegare tutti”.
“Purtroppo”, mi rispose freddamente e se ne andò.
Erano circa le dieci o le dieci e un quarto, stavamo andando dal fratello maggiore per consultarci sul da farsi, quando sentii un vociare  insistente venire da sopra l’argine e un gran scompiglio di gente che sembrava impazzita. Mi arrampicai sopra l’altura come un gatto e chiesi cosa stesse succedendo.
“Il Po sta calando! Sta calando!” mi gridò uno.
“ Come sta calando” mi chiesi, “allora ha rotto gli argini da qualche parte!”.
Mi chinai a guardare e al tenuo chiarore dell’oscurità, vidi che l’acqua era scesa di almeno 30 centimetri lasciando un segno biancastro sull’erba.
Di corsa andai alla casa dove erano ospiti i miei genitori per dare la notizia, ch in quel momento mi sembrava bella. Nessuno voleva credermi. Il maggiore dei fratelli andò a vedere e confermò ciò che avevo detto.

EXTRATIME/ La cover è per Pietro Campanati ‘ benemerito’ per ciò che ha fatto in quei giorni della “ Grande Alluvione del 1951” oltre che per aver scritto il libro story “ Cronaca di una Alluvione” , alla quale dedichiamo perciò l’apertura della fotogallery. A completamento proponiamo poi una immagine di Polesella in cui si vedono le prime infiltrazioni d’acqua e il camion targato RO 12504 che è un ‘tuttuno’ con la disgrazia della gente, pronta però ad operare con ogni attrezzo utile. Compreso i lavori di sbarramento da farsi alla Fossa di Polesella (vedi foto ultima).



Testi by libro “ Cronaca di una Alluvione” di Pietro Campanati
Sergio Sottovia/ Memoria & Futuro
www.polesinesport.it