Polesine “Mesopotamia” tra Po e Adige (Prima parte by Rubis Zemella)/ Le storiche “Rotte del Po” (Ficarolo 1152) e dell’Adige (Legnago 1882) e il “Dominio delle acque”


Vale a dire: Taglio di Porto Viro 1604-1623, Sostegno di Bosaro/Canalbianco 1794, Collettore Padano, inizio 1900). E poi...
Se la rotta dell’Adige alla Cucca nel 589 ha definito il confine a nord del Polesine, quella del Po a Ficarolo nel 1152 ne ha definito il confine sud. Scrive così Rubis Zemella nel suo libro “ La mia Polesella perduta” (stampato a maggio 1992 dalla Tipolitografia Queriniana-Brescia). Un Libro particolarmente interessante per la sua capacità di collocare il ‘particulare’ (Polesella e la sua storia) nel contesto della ‘generale’ (Eventi che hanno cambiato la storia nazionale/internazionale).
Per questo, prima di raccontarvi (in due puntate) ciò che attiene al titolo e agli EVENTI che hanno cambiato la fisionomia del territorio polesano tra Adige e Po, voglio snocciolarvi il SOMMARIO del Libro di Rubis Zemella che non a caso come sottotitolo ha questa pensiero-progetto:” …alla ricerca del passato per far luce al presente…”

SOMMARIO DEL LIBRO “LA MIA POLESELLA PERDUTA” written by RUBIS ZEMELLA
Presentazione e Prefazione

RICORDI E DOCUMENTAZIONI
Nostalgia di un vagabondo
Polesella attraverso l’analisi di alcuni documenti e reperti archeologici
Una serie di immagini ( fotografie, disegni, cartoline d’epoca) di Polesella e dei suoi dintorni: acque e terre.
I sette moli a Polesella con una pianta dell’abitato e delle opere idrauliche di difesa nel sec. XVIII
Il primo ponte in chiatte sul Po tra Ro e Polesella
Il ponte di Brusco
La vecchia locanda sul Molo della Chiavica Ferrarese
I mulini galleggianti
Paleoalvei nella Policella
Alcune documentazioni storiche circa le acque attorno a Polesella
Sull’origine della nostra Parrocchia

PAGINE DI STORIA
Ai primordi
Il Polesine tra gli Estensi e Venezia
La guerra del Sale (1482-1484)
La lega di Cambrai (1508)
Bonifica Bentivoglio (primi anni del ‘600)
La Guerra di Castro nel Polesine (1641-1644)
La fine del dominio di Venezia: Austriaci e Francesi
Il Polesine durante l’occupazione francese (1796-1813)
Il Polesine dopo il Congresso di Vienna (1814-1815)
Moti Carbonari in Polesine
Moti sociali popolari in Polesine
Il Polesine  e le Guerre d’Indipendenza
Scuderia Imperiale a Polesella
Navigazione sul Po
Il Polesine dopo il 1866
Il Polesine negli ultimi anni dell’Ottocento
Il Ciclone su Polesella nel 1892
Il Polesine agli inizi del ‘900
Il Polesine dalla prima Guerra Mondiale all’avvento del fascismo al potere
Il Polesine sotto il Regime, negli anni della Seconda Guerra Mondiale e successivi sino alla rotta del 1951

FIGLI DEL POLESINE
Noi poveri figli del Po
Sulle orme dei nobili Veneziani a Polesella nelle loro Ville
Un illustre polesano del passato
Artisti a Polesella
Vita tra Po e Adige
Ringraziamenti / bibliografia / Origine delle cartoline e delle foto.

ASSOLTO QUESTO COMPITO DI AMBIENTALIZZAZIONE STORICA BY LIBRO
Riprendiamo il filo del discorso inerente al tema “DOMINIO DELLE ACQUE IN POLESINE ; MINUSCOLA “MESOPOTAMIA” completando il pensiero base prima di proporvi in sequenza LE ROTTE DELL’ADIGE e LE ROTTE DEL PO.
Tutto propedeutico alla PARTE SECONDA , dove nella prossima puntata su “L’ALLUVIONE DEL NOVEMBRE 1951” Rubis Zemella completerà il suo viaggio sulle ‘vicissitudini del Polesine-Mesopotamia tra Adige e Po.

CHIARISCE INFATTI RUBIS ZEMELLA (IN QUESTA PRIMA PUNTATA):<< Non si può spiegare completamente la specifica funzione nel tempo di Fossa Polesella , se non la si riallaccia alla storia dei  due maggiori corsi d’acqua, Adige  e Po, che delimitano e stringono il Polesine e che, con il Tartaro-Canalbianco, ne hanno segnato la storia…
… Pertanto, nell’esporre le varie migrazioni dell’alveo di questi fiumi, si cercherà di indicare di volta in volta i vari interventi a cui la Fossa Polesella è stata sottoposta e tutti gli avvenimenti di carattere umano in essa avvenuti.
ROTTE DELL’ADIGE
Per quanto concerne l’Adige il Bocchi elenca ben 149 rotte tra il 589 e il 1882 ( di cui 95 sulla sponda destra interessante il Polesine); qui si parlerà solo delle più importanti dal punto di vista delle mutazioni idrografiche. 

 
La prima conosciuta, che produsse una trasformazione idrografica d’eccezionale importanza nella vasta zona adiacente alla sinistra del Po, fu quella avvenuta al villaggio della Cucca (ora Veronella) nell’ottobre del 589 e così descritta da Paolo Diacono:<< Eo tempore fuit aquae diluvium in finibus Venetiarum et Liguriae, sed ceretis regioni bus Italiae, quale post Noé tempus creditur non fuisse>>
(In quel tempo ci fu un dibattito di acque nei territori delle Venezie e della Liguria ed anche nelle regioni d’Italia, tale quale dal tempo di Noé non si crede ci sia mai stato)
Di questa rotta c’è pure la descrizione del rodigino Giovanni Bonifacio che, ad un certo punto, dopo aver raccontato del terribile diluvio e della desolazione di quelle terre inondate, e delle malattie da cui furono colpiti quegli abitanti, dice che <<…morivano sbadigliando e sternutando: laonde nacque il costume di farsi la croce sulla bocca nella sbadigliare e pregar salute a quelli che starnutano>>.

In tale occasione l’Adige, che per Montagnana ed Este sfociava nel porto di Brondolo presso Chioggia, ruppe alla Cucca sotto Albaredo e, uscendo dall’ampia bocca così formata, attraverso Legnago andò in mare al porto di Fossone, invadendo e cancellando gli alvei del Mincio, del Tartaro e delle Fosse Filistine.
Le torbide dell’Adige disalveato continuarono per secoli a coprire le vaste campagne, senza che alcuno si preoccupasse di turare la rotta, va ricercato in questioni politiche e strategiche di allora.

Dice il Silvestri infatti che questa inondazione accadde quando era padrone di Verona e dei paesi vicini Autari re dei Longobardi il quale, per fini particolari, lasciò correre le acque della rotta per molti e molti anni senza impedimento veruno. E’ credibile che quella rotta sia rimasta aperta perché, essendo in quel tempo tutto questo tratto di paese (il Polesine) all’Esarcato di Ravenna soggetto, e perciò dipendente da Maurizio Imperatore di Costantinopoli, Re Autari non abbia voluto farla chiudere <<…per assicurarsi in questa parte con l’allagazione dagli assalti dei suoi nemici>>.
Nel 1948 circa avvengono altre due rotte, rispettivamente a Castagnaro e a Malopera, presumibilmente provocate ad arte in periodi bellici ed in seguito alle quali tutto il paese, dalle rotte al mare, fu convertito in un immenso stagno e <<…gli anteriori canali perdettero sino le loro vestigia, confuse con le irruenti masse dell’Adige>>.

Le acque attraverso la rotta di Castagnaro invasero l’alveo del Tartaro ed il canale che ne sorse prese il nome di Castagnaro o Canalbianco (v. fig.1 a pag. successiva).
Le acque irruenti della rotta, giunte ad Arquà, piegarono in parte verso la Policella e da questa al Po, stabilendo nella Fossa omonima quel corso di acque che la alimentarono fino al termine della sua esistenza ( 1957).
L’ultima spaventosa rotta dell’Adige infine fu quella avvenuta a Legnago il 18 ottobre 1882.
In quella occasione le sue acque, riversatesi nel Canabianco incapace di contenerle, si erano ammassate alla Fossa di Polesella e al sostegno di Bosaro; fu necessario il taglio della Fossa in più punti per fare defluire le acque verso il mare attraverso la campagna.
Gli abitanti erano stati costretti a bivaccare sugli argini del Po con il bestiame.
Questa rotta portò nel secolo scorso la più grave desolazione del Polesine, già provato per la ricomparsa delle paludi che da Polesella si protraevano fino al mare.
Causa di questa spaventosa situazione era il fatto che tutti i canali esterni per il ricevimento delle acque di bonifica e il loro recapito al mare erano in numero insufficiente.

LE ROTTE DEL PO
La storia del Po non si discosta da quella dell’Adige: inondazioni e deviazioni idrografiche del nostro più grande fiume hanno segnato tappe importanti nel corso dei secoli.
Anche per il Po si segnaleranno solo gli episodi più salienti.
Nel 1152 a Ficarolo avvenne la più spaventosa rotta del Po del cui corso, unitamente a quelle successive, provocò notevoli alterazioni, portandolo ad invadere i medio tartaro e quindi a sfociare più a nord verso Brondolo e la laguna di Chioggia, da dove fu ricacciato più a sud nel 1598 con il Taglio di Porto Viro; taglio che fu eseguito a cura della Serenissima, la quale vedeva minacciato l’equilibrio della sua laguna, da una parte per le piene dell’Adige e dall’altra  per le torbide del Po.
I periti Veneziani, incaricati di questa operazione, avevano basato i loro studi, seguendo criteri diventati poi di conoscenza comune, come attestano alcuni detti che ne derivarono.

Giova ricordare ad esempio questi:<< Ch’el Po non bisogna che el fassa lega co l’Adese>> , cioè che le acque del Po e dell’Adige devono essere tenute distinte e <<Gran laguna fa gran porto>>.
Furono appunto tali convinzioni a far eseguire il taglio di Porto Viro (ora Taglio di Po), per allontanare il Po dalle terre della Repubblica.
Fin dal 1569 Luigi Grotto ( detto il cieco d’Adria) aveva patrocinato quest’opera di diversione del Po ed il lavoro fu ultimato nel 1604 con la costruzione di un canale lungo 7 km che, staccandosi dal ramo del Po delle Fornaci, si dirigeva verso al Sacca di Goro, porto naturale dei Ferraresi, determinandone il riempimento; l’opera completa si concluse nel 1623, quando si rese indipendente il Canalbianco, facendolo sfociare nel Po di Levante.
Il Taglio giovò alla Repubblica che vide allontanato il pericolo delle acque e al Polesine per l’abbassamento dei livelli del Po (10 piedi = 3 m circa) conseguente all’accorciamento del suo percorso di 10 miglia ( 19 km circa) , ma contemporaneamente si trattò di un atto di offesa verso i Ferraresi e lo Stato Pontificio anche perché, con Bolla 8 luglio 1600 al Doge, Clemente VIII aveva accettato il Taglio, a patto però che il nuovo alveo non toccasse la giurisdizione della Chiesa, clausola che invece non venne mai mantenuta.
Dopo il Taglio di Porto Viro, le acque del Castagnaio e del Tartaro defluirono per la Fossa Polesella, alleggerendo il Canalbianco a valle di Canda.

Per la regolazione del deflusso in Po delle acque attraverso Fossa di Polesella e per evitate in essa pericolosi rigurgiti del Po stesso, era stato ideato dagli Estensi prima e realizzato poi dai Veneziani nel 1492 un sostegno con porte, all’incile di Fossa Polesella.
Questo aveva il duplice compito di trattenere le acque in Po, quando fosse stato in piena e portare le acque d’Adige, per mezzo del Canalbianco, in Po quando fosse stato in magra.
Successivamente nel settembre 1641, il sostegno venne reso “levabile”.
Fossa Polesella, che in quegli anni era stata teatro di importanti avvenimenti bellici ( vedi battaglia fluviale del 22 dicembre 1509 tra Ippolito d’Este e i Veneziani), veniva utilizzata dai Ferraresi anche per il trasporto dei legnami dalla Germania e marmi da Verona; da qui i timori dei Ferraresi, dopo il Taglio di Porto Viro, che le conseguenti sistemazioni idrauliche pregiudicassero la possibilità di continuare i trasporti fluviali delle loro merci.

Tra Po e Adige, come già detto, si insinua un altro importante corso d’acqua del Polesine, il Canalbianco, che, sistemato tra il 1450 e il 1600 nell’alveo del vecchio Tartaro e di altri pre-esistenti, serviva per lo scolo del territorio polesano, coadiuvato dai numerosi canali di comunicazione ad esso perpendicolari.
Tuttavia verso la fine del ‘700 la sua funzione si rivelò inadeguata, per gravi inconvenienti che nascevano dalle sistemazioni idrauliche tra Adige e Tartaro.
Si dovette costruire nel 1794 il sostegno di Bosaro poco sotto la diramazione della Fossa.
Detto sostegno, con la Fossa di Polesella, divideva in due parti il bacino del Tartaro-Canalbianco; quello occidentale versava le sue acque in Po per Fossa Polesella e quando il Po era sopra la guardia si chiudeva il sostegno di Polesella, mentre si apriva quello di Bosaro e l’acqua scorreva nel Canalbianco inferiore; la parte orientale invece defluiva direttamente in mare per il Po di Levante.
A nord e a sud del Canalbianco sono incanalati l’Adigetto e il grande Collettore Padano aperto nei primi anni del 1900 e che passa sotto la conca di Volta Grimana mediante un’ardita botte-sifone; questo collettore è ad uso esclusivo delle acque veronesi e mantovane.  

Va tuttavia ricordato che la fitta rete di canali poteva essere immessa direttamente e indirettamente nel Canalbianco in Po solo alle quote che si presentassero idonee a scoli naturali. Situazione che ha richiesto la costruzione di chiaviche e di botti – sifone.
Tuttavia nel 1850 l’impiego della macchine idrovore ha trasformato profondamente i metodi di bonifica, rendendo possibile il prosciugamento anche di terreni depressi, dove lo scarico naturale era impossibile.
Sul finire dll’800, pe insufficienza di canali esterni, come già detto, tutto il Polesine, da Polesella al mare era ridotto a palude e soltanto nei primi anni del 1900, con la parziale messa in opera di alcuni progetti, la situazione parve migliorare, ma non di molto.
Purtroppo la terribile rotta del Po nel 1951, che sommerse i due terzi della provincia di Rovigo, seminando lutti e rovine, ha messo in evidenza la scarsissima protezione offerta dagli argini, indeboliti dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, troppo bassi e inadeguati all’enorme pressione di eccezionali portate d’acqua.
In quell’occasione il sistema di difesa non fu in grado di contenere ovunque le acque, che incominciarono a tracimare qua e là dagli argini.>>

EXTRATIME by SS/La cover è per la Gente di Polesella raccontata da Rubis Zemella e in foto sotto l’argine del Po, davanti all’edicola in ‘zona fontanazzo’. Poi in apertura di fotogallery presentiamo le due mappe che mostrano gli effetti devastanti delle due Grandi alluvioni che hanno invaso il Polesine. La prima nel 1882, a causa della Rotto dell’Adige a Legnago, La seconda nel 1951 a causa della Rotta del Po a Malcantone di Occhiobello.
Una Rotta dell’Adige che fece epoca, tant’è che vi mostriamo una stampa con la Mappa del Polesine invaso dalle acque. Di tutto questo ci ha dato ampie e documentate TESTIMONIANZE il libro citato cui rendiamo onore mostrandovi la copertina.
Per un racconto di cui vi diamo diretta documentazione mostrandovi in fotogallery (fifty fifty con Matteo Pasello & Davide Rizzi) alcune foto della situazione a Polesella, col poster completo della Gente sotto l’argine, quindi le case alluvionate in golena, e la Gente che scappa lungo l’argine del Po allagato sull’argine portando ‘qualcosa’ tra le mani mentre tutto il resto era rimasto in balia del Po e… nelle mani di Dio.

Un situazione tragica per tutto il Polesine, come dimostrano le foto della Alluvione davanti alla Chiesa di Pontecchio, quindi le due foto che riguardano Rovigo (la città delle Torri vista dalla Circonvallazione e la ferrovia sommersa vista dal Ponte del Bassanello).
E come dimostrano la Statale sommersa nel tratto da Rovigo ad Adria. Per un Polesine la cui Gente cercava di mettersi in salvo sulle barche o scappando portandosi dietro anche qualche mucca. Anche perché per Quella povera Gente molto spesso il ‘bestiame’ era tutto ciò che possedeva.
E che aveva perso per colpa della Grande Alluvione del 1951, di cui vi racconteremo  presto la seconda puntata, dalla Rotta di Malcantone (4 novembre ) fino al 24 maggio 1952 quando tutte le campane del Polesine suonarono per salutare –sottolinea Rubis Zemella - il risveglio delle terre già emerse.
Per una Alluvione che aveva lasciato il segno, nel territorio e nei cuori della Gente della ‘piccola Mesopotamia’ tra l’Adige e il Po. Vale a dire il POLESINE con tutta quella ‘eterna’ identità socio –culturale che non è fatta di soli numeri e che perciò nessun uomo/autorità e nessun disastro naturale potrà mai cancellare, perché saprà sempre ‘riemergere dalle acque’.


Sergio Sottovia
www.polesinesport.it