Rubello Giulio, una ‘vita sul ring’ con Strozzi, Ferracin, Correggioli, Maci Battaglini


30/07/2010

Dopo aver parlato di Primo Carnera adesso parliamo di Giulio Rubello. Tutto merito di  Raffaello Franco e di questa seguente sua ‘rielaborazione d’intervista’ titolata GIULIO RUBELLO UNA VITA SUL RING, nel ricordo del ‘CAMPIONE & SIGNORE” che – sottolinea il nostro ‘pittore’ - ci ha lasciato già un mese fa.
<<Il ring, è come l’arena dove salgono gli interpreti della noble art: i boxeur, uomini coraggiosi che dedicano le loro vite a questo sport dai sapori forti ed antichi.
Tra quelle corde si consumano in una sera, i sacrifici di anni ed anni di allenamenti, ginnastica, corse ed addominali. Ore ed ore passate in palestra a sudare, a picchiare sul sacco a saltare la corda.
Vita difficile quella del pugile! L’occhio sempre sulla bilancia per non perdere di vista il peso della categoria e poi ancora corsa e corda. Corsa e corda per 365 giorni l’anno, tutto per poter arrivare a quell’arena ed affrontare preparati l’avversario di turno.
E su quel ring, si concentra tutta la forza della boxe che spesso, a torto, è mal vista dai benpensanti che considerano barbaro uno sport che invece racchiude in se grandi tradizioni e che da sempre raduna attorno ai suoi eroi folle immense.
Nel 2006, centenario della nascita di Primo Carnera, furono organizzate diverse iniziative nel nostro Paese, iniziative rivolte a ravvivare il mito di questo grande atleta. Eppure quest’uomo era un pugile, uno che si è fatto strada combattendo nello sport e nella vita, uno al quale la sorte non ha mai regalato nulla. Proprio per tutti questi fattori ancora oggi, a più di 40 anni dalla morte, Carnera è considerato un mito, uno che nell’immaginario comune resterà per sempre immortale.

La boxe insomma crea eroi, perché solo chi è un vero sportivo è in grado di capire quanta passione, fegato e sacrificio possano spingere un uomo a salire su quel ring, senza avere la garanzia in un futuro, di arrivare alla gloria e a lauti compensi. Tutto viene vissuto solo per pura passione.
Nando Strozzi, l’uomo che ha il merito di aver fatto grande il pugilato a Rovigo, asseriva che fin dai tempi delle caverne “attaccare era un istinto e difendersi un’arte”. E lui, da grande Maestro qual’era, insegnava ai suoi pugili prima di tutto a difendersi, a schivare i colpi dell’avversario, per poi rientrare, toccare e colpire. Queste cose semplici insegnava il maestro Nando Strozzi, di Ferrara, ai suoi ragazzi:«Schiva, rientra, tocca e colpisci! Prima evitarle, per colpire c’è sempre tempo».
Strozzi fu mandato dal partito fascista per insegnare lo sport e per lui lo sport era il pugilato, quello al quale:«Tutti gli altri sport ambivano», perché la boxe è la nobile arte, un fioretto fatto senza armi e nel quale si usano le mani ma al quale partecipano anche tutte le altre parti del corpo. Insomma un’attività completa, la migliore che possa sviluppare il fisico di un ragazzo. Ed infatti, dalla sua palestra, quella storica di Viale Trieste ancora oggi la casa dei boxeur rodigini, entravano ragazzi poco più che bambini e ne uscivano uomini, uomini veri, preparati ad affrontare ogni difficoltà nello sport ma anche nella vita.
Tra questi, v’è n’è uno che al maestro Strozzi deve molto, tanto da esserne stato riconoscente per tutta la vita.
Aveva solo 13 anni il piccolo Giulio Rubello, quando per la prima volta varcò il portone della palestra pugilistica di Viale Trieste. Era il 1939 ed il ragazzo entrò in contatto con questo magico mondo fatto di fatica e sudore per seguire le orme del fratello maggiore.
Classe 1926,  Giulio Rubello ha dedicato alla boxe più di 70 anni della sua vita, prima da atleta e poi da dirigente.
Giulio Rubello era un pugile molto tecnico, veloce e potente. Era un perfezionista, gli piaceva curare la scherma, la sua boxe era sempre pulita e bella da vedere.

Fortunato quel periodo per la boxe a Rovigo. In pochi anni, quella palestra di Viale Trieste, fu in grado di sfornare oltre che Rubello, gente del calibro di Costa, Correggioli, che diventerà campione italiano dei pesi leggieri nel 1946 tra i professionisti e Ferracin, che sarà anche campione europeo dei pesi gallo nel 1948. Una vera fucina di campioni la Pugilistica Rodigina del maestro Strozzi, premiata società molto considerata in quegli anni nel mondo della boxe. Fernando Strozzi, da tutti conosciuto come Nando, era stato un buon pugile, tanto da vincere un titolo italiano nei dilettanti, ma è passato alla storia del pugilato soprattutto come Maestro. Le sue sapienti mani, hanno forgiato il fisico e la scherma di molti giovani ed ancora oggi è considerato da molti uno dei migliori Maestri di boxe, degno di insegnare all’università della nobile arte.
Il peso medio Giulio Rubello, attinse molto dalla sapienza di Strozzi. Un record di 119 incontri da dilettante, dei quali 104 vinti (una trentina prima del limite), 3 pareggiati e 12 persi ai punti o per ferita ma:«Senza mai poggiare nemmeno un ginocchio a terra», affermava con l’orgoglio del vecchio combattente Rubello, che quando ebbi l’occasione d’intervistarlo nel 2006 sprizzava ancora tutto lo spirito e la forza di un tempo, anche se il gong della vita aveva dato il via all’80ª ripresa. «Mai nessun avversario – mi disse - è stato in grado di farmi assaggiare il sapore della polvere del tappeto. Ero un ottimo incassatore io». Eppure in quegli anni, la boxe era molto praticata e parecchi erano i pugili emergenti desiderosi di farsi strada alla ricerca di un futuro migliore, un futuro in grado di assicurare una vita più agiata.
«Nel dopoguerra – ricordava Rubello – la vita era molto dura e la gente cercava ogni mezzo utile per emergere, sfruttava qualunque cosa fosse idonea a toglierla dalla precarietà giornaliera. La boxe era uno di questi mezzi. Molti ragazzi si allenavano nelle palestre e speravano, combattendo sul ring, in un futuro più felice».
In quegli anni venivano organizzati molti incontri, molti più di adesso, ed anche il nostro Rubello non si tirava mai indietro quando c’era da combattere. Addirittura nel primo dopoguerra, tutti i fine settimana, le truppe di liberazione statunitensi organizzavano riunioni pugilistiche nel veneziano ed i nostri pugili non mancavano mai a questi incontri.
«Venivano con i “Dodge” fuori della palestra e ci caricavano per portarci a combattere contro i loro campioni – ricordava con un velo di nostalgia - Anch’io partecipai e vinsi diversi incontri contro quei pugili americani, ragazzi che erano sotto le armi ed erano accomunati dalla nostra stessa enorme passione per la boxe».

Erano sempre tanti i ricordi che riaffioravano alla mente del nostro protagonista. I tanti tornei disputati, anche con la Nazionale, con la quale arrivò ad un passo dalle Olimpiadi di Londra nel 1948, Olimpiade alla quale però partecipò il medio romano Franco Festucci, che in seguito ebbe anche una brillante carriera da professionista coronata da 45 vittorie (25 per KO), 2 pareggi e 3 sole sconfitte, oppure i tanti avversari affrontati e tra i quali figura anche Amaduzzi, battuto prima del limite dal nostro Rubello e che in seguitò sarà il manager di Nino Benvenuti.
E poi l’ancora lucida memoria tornava indietro nel tempo a quando, durante il “Ventennio”, si disputava annualmente il Torneo “Bruno Mussolini”, competizione molto sentita dal Duce che considerava la boxe un “vanto di razza”, torneo che vedeva al via tutti i migliori pugili dilettanti della Penisola ed al quale la Pugilistica Rodigina partecipava orgogliosa schierando le sue tre punte: Costa nei pesi leggieri, Ferracin nei gallo e Rubello nei medi.
Ma la boxe, non significa solo gioie, spesso è anche dolore. Ecco allora che Giulio Rubello, mi raccontò di quella volta che una testata gli causò la frattura della mandibola destra. A fratturargliela, fu il campione italiano dei Novizi, il vicentino Fusato. Mentre raccontava quell’episodio, Rubello sembrava rivivere ancora quel momento difficile:«Eravamo approssimativamente a metà incontro ed ecco che, con una violenta testata involontaria, la mia mandibola si stacca. Di gettare la spugna non se ne parla nemmeno ed allora continuo imperterrito l’incontro sostenendomela con il guantone destro e combattendo usando il solo sinistro. Nonostante questo grave infortunio riesco a portare a termine il match ed a casa una bella ed insperata vittoria ai punti». Uomini d’altri tempi, con una scorza dura e spessa così! Chissà, al giorno d’oggi, quanti sarebbero in grado di stringere i denti fino a questo punto estremo. Ma allora le cose erano diverse, la “fame” ti faceva superare ostacoli apparentemente insormontabili.
Giulio Rubello, chiuderà la sua brillante carriera da dilettante a soli 23 anni. Passato professionista, non combatterà mai tra i “Pro”. Un’altra vita lo attende. Alla chiusura della carriera comunque, la sua bacheca sarà piena di cinture di campione regionale (per ben 7 anni di fila sarà campione Veneto) e nazionali, senza contare tutte le altre numerose affermazioni nei vari tornei disputati.
Dopo il servizio militare in Polizia, iniziò a lavorare al Bar Luce. Nando Strozzi, che ne era il titolare in società con Bulgarelli, gli offrì l’opportunità di un lavoro e di uno stipendio sicuro. In palestra, Giulio Rubello, continuò comunque ad andarci, più che altro per mantenersi in forma. Gli orari del bar, purtroppo, non coincidevano con le esigenze del pugilato.
Con gli anni poi rileverà l’attività del Bar Luce, locale che ha fatto la storia dello sport rodigino in quanto era il punto d’incontro degli sportivi. Pugili, rugbisti e calciatori, passarono ore ed ore a discorrere in quell’ambiente. Li si costruirono molte delle vittorie che  rese famosa nel mondo la città di Rovigo.
Dal bancone di quel bar, Giulio Rubello, ha assistito alla crescita ed all’esplosione di molti atleti, sportivi veri che non avevano difficoltà a cimentarsi in discipline diverse. Lo stesso “Maci” Battaglini disputò qualche incontro di pugilato e Silvano Modena, che da dilettante combatté anche contro Nino Benvenuti, disputò da pilone qualche partita in rossoblu. Altri tempi! Tempi in cui i valori erano ancora fondamentali nella vita di un uomo.
Contemporaneamente continuava a dedicarsi alla boxe in veste di dirigente. Farà successivamente anche il Direttore Sportivo della Pugilistica Rodigina, siederà nel consiglio del C.O.N.I. come delegato provinciale della F.P.I. e sarà poi Presidente della Pugilistica Rodigina stessa.
«A lui dobbiamo molto – afferma il maestro Silvano Modena – perché ha saputo traghettarci fuori da un periodo di crisi. Eravamo un po’ abbandonati a noi stessi ma, grazie al coraggio, alla forza d’animo ed alla generosità del presidente Giulio Rubello, siamo riusciti a ripartire con risultati soddisfacenti».
Il pugilato però, non è più quello degli anni d’oro dei Rubello, dei Costa, dei Ferracin e dei Correggioli. La boxe è cambiata. Adesso gli sponsor la fanno da padroni inflazionando il valore di un pugile con una miriade di sigle, di campioni del mondo, di “mondialini” e di titoli non meglio identificati e questo è un male per lo sport:«Non mi piace – ripeteva sconsolato Rubello – tutta questa confusione di sigle, anche perché bisogna tener presente che i pugili praticanti oggi, sono molto meno di quelli dei miei tempi e quindi è molto più semplice arrivare ad un titolo. Purtroppo però, questo sport, soffre da qualche anno di una profonda crisi di base. In giro c’è poco materiale umano. I ragazzi non vogliono fare fatica e preferiscono dedicarsi ad altre attività non capendo che la boxe ti può preparare anche a svolgere meglio qualsiasi altro sport e questo è un vero peccato».  Aveva ragione il buon Giulio! E’ davvero un  peccato che la noble art sia caduta così in basso, perchè meriterebbe molto più rispetto viste le grandi e storiche tradizioni.
In un caldo inizio Luglio del 2010, Giulio Rubello, ci ha lasciato all’età di 84 anni. Ci mancherà molto. Ci mancheranno i suoi racconti degli anni epici della boxe, i suoi consigli ed i suoi suggerimenti. Da quel giorno la boxe polesana ha perso un elemento importante, un riferimento sicuro. Però possiamo stare tranquilli che l’eredità che ha lasciato non andrà dispersa. Almeno a Rovigo, la boxe, avrà sempre un suo paladino importante ed autorevole che la proteggerà da lassù.
Ciao Giulio!
Raffaello Franco>>

EXTRATIME/ Questa è la prima STORY by Raffaello Franco ( in foto tandem , primo a sx in maglia rossa davanti al ‘diamante’ baseball di Rovigo). Ed è significativo per LUI & per NOI onorare per primo proprio Giulio Rubello, quell’eterno ‘ragazzino’ che ogni tanto incontravo a bordo ring assieme al maestro Modena. Ma l’ha ‘dipinto’ da par suo il nostro Raffaello, per cui ci limitiamo a completare il quadro mettendoci solo la ‘cornice’. Cioè la fotogallery con Giulio Rubello in versione pugile e poi in versione ‘poker veneziano’ premiato come ‘Cavaliere di San Giorgio’ ( perciò in mantellina bianca, primo a sx a fianco dell’altro polesano Franco Avanzi, altro signore del pugilato). A completamento di quanto sia stata importante la PUGILISTICA RODIGINA nella storia e nella cultura italiana, ci piace proporVi il seguente articolo scritto da
Fausto Narducci in data 1 agosto 1999 su La Gazzetta dello Sport con relativo titolo civetta.
L’AMARA STORIA DI GORMAN E DELLA PUGILISTICA RODIGINA
<<L' amara storia di Gorman e della Pugilistica Rodigina Si dice che i libri di sport non li legge nessuno: non li leggono gli sportivi e gli appassionati gia' appagati dalla televisione e dall' editoria di settore e tantomeno li leggono i librofili comuni che considerano questo un genere di serie B. Beh, forse per rilanciare lo sport in libreria bisogna fare come Alessandro Baricco che, dietro all' insospettabile titolo del suo piu' recente e misterioso bestseller, ha nascosto una splendida e istruttiva storia di boxe. Gia' , perche' uno dei tre filoni narrativi che compongono il mosaico di "City" e' dedicato proprio a questa inesauribile passione per il ring a cui Baricco aveva gia' dedicato quattro articoli-storie confluiti in Barnum I e II. Dopo aver rivolto la sua attenzione alle vicende minute dei tricolori ' 95 di Verbania (dove l' incontro Brancalion-Perna rappresentava l' intero mondo dei dilettanti) e poi a quelle piu' celebri di Carnera, Tyson e Ali-Foreman, l' autore di "Novecento" ha voluto lavorare di fantasia per intessere la storia esemplare di Larry Gorman. Storia fantastica fino a un certo punto, visto che l' ambiente multicolore in cui si muove il pugile-filosofo che nel romanzo arriva a combattere per il Mondiale e' stato ispirato allo scrittore dai protagonisti di una palestra vera. Per scoprirlo basta leggere i "ringraziamenti" in fondo al volume dove, in mezzo a nomi noti del ring, compaiono quelli certo piu' misteriosi di Ivan Malfatto e del maestro Silvano Modena. Come ci ha raccontato il collega Ivan e' successo infatti che, per conoscere da vicino l' ambiente della boxe, Baricco si sia rivolto all' ex c.t. azzurro Franco Falcinelli che come esempio di "palestra vecchio stampo" lo ha indirizzato alla Pugilistica Rodigina.

Ed e' qui che Baricco ha conosciuto il maestro Modena che col nome americanizzato di Mondini e' diventato uno dei protagonisti del romanzo. Proprio come il vero maestro rodigino, Mondini apre e chiude la palestra di Gorman attaccando al muro un vecchio orologio a cui manca la lancetta dei minuti e la sfiducia ("La boxe la fai solo se hai fame") che il maestro letterario nutre nei confronti dell' estrazione troppo "nobile" di Larry "Lawyer" e' la stessa che ha diviso nella realta' il maestro Modena da Carlo Brancalion, che ha conquistato e poi perso recentemente il titolo italiano dei welter con un' altra scuderia. Di reale c' e' anche l' immersione pugilistica che quasi in incognito Baricco ha effettuato nella primavera del ' 97 a Rovigo: una prima ricognizione in palestra col dirigente Giulio Rubello a fare da anfitrione, una lunga seduta sul ring con guanti e figure insieme al maestro e infine un' intera riunione dilettantistica vissuta come secondo all' angolo di sei pugili. E come il romanzo si chiude con l' amaro e simbolico abbandono di Gorman al quarto round (trasposizione letteraria del celebre "no mas" di Roberto Duran) nella bella per il titolo contro Butler, cosi' anche la storia (vera) della Pugilistica Rodigina e del maestro Modena e' terminata amaramente un mese fa con la chiusura della palestra dopo 70 anni di vita. Una metafora con cui la sopravvivenza quotidiana si dimostra ancora una volta piu' dura della realta' romanzesca.>>.
PS by Sergio Sottovia: Per fortuna, e per bravura del tandem Rubello / Modena e del loro staff, poi la storia della Pugilistica Rodigina ha prodotto altri campioni e altri eventi, cui ho assistito personalmente. Ma questa sarà …un’altra storia


Raffaello Franco
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