Zuin Giuseppe, “pilone 5 scudetti" nella Rugby Rovigo Story. Da Maci Battaglini a Campese, con Biscuola/Raisi. E “Custode del Tempio”


15/02/2011

Non ha mai giocato in nazionale, Giuseppe Zuin. Ma ha vinto 5 scudetti con la Rugby Rovigo, sui 16 disputati sempre con la maglia dei Bersaglieri. La sua ‘casa’ da giocatore e da ‘custode del tempio’, come titola il ‘cuore ovale’ di Raffaello Franco.
Dico solo che papà Giuseppe (nato il 17 maggio 1926) ha lasciato il ‘testimone’ a suo figlio Loredano, un “Campione” del quale potrei raccontarvi qualche flash sportivo/associativo/aziendale. E che aver conosciuto Loredano mi fa apprezzare maggiormente suo papà Giuseppe e la storia che vi racconta l’amico Raffaello.
GIUSEPPE ZUIN IL CUSTODE DEL “TEMPIO”/ LA SUA STORIA BY RAFFAELLO FRANCO.
<< L’infinito “cuore rossoblu” perde un altro suo pezzo pregiato. Dopo un mese di ricovero ospedaliero, lo scorso 7 Febbraio, è venuto infatti a mancare Giuseppe Zuin, semplicemente Beppe per tutti i rodigini appassionati di rugby. Così anche lui, in punta di piedi, è arrivato lassù. Ha raggiunto i suoi amici di sempre, quelli con i quali ha vinto ed ha sofferto, condividendo tutto in tanti anni di rugby ed è andato a posizionarsi, come sempre, in prima linea. Quello è sempre stato il suo posto, fin da quel lontano giorno del 1952 quando “Maci” Battaglini, allenatore-giocatore di quella squadra che a fine stagione confermerà il tricolore vinto nel campionato precedente, lo fece debuttare in serie A con la maglia dei “Bersaglieri”, maglia che diverrà sua per sempre: uno stile di vita.

Già; lassù in Paradiso! Una saga irlandese vuole che il Paradiso sia sicuro approdo per ogni pilone che sulla terra ha già visto e vissuto l’inferno; giusto premio eterno per chi ha sofferto su un campo da rugby giocando in prima linea. C’è qualcosa di sacro dunque nell’esistenza di ogni pilone e che nella vita terrena di Beppe Zuin ha toccato vette elevatissime essendo anche stato per anni custode e tenutario dello Stadio “Mario Battaglini”, il “tempio consacrato” al rugby italiano che fu anche sua residenza e casa della sua famiglia che abitava l’alloggio sopra la “vecchia” tribuna. Quel prato verde delimitato dai pali delle due “H” fu il “suo”giardino, il cortile di giochi dei suoi figli, sempre curato con amore e dovizia, un cortile speciale nel quale poté godersi, emozionandosi con orgoglio, lo straordinario spettacolo offerto dall’allora ventiduenne Loredano impegnato, con la maglia azzurra, a demolire i Pumas di Hugo Porta. Storica quella vittoria italiana ottenuta, nel 1978, sull’Argentina nel “giardino di casa Zuin” grazie anche ai calci del minore dei suoi figli. A fine partita uno dei più leggendari numeri 10 dell’epoca, complimentandosi con Loredano, volle scambiare la sua maglia con quella della giovane promettente apertura rodigina. Chissà quante volte il piccolo Loredano dalla finestra della sua cameretta posta sopra la tribuna aveva osservato il prato del “Battaglini” sognando di poter un giorno sfidare una leggenda come Hugo Porta! Il suo sogno di bambino si era finalmente avverato! Una gioia immensa resa ancor più incontenibile per l’impresa di aver sconfitto i Pumas! Chissà che emozione per papà Zuin che aveva inculcato nei figli la passione per il rugby. Beppe non ebbe mai l’onore di vestire la maglia della nazionale, eppure di talento ne aveva. Pur giocando in una squadra che negli anni ’50 dominò quasi dittatorialmente il campionato, il Rovigo non godeva comunque dei “favori” dei tecnici federali. Meglio convocare giocatori provenienti da ambienti più “chic”, preferendoli a quegli “alluvionati” di polesani! L’impresa di Loredano suonò dunque come una riscossa per quell’azzurro che Beppe non ebbe mai l’onore d’indossare, come se anche lui finalmente avesse vestito un pezzo di quella maglia che qualche giorno fa Loredano posò delicatamente, accanto a quella rossoblu, sulla bara di papà, estremo gesto d’amore figliare per l’ultimo saluto.

Beppe Zuin era un rugbista tosto, di quelli vecchia razza che riuscivano a superare tutte le difficoltà con grande spirito di sacrificio. Possedeva una straordinaria forza fisica sviluppata nella “palestra” di famiglia nella quale si estraeva sabbia dal letto dell’Adige. Sopportava il dolore come pochi tanto da riuscire a giocare diverse stagioni con un ginocchio in disordine eppure, in mischia, spingeva come un forsennato. Ricordava qualche giorno fa sulle pagine de “Il Gazzettino” Roberto Roversi, ex “Bersagliere” oggi brillante giornalista sportivo, di quella volta che durante una cena “tra gente di rugby” si aprì una diatriba tra Beppe Zuin e Gigi Guandalini (i due piloni dell’epoca d’oro dei primi anni ’50, n.d.r.) su chi spingesse di più in mischia! Ognuno portò le sue ragioni ma non se ne venne fuori finché la spinosa questione non venne affidata al giudizio di Milto Baratella. Milto, come si dice, è “uno studiato” e con i due contendenti aveva giocato tantissimi incontri. Era quindi la persona più indicata per redimere la questione e per farlo scomodò addirittura Thompson ed il suo fantomatico “teorema” asserendo che per una valutazione precisa sarebbe stato necessario esaminare le diagonali di spinta. Chi conosce l’ingegner Milto Baratella sa che è amante delle goliardate ed anche il “Teorema di Thompson” rientra tra una di queste. Comunque sia, davanti a tutta la “scienza” sfoderata dall’ingegner Baratella, Guandalini dichiarò di non conoscere questo Thompson, continuando imperterrito a sostenere la sua tesi. Zuin, dal canto suo, continuò a ribattere dicendo che era lui il più forte. Inesorabilmente, con grande divertimento dei presenti, la questione si riaprì più accesa che mai. Il mondo del rugby, soprattutto quello degli anni epici, è ricco di episodi come questo; scene divertenti, dissacranti, goliardiche utili a cementare l’amicizia nel tempo, anche quando non si fa più parte della squadra per i troppi capelli bianchi cresciuti sulla nuca. Beppe Zuin di quel mondo era protagonista. Peccato solo che si fosse avvicinato tardi al rugby! Debuttò infatti in serie A a 26 anni e questo, comunque, non gli impedì di vincere 5 scudetti, giocando 165 partite e realizzando 24 punti in un epoca nella quale la meta ne valeva ancora 3. Nella sua prima stagione con i “Bersaglieri” giocò nove incontri. Era un Rovigo molto forte quello di quegli anni, più forte anche della grande alluvione che nel novembre del 1951 sommerse il Polesine spopolandolo. I “Bersaglieri” furono più forti di tutti, più forti anche dell’ondata di piena che affrontarono con coraggio collaborando, tra i primi, con i soccorritori. Per assegnare lo scudetto fu necessario disputare uno spareggio con il Parma arrivato a fine campionato con gli stessi 28 punti del Rovigo guadagnati grazie alle 13 vittorie ed ai 2 pareggi conquistati nei 18 incontri disputati. Il Rovigo di “Maci” Battaglini godeva dei favori del pronostico avendo sconfitto i parmigiani, sia nella gara d’andata che in quella di ritorno, durante il campionato. Il pronostico venne rispettato e lo spareggiò fu vinto dai rossoblu con il punteggio di 8 a 6, punteggio che permise loro di cucire sulle maglie il terzo scudetto della loro storia, il terzo conquistato consecutivamente.

La stagione successiva portò al Polesine un altro tricolore, scudetto che chiuse il primo ciclo vincente dei “Bersaglieri” arrivato in modo epico dopo il formidabile calcio di Milto Baratella che risolse lo spareggio, andato “ad oltranza” con il Treviso, in una torrida giornata del 1954 giocata il 20 Giugno sul neutro dello Stadio “Appiani” di Padova. La squadra all’epoca era in mano a Topa Milani un altro mito del recente passato che aveva sostituito nel ruolo di allenatore “Maci” Battaglini passato, proprio in quell’anno, al Treviso. Beppe Zuin giocò quattordici delle diciannove (spareggio compreso) partite necessarie in quella stagione per portare a Rovigo un altro titolo.
Il Torneo successivo si chiuse tristemente per i “Bersaglieri”! Beppe Zuin giocò tredici incontri realizzando due mete che contribuirono ad avvicinare il Rovigo a soli 2 punti dal Parma tricolore. Amaro fu l’epilogo di quella stagione in quanto, i rossoblu, chiusero il campionato da imbattuti pagando però pesantemente i sei pareggi inanellati; troppi per contrastare quel Parma straordinario. Un ciclo si era chiuso! Nel campionato 1955/1956 tornò addirittura sulla panchina di un Rovigo ormai in piena crisi il mito “Maci” Battaglini, che nel frattempo aveva appeso le scarpe al chiodo, il quale non riuscì comunque a portare la sua squadra al di la di un misero settimo posto!
Bisognerà attendere la stagione 1961/1962 per rivedere un Rovigo scudettato! Da quattro stagioni sulla panchina rodigina siede Giordano Campice e la generazione dei “Bersaglieri” si è quasi totalmente rinnovata. E’ il Rovigo dei fratelli Biscuola, di Giovanni Raisi, di Bellinazzo e di Merlin. Beppe Zuin è ancora li! Continua a spingere in mischia e lo fa per dieci partite nella stagione che gli regalerà il suo terzo scudetto personale. I rossoblù vinsero quell’anno lo sprint sulle Fiamme Oro Padova, grazie al pareggio dell’andata ed alla vittoria di misura (0 a 3, n.d.r.) ottenuta sui “poliziotti” nel ritorno.
I “Bersaglieri” di Campice furono protagonisti anche nel campionato successivo quando, grazie ad un girone di ritorno travolgente fatto di tutte vittorie, superarono ancora le Fiamme Oro che dovranno, ancora una volta, accontentarsi della seconda piazza.
La stagione 1963/1964 porterà ad un Rovigo straordinario il settimo scudetto della sua storia. Beppe Zuin non venne molto utilizzato in quel campionato. Per lui erano passate 38 primavere ed al Rugby Rovigo aveva già dato moltissimo. Il secondo ciclo vincente dei “Bersaglieri” era ormai al crepuscolo come lo era la sua carriera. Beppe comunque non si arrese e continuò a dare il suo contributo anche nel periodo, forse, più nero che si ricordi nella storia dei “Bersaglieri” prima dell’avvento della terza generazione di rugbisti che dominerà nella seconda parte degli anni ’70. Nel campionato 1965/1966, nel tentativo di dare una scossa all’ambiente, sulla panchina rossoblu tornò ancora una volta Battaglini. “Maci” volle affidarsi all’esperienza dei veterani utilizzando moltissimo anche il nostro Zuin che giocò la bellezza di diciassette gare, più del doppio di quelle che aveva messo insieme nelle ultime due stagioni. Venne utilizzato parecchio anche nel campionato successivo, in un Rovigo ormai stanco, che aveva perso lo smalto degli anni migliori ed aveva l’estrema necessità di cambiare pelle. Furono due stagioni di medio-bassa classifica, campionati nei quali i “Bersaglieri” arrivarono molto staccati dalla Partenope Napoli e dal Rugby L’Aquila vincitori nel 1966 e nel 1967. Beppe Zuin continuò comunque a mantenersi disponibile per la “sua” squadra tornando qualche volta, ormai ultraquarantenne, in campo per difendere con dignità quella maglia che amava. La sua carriera sportiva fu così longeva che nel 1969 condivise addirittura la gioia di giocare un incontro di Coppa Italia assieme con il figlio maggiore Giancarlo ed un’amichevole con Loredano!

Già prima di smettere con il rugby giocato, diventò il custode dello Stadio “Mario Battaglini” e da li iniziò la sua seconda vita al servizio del rugby. Basta cavare sabbia dal letto dell’Adige! Beppe volle mantenere quell’amoroso rapporto che aveva instaurato con quel pallone ovale e con la filosofia ed il mondo che gli stavano dietro. Restano ancor’oggi indimenticabili quelle domeniche pre partita in casa Zuin, quando il buon Beppe e la moglie Bruna accoglievano i giocatori come fossero loro figli e ancora oggi gli avversari ricordano l’arrivo al “Battaglini” con il pullman: c’era sempre lui che cordialmente andava loro incontro per aprire il cancello dello stadio.
L’ultimo pallone “ufficiale” lo toccò nel campionato 1969/1970 (diciotto anni dopo il debutto nel massimo campionato italiano di rugby, n.d.r.) quando il Rovigo targato Tosi Mobili chiuse la stagione staccato di 19 punti dal Petrarca Padova. Un’altra stagione difficile per i “Bersaglieri” che stavano però già preparandosi per quelli che saranno i prossimi successi. Le avanguardie dei vari “Banana” Visentin, Doro Quaglio, Salvan e Zanella stavano già studiando da campioni.
Da quel momento Beppe Zuin diventò per tutti solo il “sacerdote” del tempio, colui che ne deteneva le chiavi e che ne conosceva i segreti. L’unico che aveva il diritto di abitare in quel luogo sacro al dio del rugby.
Per anni, fino alla pensione, si occupò del “Battaglini” a 360 gradi: tagliando l’erba, annaffiando il campo, lavando le maglie, preparando i panini per le squadre in partenza per la trasferta e gestendo anche il bar che dava “conforto” agli infreddoliti spettatori nei rigori dell’inverno. Uno straordinario tuttofare che trovava anche il tempo di allenare i ragazzini della Monti. Molti di loro avrebbero fatto poi carriera in prima squadra. Beppe Zuin era sempre a disposizione del rugby e di chi gli chiedeva una mano. Si prestò anche a divulgare l’amore della sua vita nel Basso e nell’Alto Polesine e si tolse inoltre la soddisfazione di vincere un titolo di campione d’Italia con le Aquile ed un Seven con l’Under 20! Un pezzo dell’anima rossoblu che se n’è andata e che, alla pari di tutti quelli che l’hanno preceduto, rimarrà per sempre nella gloriosa storia della Rugby Rovigo e nel cuore di chi ama uno sport straordinario.>>

EXTRATIME by SS/ La cover è per Giuseppe Zuin (con la ginocchiera) al fianco di un mito dello sport polesano, quel Cesare Zancanaro (pantaloncini bianchi) che ha viaggiato da protagonista interdisciplinare dentro il trittico “Calcio, Rugby,Pattinaggio” . Poi nella fotogallery , proponiamo subito un’altra foto anni ’50. Cioè lo scudettato Rovigo 1951 di Maci Battaglini (foto gc by Franco & archivio La Gazzetta dello Sport) quando erano i tempi delle ‘battaglie vs Petrarca (eccone una ‘esemplare mischia’). Poi per arrivare al lieto fine della Giuseppe Zuin “Bersagliere con lo scudetto” vi proponiamo la Rugby Rovigo 66/67 del presidente Rizzieri e di Maci Battaglini “allenatore amico” di Giuseppe Zuin.
E concludendo col Zuin “Custode del Tempio” vi mostriamo uno tra i tanti ‘campioni’ che Giuseppe era solito ‘coccolare’ tra casa e campo di rugby: cioè Naas Botha in un derby del 1977 vs il Petrarca.
Lasciando il nostro pensiero-saluto all’amico Loredano ‘in nome del padre’ proponendovelo (quarto da sx, accosciato) tra i “ XV DEL PRESIDENTE” in occasione dello storico match (1977) vs i mitici All Blacks.
Tutto questo per onorare Giuseppe Zuin, il “sacerdote custode del tempio”.

 

Raffaello Franco
www.polesinesport.it