ACCADDE OGGI/ Era il 12.04.1970 quando Eraldo Mancin vinse lo scudetto col Cagliari di Gigi Riva / E Luca Telese nel suo libro “Cuori Rossoblu” onora così il polesano intervistando sua figlia Federica…


Accadde oggi: era  il 12 aprile 1970:  il Cagliari batte il Bari per 2-0 nel vecchio stadio Amsicora e si laurea campione d’Italia per la prima e finora unica volta. Uno scudetto leggendario. In quella fantastica, guidata in panchina da Manlio Scopigno e in campo dal leggendario Gigi Riva, c'era anche Eraldo Mancin di Polesine Camerini, purtroppo scomparso nel 2016.
Il giornalista e scrittore Luca Telese, tifoso del Cagliari, ha dedicato un bellissimo libro ("Cuori Rossoblu", Cario editore)  a quella straordinaria impresa. Telese passa in rassegna tutti i personaggi che hanno fatto impazzire la Sardegna.
Un capitolo, il numero 13, è affidato al ricordo  di Federica, figlia di Eraldo. E' racconto bello e struggente, così oggi giorno di Pasqua 2020, e giusto per celebrare i “50 anni del Cagliari scudetto 1970”, lo riportiamo integralmente.  

ERALDO MANCIN  - PERSONAGGIO STORY ( di Luca Telese , by libro “Cuori Rossoblu”) / ERALDO MANCIN PAPA’ & CAMPIONE D’ITALIA 1969/70 COL CAGLIARI DI GIGI RIVA/ RACCONTATO DALLA FIGLIA FEDERICA A LUCA TELESE AUTORE DEL LIBRO STORY “CUORI ROSSOBLU”
«Papà parlava poco, pochissimo, e raccontava meno. Era introverso, timido, riservato: per anni gli ho tirato fuori le storie a una a una, dalla bocca, come con le tenaglie. Molte delle cose che so di lui, e per me questo è stato un piacere, ma anche un dolore, le ho sapute solo dopo la sua morte, dai suoi primi amici, i più intimi, e dai suoi compagni di squadra, alla Fiorentina e al Cagliari, che lui considerava suoi fratelli.

 

 

 

 

Foto_02_Eraldo Mancin capitano del Contarina 1961 , giocatore della Fiorentina 1969 alla festa dello scudetto con Amarildo, poi protagonista nella  ‘figurina Panini’ nel Cagliari, e sempre a Cagliari con la piccola figlia Federica.


Si chiamava Eraldo perché suo padre si chiamava Aldo: mia nonna diceva che era così innamorata di suo marito che avrebbe voluto battezzarlo con lo stesso nome, ma l’ufficiale
dell’anagrafe disse che non si poteva: così avevano ripescato un nome medievale. Che a casa scompariva perché c’era solo “Aldo”. E così quando lei chiamava si giravano in due.
«Mio padre ha avuto la curiosa fortuna di vincere due scudetti, in due squadre diverse, in due anni consecutivi: ho letto che ci sono stati solo sei giocatori, in tutta la storia della Serie A, a conquistare questo particolarissimo primato. E così tutti i decennali delle rispettive celebrazioni della Fiorentina e del Cagliari sono consecutivi e attaccati. Per me le commemorazioni sono state come delle belle riunioni di famiglia, ma anche occasioni per rimettere insieme i pezzi che mi mancavano e ricomporre il mosaico della sua vita.
Quando papà doveva spiegare da dove veniva, diceva che arrivava “dalla grande povertà”.

 

 

 

Foto_03_Erando Mancin, nel cerchietto, protagonista e vincente in team col Contarina 1961

 

 

Suo padre era stato contadino, ma lui da bambino non aveva fatto in tempo a conoscerlo davvero. Nel tempo in cui non si poteva divorziare legalmente, mio nonno aveva scelto la via più breve per mettere fine a un matrimonio: se n’era andato di casa lasciando soli i suoi figli e sua moglie. Così Eraldo Mancin raccontava di essere cresciuto “da orfano”.
Viveva con la madre, ovviamente, che però vedeva poco perché faceva la mondina nelle risaie, con la schiena curva e le mani nell’acqua per ore, e con il vecchio nonno Antonio, che lavorava al campo e governava la casa.»
Quando Federica Mancin parla di suo padre, terzino e riserva nell’anno dello scudetto (e poi titolare per cinque stagioni) lo fa con la voce che a tratti si incrina, per il magone, ma anche per l’orgoglio di chi ripercorre il filo coerente di un sentiero ben battuto, una vita dritta.

 

 

 

 


 

Foto_04_Eraldo Mancin in versione giocatore globetrotter in tutte le sue squadre , nel collage figurine Panini.


<<Il motivo per cui mio padre si descriveva in quel modo era che i Mancin erano davvero gente molto, molto povera» spiega. «È cresciuto in zone che, soprattutto negli anni Cinquanta, erano terre di zanzare, grilli e di lavoro nei campi. Siamo originari del Veneto, di Polesine Camerini, provincia di Rovigo, nel delta del Po, dove il fiume arriva al mare e la nebbia talvolta si taglia con il coltello. La casa di mio bisnonno Antonio, per giunta, a quei tempi era sperduta e isolata in mezzo ai sentieri delle campagne e difficile da raggiungere. Come il mondo del calcio sia riuscito a scovare il talento di Eraldo Mancin, in quei tempi e in quei luoghi, è una delle grandi curiosità della mia vita: arrivò un osservatore?

 

 

 

Foto_05_Eraldo Mancin in poster team Cagliari winner scudetto 1970 , con capitan Cera in versione floreale.


Un compagno di strada lo segnalò a qualcuno? Non ne ho idea perché nemmeno lui sapeva esattamente chi lo aveva tirato fuori dalla terra del nulla.
Sta di fatto che lui era nato nel 1945 a Porto Tolle, il centro più vicino a casa, e raccontava che, dopo aver iniziato a tirare i primi calci nel Contarina, una squadra locale, già a undici anni lo avevano chiamato dal Venezia, per andare a tesserarsi nelle giovanili. È la sua grande occasione, lui lo capisce subito, e tocca il cielo con un dito.»
Questa è una fase della biografia di Mancin che sembra quasi romanzesca.
Ricorda ancora Federica: «Mio padre era orgoglioso di un fatto che gli era accaduto proprio in quei primi anni. All’epoca il regolamento federale era molto severo sui limiti anagrafici: ma quando lui inizia a caratterizzarsi come difensore, e a tenere testa ai grandi con il fisico, lo chiama un dirigente del Venezia e gli dice che lo vogliono mettere in prima squadra, e che c’è solo un modo per farlo: “Ti dobbiamo dare un cartellino falso. Però mi raccomando: quando ti interrogano sulla tua data di nascita tu ricordati sempre di dire che sei un anno più grande. E non ti sbagliare mai!”.

 

 

 

 

Foto_06_Eraldo Mancin brinda scudetto Cagliari 1970 , negli spogliatoi con Gigi Riva.


<<Gioca i primi due anni così, in prima squadra, e diventa subito titolare. In quel periodo i neroverdi sono un club prestigioso che combatte a cavallo tra la Serie A e la Serie B. Nell’anno della grande alluvione del 1966 si verifica un rocambolesco evento premonitore. La Fiorentina riesce a ottenere il rinvio degli incontri che deve affrontare, mentre il Venezia deve giocare una partita di campionato proprio a Cagliari e non c’è verso di spostarla. Lo stesso viaggio fino alla Sardegna è un problema, con tappe in autobus per raggiungere un altro aeroporto, a Milano. Sta di fatto che la squadra riesce a raggiungere in modo rocambolesco l’Amsicora, gioca, perde quattro a zero con i rossoblù. Ma il pensiero di tutti, nello stadio, va a quella città sott’acqua. Cade qualsiasi campanilismo, si crea un momento magico, e finisce con il pubblico tutto in piedi che applaude gli sconfitti, per lunghi interminabili minuti. Una pagina di quelle che non andrebbero mai dimenticate.»

 

 

 

Foto_07_Eraldo Mancin nel Cagliari 1971 con tanto di scudetto sulla maglia e in scivolata vs Juventus.


Eraldo va a giocare un anno a Verona, poi torna a Venezia – e siamo proprio nel 1966-1967, quando gioca addirittura trentadue partite – e dopo, il grande salto. Giuseppe Chiappella, allenatore della Fiorentina, lo vuole nel club viola, che proprio in quel periodo vive una stagione d’oro. Eraldo viene acquistato, ci resta per due anni, partecipa alla lunga cavalcata che lo porta verso lo scudetto, vinto, come sappiamo, dopo un testa a testa mozzafiato con il Cagliari. Durante questo lungo viaggio Chiappella viene esonerato, e gli subentra Bruno Pesaola, detto «Petisso», ex bandiera del Napoli. Pesaola è un argentino passionale, di grande carattere ma talvolta anche permaloso. Ed è in un’intervista che Eraldo pronuncia la parola destinata a segnare la sua biografia, perché lo costringe a lasciare la maglia viola. Per anni questo episodio viene raccontato con pudore, ma anche con ambiguità. Si dice che Eraldo avesse commesso «un errore», ma quale?

 

 

 

 

Foto_08_Eraldo Mancin in team Cagliari vincente scudetto 1970, versione ‘figurina' Panini.


Lui stesso, interrogato in un bellissimo libro-intervista di Matteo Bordiga (L’isola dei giganti) parla di «un piccolo malinteso con il tecnico Pesaola, nato da una intervista».
E aggiunge: «Io che non sono un tipo dai troppi fronzoli e salamelecchi probabilmente sono uscito fuori dal seminato e le mie dichiarazioni non sono piaciute alla società».
È un eufemismo. Nell’anno del tricolore viola, Mancin era stato titolare inamovibile, aveva giocato ventinove partite su trenta e invece è l’unico dei vincitori che, con un provvedimento punitivo, viene ceduto, proprio all’ultimo giorno del calciomercato, e senza che nessuno gli dica nulla fino a che l’affare non è fatto. In teoria si tratta di uno scambio: Giuseppe Longoni, grande difensore, viene mandato a Firenze, e lui finisce in terra sarda. A rivelare come andarono le cose è proprio Federica, che dopo tanti anni si è fatta raccontare la verità dai compagni di spogliatoio viola: «In questa benedetta intervista papà aveva detto, con grande lealtà, di essere stato grato al mister che lo aveva portato a Firenze, e che parte del merito per lo scudetto era anche suo. Apriti cielo! Queste parole erano state lette in società come un tradimento di Pesaola, e lo avevano sbattuto fuori in quel modo».

 

 

 

 

Foto_09_La copertina del libro “Cuori Rossoblu” scritto da Luca Telese

 


Eraldo ci resta malissimo. Un’ombra di malinconia gli resta incollata addosso, e all’inizio compromette anche il suo umore. «Nei primi mesi non riuscivo a legare, ad ambientarmi» racconterà a casa. «Mi sentivo come in gabbia. Ero convinto che me ne sarei andato presto, invece ho scoperto allora come i sardi riescono ad affezionarsi a te e a proteggerti: ero convinto che sarei passato a Cagliari come una meteora, sono rimasto per cinque anni
bellissimi, e indimenticabili.» È di nuovo Federica, che parla. E che aggiunge: «Io sono la prova di questo rapporto con la città. Sono nata a Quartu, nella clinica del dottor Frongia, il medico della società. Mia madre si ricorda che dormiva in stanza con la moglie di Brugnera che aspettava anche lei il parto, negli stessi giorni. In fondo proprio io e mio fratello siamo la traccia di questo amore tra un papà orso e una regione di granito. Un amore solido e intenso: e io sono la traccia che è rimasta, anche nell’anagrafe».
E alla fine Federica regala l’ultimo lampo di memoria: «Alla fine della sua carriera papà aveva aperto un bar, dove ha lavorato con mia madre. Al muro, era il suo orgoglio, aveva tutte le sue foto da giocatore. Ma quando spesso qualcuno diceva: “Ehi, Serie A! Sei mica tu questo?”. E lui: “Ma figurati!
Non vedi che sono il fratello?”».

 

 

 

Foto_10_La pagina dedicata al libro di Luca Telese, "Cuori Rossoblu" , scritta da Sebastiano Vernazza e pubblicato sulla Gazzetta dello Sport  per celebrare i “50 anni dello scudetto” del Cagliari 1970.

 


EXTRATIME by SS/ Ringrazio innanzitutto Luca Telese ( perciò in cover con Eraldo Mancin ) brillante giornalista-scrittore e conduttore televisivo, per averci dato l’opportunità , attraverso il suo splendido libro, di ricordare un grande calciatore e amico del calcio. Un sincero e commosso grazie va soprattutto a Federica, la figlia di Eraldo, per il suo bellissimo racconto. Nessuno meglio di lei poteva farci riviverla carriera e i bei momenti del suo adorato papà Eraldo che resterà per sempre nei nostri cuori.
D’altra parte ricordo bene quando Eraldo Mancin, due volte Campione d’Italia in sequenza con la Fiorentina e col Cagliari, andai ad incontrarlo a Campalto (VE)  , prima a casa sua a due passi dalla chiesa e poi proprio nel suo bar, quello citato da sua figlia Federica.
Una storia speciale che ho raccontato nella mia trilogia “Polesine Gol – Campioni & Signori” e che pubblicherò prossimamente qui su www.polesinesport.it nella sua stesura completa e originale. Compreso l’aneddoto in cui Eraldo Mancin mi raccontò così il suo passaggio al Venezia: << Era d’estate, ero in campagna ad aiutare mio padre Aldo, a Polesine Camerini , quando arrivarono il ds Manni e Busidoni del Venezia…>> .

 

 

 

 

 

Foto_11_Eraldo Mancin in spiaggia al mare a Cagliari con sua figlia Federica, negli anni ’70.

 


Ma questa, ripeto,  è un’altra storia, che pubblicherò accompagnata da ricordi e aneddoti, frutto dei contatti avuti con amici e compagni di viaggio nel mondo del calcio, fra i quali il gentile Germano Bovolenta , il "Signore della Rosa" , che mi regala spesso idee e preziosi suggerimenti professionali.

Oltre che con Antonio Mancin , suo figlio che ha giocato anche nell’Adriese, e con papà Aldo Mancin, che ho incontrato a Porto Viro quando sono andato a consegnargli la copia del mio primo Libro “Polesine Gol” fresco di stampa.
Ma quel che conta oggi è ricordare che per la serie ‘Accadde Oggi’ , proprio giusto 50 anni fa, il Cagliari di Gigi Riva ha festeggiato in data 12 aprile 1970 il suo storico scudetto.

 

 

 

Foto_12_Federica Mancin, la figlia di Eraldo che ha raccontato papà uomo e calciatore.

 

 

E che tra i suoi protagonisti c’era proprio il nostro polesano Eraldo Mancin, così splendidamente raccontato da sua figlia Federica nel libro “Cuori Rossoblu” scritto dal giornalista Luca Telese, nato a Cagliari guarda caso solo 2 giorni prima di quella festa scudetto. Un libro dedicato in particolare a quei Campioni  che Luca Telese ha poi raccontato e citato subito sotto il titolo “Il Cagliari dello scudetto” , E cioè Luigi/Gigi Riva (Rombo di Tuono) , Giuseppe/Beppe Tomasini (Tomas) , Ricciotti Greatti (Riccio) , Comunardo Niccolai (Nicco/Agonia), Angelo Domenghini (Domingo) , Giulio Zignoli (il Pretino) , Eraldo Mancin , Claudio Olinto de Carvalho (Nené) , Sergio Gori (Bobo), Pierluigi Cera (Piero), Cesare Poli (Cece), Adriano Reginato (Regi) , Mario Martiradonna (Zoccolo), Mario Brugnera (Marietto), Corrado Nastasio , Enrico Albertosi (Ricky) , Manlio Scopigno (il Filosofo).

 

 

 

 

Foto_13_Luca Telese , il giornalista-.scrittore autore del libro “Cuori Rossoblu”

 


Ma ci piace anche ricordare che Luca Telese, oltre ad essere Giornalista per quotidiano La Verità, settimanale Panorama e quotidiano online The Post International, poi autore e conduttore televisivo (per La7 etc) e radiofonico , ha anche pubblicato molti saggi sulla storia politica recente del nostro Paese tra cui il long-seller Cuori neri (Sperling & Kupfer 2006). E con Marco Revelli ha firmato il libro-intervista Turbopopulismo (Solferino 2020).
Come ci piace ricordare questa sua significativa dedica che proprio Luca Telese, in apertura del suo libro “Cuori Rossoblu”,  propone subito in apertura del suo libro  :<< A Enrico Coni, mio cugino cinque anni più grande di me, che mi ha introdotto, da bambino, al culto dei Campioni."

Sergio Sottovia
www.polesinesport.it