Alluvione Polesine 1951 ‘vissuta’ da Francesco Zaia “macchinista” nella Idrovia Cà Giustinian + altre a Porto Viro/ Recuperò in barca i pesanti impianti elettrici poi ‘revisionati’ by Ditta Pellizzari; così le campagne furono prosciugate...


Ha fatto tre pericolosi viaggi in barca, Francesco Zaia, per recuperare e caricare pesanti impianti elettrici, danneggiati dalla forza disastrosa delle acque della Alluvione del 1951 arrivate alla ‘sua’ Idrovia di Cà Giustinian. Una scena definita apocalittica dallo stesso Zaia ‘macchinista principale’ di quella idrovia e collaboratore nelle altre esistenti in quel territorio corrispondente oggi a quello della Città di Porto Viro, nata nel 1996 per effetto di fusione tra i paesi Donada e Contarina.
D’altra parte, se ‘quelle terre’ sono tornate poi, da aprile 1952 ad essere prosciugate e quindi di nuovo fertili, è perché poi quei pesanti impianti elettrici ‘salvati dalle acque’ nelle centrali di Porto Viro sono state portate per la necessaria revisione alla Ditta Pellizzari di Arzignano.
Tutto questo ci racconta appunto Francesco Zaia in quella che è la nostra ultima tappa del nostro lungo viaggio insieme agli amarcord di vita ‘vissuta’ dai nostri precedenti studenti  evergreen della Università Popolare Polesana, direttamente in quei giorni della tragica Alluvione del Polesine 1951.

Della quale peraltro in questa occasioni voglio proporvi, come prologo a quanto raccontato da Zaia il ‘macchinista delle idrovie bassopolesane’, uno speciale focus dedicato alla ‘cronistoria’ del viaggio delle acque della Alluvione dalla Rotta di Occhiobello in tutto il Polesine e in particolare nel tratto da Adria verso il Mare Adriatico , perché il ricordo della sua cronologia resti nella memoria dei nostri Lettori oltre che in quella delle persone che quella Alluvione l’ha veramente vissuta tragicamente giorno per giorno.

Rimandando ad un prossimo futuro anche uno speciale focus sulla “Ricostruzione del Polesine “ partendo dai “Dati tragici” di quella Alluvione del PO , che da quel novembre 1951 ha travolto la rinascita del territorio, accentuato altresì da quel calo demografico che ha visto tanti polesani andare a cercare lavoro  da… emigranti in Italia e nel Mondo, sperando tanto di poter tornare.

 

 

 

 


ANTEPRIMA STORY ( by Numero Unico, Pro Loco di Adria, 2001. Direttore il sindaco Gino Sandro Spinello) / CRONACA DELLA PIENA / “CRONOLOGIA” DEL VIGGIO DELLE ACQUE DELLA ALLUVIONE DEL POLESINE 1951: DA ADRIA… VERSO I PAESI DEL DELTA PO
(Comitato di Redazione era composto da Luigi Stefani, Giosué Paggioro, Carlo Grandi; tutti conosciuti direttamente dal sottoscritto che all’epoca lavorava ad Adria)
GIOVEDI 8 e VENERDI 9 NOVEMBRE 1951/ Precipitazioni sparse, intense e continue sui quasi tutta l’Italia settentrionale. Gravi danne in molte località, numerose vittime nel comasco.

SABATO 10 NOVEMBRE/ Allagamenti in tutta la Lombardia a causa del maltempo. Varie zone sono inondate e le frane continuano a provocare crolli. Inizia l’allarme nella provincia di Rovigo dove il PO supera il segnale di guardia.

DOMENICA 11 NOVEMBRE / Vittime del maltempo nel vercellese. La massa d’acqua arriva al PO: prime preoccupazioni per il Polesine. Il mare non riceve le acque del grande fiume che crescono di circa 3 cm. L’ora.

 

 

 

LUNEDI 12 NOVEMBRE / Intense piogge interessano tutto il Nord d’Italia. Allagamenti e straripamenti si segnalano nel milanese, nel vercellese, nel mantovano mentre a Venezia il livello d’alta marea supera ogni precedente. L’isola di Polesine Camerini viene interamente allagata e circa 3.000 persone sono costrette a sfollare. Alle 16.00 il fiume raggiunge a Pontelagoscuro il livello di 3,10 metri e cominciano a moltiplicarsi i fontanazzi, le infiltrazioni e le tracimazioni.

MARTEDI 13 NOVEMBRE / Continua a piovere in gran parte del nord e il mare non riceve in presenza di una forte mareggiata. Allagamenti si registrano nel mantovano per le rotte a Ghiande di Brescello e a Saline di Viadana. Alle ore 20, a Pontelagoscuro, si registra l’afflusso della massa d’acqua prevista in arrivo. A quell’ora, un argine di golena, a S. Maria Maddalena, cede. Intanto a Occhiobello si lavora per dare la “laga” (= arare l’argine per innalzare il livello stradale) sull’argine.

 

 

 

MERCOLEDI 14 NOVEMBRE/ Ormai la situazione si presenta drammatica; il fiume continua a crescere e i militari insieme a tutta la popolazione, cercano di contenere con sacchetti di terra le tracimazioni e i fontanazzi mentre le sommità degli argini si sgretolano per l’azione della piena. Alle 5.00 rompe l’argine del torrente Crostolo ( NDR, di cui vi abbiamo già dato conto in modo specifico qui su www.polesinesport.it) , affluente del PO, a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia; alle 7,30 rompe l’argine di chiavica Bigone e alle 14,30 l’argine si rompe a Mezzano Rondani, con una breccia di circa 240 m; alle 20,45 nuovi varchi a Bosco e Malcantone di Occhiobello per complessivi 516 m. di argine distrutto. Cominciano a riversarsi nel Polesine circa mezzo milione di mc/sec allagando in poche ore circa 40.000 ettari. L’acqua prende due direzioni: verso Fiesso-Pincara e Frassinelle-Polesella.
Si pensa che gli argini di Fossa Polesella rappresentino uno sbarramento per trattenere le acque il tempo necessario per sgomberare il territorio a levante di questa barriera.

 

 

 

GIOVEDI 15 NOVEMBRE / Le cose però vanno diversamente: alle ore 12.00 l’acqua si riversa nel Canalbianco, che verso sera cede in tre punti, ad Arquà Polesine, a Villamarzana e a Sant’Apollinare, e si dirige verso Rovigo.
A questo punto il Genio Civile, vinta l’opposizione delle popolazioni di Bosaro e Polesella, inizia a tagliare gli argini di Fossa Polesella.
L’invasione del territorio si allarga e l’acqua da un lato minaccia il capoluogo, dall’altro si dirige rapidamente verso Adria.
Il Consiglio dei Ministri, valutata la gravità della situazione, stanzia , oltre alle provvidenze ordinarie, 4 miliardi di lire per gli aiuti alle popolazioni; altri 8 vengono destinati alla ricostruzione di opere pubbliche. Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi rivolge un messaggio via radio ai cittadini polesani.

 

 

 

Alle 3.00 un automezzo carico di sfollati, in gran parte donne, bambini ed anziani, viene circondato e bloccato dalle acque a Frassinelle. Il camion era partito da Rovigo, con a bordo 4 persone, allo scopo di portare soccorso e viveri ai paesi più colpiti e di trasportare a Rovigo donne, anziani e bambini.
Si dirige verso Fiesso Umbertiano; arrivato in località “l Ceffa” di Frassinelle lo sorprende una gran massa d’acqua e quindi uno degli uomini gira il camion per ritornare a Rovigo.
Ma in quel momento il camion viene preso d’assalto da molte persone che si trovano n un caseggiato isolato sperano, in qualche modo, di mettersi in salvo.
Dopo pochi metri il mezzo è costretto a fermarsi perché l’acqua era troppo alta. A poco a poco l’acqua cresce: nel “camion della morte” annegano 84 persone.

 

 

 

VENERDI 16 NOVEMBRE / Alle 12,40 arriva alla stazione del capoluogo il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi accompagnato dalla moglie, dal Ministro dell’Agricoltura On. Fanfani, dai Senatori Umberto Merlin, Romolo Saggioro e Lina Merlin. Alle ore 17.00 arriva l’ordine di abbandonare il capoluogo, la periferia sud è allagata. I soccorsi sono rallentati da una fittissima nebbia.
L’acqua avanza verso Adria. Alle 23 l’acqua è a 300 metri da Adria; a mezzanotte giunge a Rovigo.
SABATO 17 NOVEMBRE/ Adria viene completamente sommersa e la popolazione rimane isolata. L’Adigetto continua a resistere.
DOMENICA 18 DICEMBRE/ L’acqua investe Cavarzere. Inizia lo sfollamento degli abitanti i Adria. Arriva il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi; il PO decresce; in pericolo è Rovigo.

 

 

 

LUNEDI 19 NOVEMBRE/ A Occhiobello n barcone carico di alluvionati si rovescia: 3 bambini muoiono annegati.
Le acque raggiungono il cordone dunoso di Contarina e Rosolina che le respinge.
Il Ceresolo, a causa del ritorno delle acque, ingrossa e inverte la corrente, minacciando di inondare Rovigo.
MARTEDI 20 NOVEMBRE / Vengono tagliati gli argini del Ceresolo per salvare Rovigo.
MERCOLEDI 21 NOVEMBRE / Incombe una nuova ondata di piena che il PO sta convogliando da monte a causa  delle abbondante piogge. Il deflusso a mare è impedito da un forte vento di scirocco.
GIOVEDI 22 NOVEMBRE / La nuova ondata di piena è in via di attenuazione.

 

 

 


UNA STORIA DELL’ALLUVIONE DEL ’51 ( di Francesco Zaia, Porto Viro ) / CRONACA DA “MACCHINISTA” DEL CONSORZIO BONIFICA POLESANA, NELLA IDROVIA DI CA’ GIUSTINIAN E ALTRE A TUTELA DEL TERRITORIO … OGGI CORRISPONDENTE A PORTO VIRO
Sono il cav. Francesco Zaia di anni 82 ( classe 1921). Reduce di guerra 1940-45 Albania – Grecia-Jugoslavia.
Presidente Combattenti e Reduci ( Terribile fronte Balcanico) e anche reduce di ben 4 alluvioni, che hanno invaso la fertile campagna di Porto Viro.
01 ) 1944-45 rottura da parte dei tedeschi degli argini del collettore come difesa di guerra, allagando le terre di “Cà Pisani – CA’ MEA – Cà Giustinian e Villareggia per 6/7 mesi.
02 ) La devastante e micidiale alluvione del PO ( il 14/11/1951). L’acqua arrivò nel nostro paese il 14 novembre e le campagne furono prosciugate alla fine di maggio 1952, quindi all’incirca dopo 7 mesi.
 03) Rottura del Collettore Padano ( mesi 4);
04) Cedimento dell’argine di Valle Morto ( sette giorni di acqua salata).

 

 

 

Ho ancora nella mia mente (  sempre lo ricorderò) la devastante e rovinosa alluvione del 1951. In quel tempo ero macchinista principale presso il Consorzio Bonifica Polesana, Idro di Cà Giustinian e collaboratore della idrovia di Chiavichetta – Sadocca – Vallesina e Cavana, cioè tutte Idrovie che hanno l’insostituibile compito di prosciugare le campagne del Comune di Porto Viro.
Le idrovie sono grossi complessi idraulici che hanno la delicata e importante funzione di prosciugare dall’acqua le nostre terre. Essendo i nostri terreni sotto il livello del mare, senza il loro pronto e delicato intervento i nostri Paesi sarebbero una grande laguna o palude.

 

 

 

Con l’alluvione del Po,, l’acqua arrivò ad un’altezza di mt. 4.  A causa del “Bradisismo” i nostri terreni si sono abbassati di oltre mt 3,40.
Pertanto un altro “cataclisma” porterebbe l’acqua ad una altezza attorno agli 8 mt, creando un immenso e pauroso lago, dalle incredibili conseguenze.
Speriamo e auguriamoci che questo evento non avvenga più…
L’idrovia di Cà Giustinian si trova nel punto più basso di tutto il territorio di bonifica.
La rottura degli argini del Po avvenne il 14 novembre 1951, e l’acqua con la forza e la violenza di una cascata arrivò sino all’idrovia la mattina alle 6,30 del giorno 17 novembre .

 

 

 

 Eravamo rimasti sul luogo io ed il mio aiutante Antonio Donà. Il Consorzio ci aveva fornito una grossa barca. Tutti erano partiti per mettersi in salvo da quell’enorme quantità d’acqua che il Po ci stava portando … con distruzione e desolazione.
Mentre l’acqua saliva a vista d’occhio, io e il mio amico, avevamo deciso di rimanere, per vedere e controllare ciò che la potenza dell’acqua stava facendo. Dalla casa di abitazione siamo saliti al piano superiore, legando la barca ad un …balcone.
Nel frattempo la luce non c’era più. Come scorta avevamo in dotazione dei lumi a petrolio. Verso le due di notte fummo sobbalzati da paurosi boati ( …sembravano bombe). Siamo rimasti con gli occhi sbarrati e con tanto sgomento, sino all’alba.

 

 

 

Saliti a vedere cosa era successo, è stata una visione apocalittica! All’interno vi era un’incredibile visione di rovine. I due serbatoi nella nafta pesante, dalla capacità di 400 q.li erano stati sollevati dalla potenza dell’acqua e schiacciati contro i muri invadendo in un mare di fango e nafta tutti i macchinari ( sei motori elettrici – tre motori Diesel – quattro trasformatori – sei riduttori… e tutto il resto dei macchinari.
Di fronte a uno scenario di tanta e devastante distruzione, dopo un po' di tempo, io ed il mio amico abbiamo esclamato con infinita tristezza… “C’era una volta l’Idrovia di Cà Giustinian!!! “.

 

 

 

Invece dando una forte dimostrazione di attaccamento al nostro lavoro e spinti da una grande volontà, dopo quattro mesi di impegno incredibile e sovraumano, siamo riusciti a smontare tutti i macchinari, fare una attenta e premurosa manutenzione e renderli efficienti e utili come prima.
E’ stato un lavoro massacrante.
Io e il mio amico Donà guardavamo sconsolati e pieni di perplessità come era stato ridotto l’interno dell’Idrovia e tutto il resto attorno ad essa dove tutto era distruzione e rovina.

 

 

 

All’improvviso si levò un forte vento e con esso delle pericolose onde; girando lo sguardo, con sorpresa vedemmo venire verso di noi, sei grossi pagliai, spinti dal vento; sembrava un grosso convoglio di navi e tutto intorno una quantità enorme di suppellettili, credenze, vetrine, tavoli, sedie, armadi e bestiame e tutto attorno decine di bombole di metano, le quali davano l’impressione di essere tanti siluri.
In fretta e con paura, con la barca ci allontanammo mettendoci al sicuro. Infatti dopo mezz’ora l’immaginario convoglio, con violenza, si infranse distruggendosi contro le grosse mura della Idrovora. Se avesse sbattuto contro una casa l’avrebbe senz’altro abbattuta e sgretolata.

 

 

 

Con tanta tristezza, guardando le desolanti scene di distruzione e rovine, con cautela ce ne andammo via, con la viva speranza nel nostro intimo, di riuscire a fare qualcosa di utile e importante di fronte a tali scenari apocalittici. E così è avvenuto dopo sei mesi di duro e costante lavoro; i più fertili terreni d’Italia hanno ripreso a dare all’uomo i loro tesori pe la sua vita.
Pertanto desidero raccontare nella mia semplicità, ma verità, i fatti che sono veramente succeduti durante il periodo di preparazione al funzionamento dell’Idrovia.
Io e il mio amico, eravamo sfollati presso dei parenti, che erano mezzadri nella tenuta di Cà Vendramin. Avevano la barca ancora presso la centrale del metano S.A.M.E.A. e per recarci presso l’idrovia dovevamo fare 6,5 km al giorno.

 

 

 

A metà gennaio 1952, mentre stavamo recandoci al lavoro, all’improvviso non siamo più riusciti a remare.
Una quantità enorme di pesce, e cioè tutto quello delle sette valli che erano state invase dalle acque, era riuscito ed era venuto a svernare presso i pozzi del metano e cioè nei pressi dell’acqua tiepida che usciva dai pozzi della centrale S.A.M:E:A. .
Vi erano centinaia di quintali di pesce pregiato. Siamo andati ad avvisare alcuni amici pescatori i quali subito accorsi, hanno fatto delle pescate memorabili, guadagnando dei bei soldini… e sistemando per bene il bilancio familiare… E’ stata una buona azione.
Ed ora cercherò di raccontare il fatto successo con il trasporto dei motori elettrici, da caricare in barca per mandarli alla “revisione” presso la fabbrica di Pellizzari di Arzignano ( VI)..

 

 

 

Per ogni viaggio caricavamo nella barca dei grossi motori elettrici del peso ciascuno di 6 quintali. Era una dura impresa; non solo caricarli e scaricarli, ma fare il tragitto in acqua, non essendo tanto pratici nel manovrare la barca.
Però al 3° viaggio, eravamo in febbraio ’52, verso le 14,30, in una giornata di sole all’improvviso fummo invasi in una fittissima nebbi. Eravamo solo a metà del percorso per scaricare i motori, credevamo di arrivare in tempo prima del buio, invece purtroppo abbiamo perso la rotta giusta.
Sopraggiunse la sera e la notte e noi remavamo la barca all’incognito. Quando ormai la paura stava per avere il sopravvento, alle 2,30 di notte ci trovammo dentro una stalla abbandonata e fu una sola esclamazione di gioia “Siamo salvi!!! “, eravamo in quattro.

 

 

 

Purtroppo con la fitta nebbia invece di andare a avanti avevamo fatto due km indietro, dando tanto lavoro.
Nei primi giorni di aprile furono messe in funzione le idrovie e dopo quasi due mesi di continuo funzionamento riuscirono ad asciugare le nostre fertili campagne da quell’enorme massa d’acqua, dalla quale erano state sommerse.
L’ultimo giorno l’Ing. Direttore assieme ad altri tecnici ispezionò l’Idrovia. MI chiamò e alla presenza di tutti, con spontaneo slancio ed una certa commozione mi abbracciò ed a voce alta disse: “ Bravo Zaia , ora puoi fermare le macchine ,( il miracolo è stato fatto) , merito della tua costanza, al tuo forte sacrificio e alle tue capacità, assieme ai tuoi aiutanti”.
Ora le nostre fertili terre potranno ritornare a dare il loro preziosi frutti per il bene di tutti noi.

 

 

 

 

EXTRATIME by SS/ In cover onoriamo la ‘prima pagina’ del libretto by Università Popolare Polesana, come atto di omaggio a chi ha voluto ricordare , a imperitura memori, quella tragica “Alluvione Polesine 1951” grazie ai racconti di chi quella tragedia l’ha vissuta direttamente.
Quindi nella fotogallery di questa ultima nostra puntata, vogliamo partire dal luogo della “Rotta” perché lì è purtroppo nata l’origine di tanti mali socio-economici di quel ( e di questo) Polesine , appunto partendo dalla Rotta di Malcantone- Occhiobello, e poi con quelle immagini delle acque che hanno invaso il Polesine.
Vedi in sequenza ancora la Rotta di Occhiobello con la gente rimasta sul fiume tra due ‘tronconi’ di argini e poi con l’uom in barca che porta i soccorsi come quell’elicottero che si nota in foto.
A seguire le immagini dell’acqua che da Occhiobello arriva a Garofolo di Canaro ( ecco la macchina riparatasi sull’argine) , poi l’esondazione e la devastazione della acque oltre gli argini tagliati della Fossa di Polesella, mentre nella foto che vede sullo sfondo il panorama della Città di Rovigo, c’è tutta la vastità delle campagne polesane alluvionate.
Con conseguenti paure in tutti i paesi poi allagati, dove i soccorsi ( vedi immagine del camion coi militari) hanno dovuto portare in salvo sia le persone che gli animali, tanti dei quali purtroppo sono morti.

 

 

 

 

A questo punto, visto la location bassopolesana di questa nostra ultima puntata raccontata da Francesco Zaia ” meccanico idraulico alle idrovie”, partiamo proponendovi due eloquenti immagini della situazione delle acque ad Adria ( vedi Canalbianco esondato con sfondo Casa Riposo e vedi una fase dei soccorsi in barca con in camice bianco anche un medico).
E dopo la ‘scheda’ demografica ‘ in kit dedicata ai Comuni di Cavarzere e Rosolina coi rispettivi dati eloquenti del grande ‘calo’ degli abitanti, vi proponiamo la piazza centrale di Cavarzere allagata.
Quindi ancora in kit le altrettanto significative ‘schede demografiche’ dei Comuni di Loreo e Porto Tolle.
E dopo la cartina geografica con la Mappa delle Idrovie / Idrovore operativo nel Delta del PO e sul Canale di Loreo, ve le proponiamo ( vedi Idrovora di Cà Ceola e idrovora di Punta Stramazzo ) in sequenza e in azione mentre stanno liberando il Basso Polesine dalle acque dell’Alluvione.

 

 

 

 

 

Di cui presentiamo ancora un ‘salvataggio ‘ di persone rifugiatesi al primo piano delle case di Loreo , oltre ai lavori di salvaguardia degli argini del PO effettuati sul lungo PO , come in foto con sullo sfondo Taglio di PO, giusto per favorire un seppur provvisorio passaggio delle macchine.
Per una rinascita che lo Stato Italiano ha affidato con tempestività al “Commissario della Alluvione “ Giuseppe Brusasca, che vediamo operativo nell’ultimo nostra foto e sugli argini di Donada, con sullo sfondo le case distrutte dalle acque, a testimonianza diretta di quella immane tragedia causata dalla Alluvione del PO nel novembre 1951 , così lontana nel tempo ma che dovrebbe insegnare all’Uomo quanto sia sempre importante il rispetto della natura e dell’ambiente ecosostenibile.

 

Sergio Sottovia
www.polesinesport.it