Alluvione Polesine 1951 ‘vissuta’ da Pasqualina Pilotto tra Bellombra, Baricetta, Papozze/ Storia di una famiglia (21 persone) salva all’Idrovora, poi sfollata tra Bassano, Pisa, Biella; tra animali morti e …nuova vita sul Ferrarese


Dopo aver viaggiato sulle strade, anzi sulle acque, dell’Alluvione datata novembre 1951 vissuta nell’Alto e nel Medio Polesine e raccontata dai nostri studenti evergreen della Università Popolare Polesana, adesso passiamo a proporvi alcune testimonianze tra Adria e Bassopolesine.
Così partiamo da Pasqualina Pilotto, che quella tragica esperienza l’ha vissuta da piccola in una famiglia di ben 21 persone tra Bellombra e dintorni adriesi, e che ci racconta un dramma continuato anche da sfollati ( fino a marzo 1952)  in tour in diverse città italiane, da Bassano del Grappa a Pisa, da Biella a ...casa Polesine, purtroppo abbandonato presto per andare ad abitare sul Ferrarese per vivere una vita migliore.
Un andare in posti diversi, un ritrovarsi con i familiari che ha caratterizzato il dramma della Famiglia Pilotto , con tanti ricordi amari, come la paura dell’acqua che ha invaso le loro case , con gli animali morti e abbandonati, col pianto del Nonno per non averli lasciati portare via a Papozze, dove quegli animali si sarebbero salvati.

Un’altra tappa prototipo che vale la pena di raccontare, quasi come ‘porta’ verso quel Delta Po che poi vi racconteremmo ‘alluvionato’ con testimonianze sia da Corbola che da Taglio di Po e da Porto Viro , anzi da Contarina e da Donada perché allora i due paesi erano ancora separati.
Perciò, eccovi tout court il racconto ‘vissuto’ da Pasqualina Pilotto, rimandandovi in calce al nostro tradizionale Extratime, per ulteriori commenti agganciati alla fotogallery di una Alluvione tra Adria & Dintorni.

 

 

 

UNA STORIA DELL’ALLUVIONE DEL ’51 (di Pasqualina Pilotto, da Bellombra di Adria, testimonianza pubblicata su “Polesine 1951” by Università Popolare Polesane nel 2002) /
CRONACA “VISSUTA” TRA BELLOMBRA, BARICETTA, PAPOZZE…. E DA SFOLLATI TRA BASSANO DEL GRAPPA E PISA/ POI “RITORNO A CASA “ A MARZO 1952, MA POI LA FAMIGLIA DEVE ABBANDONARE IL “POVERO” POLESINE E SI TRASFERISCE NEL FERRARESE
Era il 16 novembre quella mattina in cui i miei cugini, più giovane di me, si misero a gridare: ”Arriva l’acqua”.
 Come se, per loro, fosse una cosa bella; purtroppo non è stato così. In lontananza si sentiva il fruscio dell’acqua e poi una grande onda, che sembrava il mare, avanzò verso di noi. A questo spettacolo non eravamo preparati., perciò ci colse un pò di sorpresa, anche perché si sentiva dire che ne sarebbe arrivata tanta di meno di quella che realmente c’inondò.

 

 

 

La nostra famiglia era composta da 21 persone; a quei tempi le famiglie erano tutte più numerose di adesso, ma eravamo tanto uniti, si stava bene. C’era il capofamiglia, che era il nonno con la moglie, quattro figli con rispettiva prole e consorte. Abitavamo in una casa grande, vicino alla strada che porta a Bellombra; poco lontano c’era l’idrovora e lì la strada era in salita, tanto da far credere al nonno che in quel luogo avremmo salvato tutto il nostro capitale.

 

 

 

Il giorno prima tutti gli uomini della famiglia avevano lavorato per portare il bestiame vicino all’idrovora: erano 60 capi di bovini, tre cavalli, uno alle stanghe di un carro contenente i maiali, un altro sotto un secondo su cui stava una scrofa gravida che a giorni doveva fare i maialini.
Mentre stavamo a guardare lo spettacolo di quest’onda che avanzava con prepotenza, non si sapeva né cosa dire né cosa fare per poter mettere al riparo tante cose; io andai fino a casa a prendere un po' di cibo per gli zii, che stavano là col bestiame.

 

 

 

Nel ritorno mi sono trovata in difficoltà perché la mia casa era già tutta invasa dall’acqua, così dovetti rimanere sulla strada, perché in corte nostra si era ammucchiata tanta di quella roba da non poter neanche andare avanti.
 Nel frattempo chiesi aiuto a mio padre e mio cugino, che mi dissero di stare sulla strada e che sarebbero venuti loro a prendermi. Con dei legni avevano costruito una zattera; un po' alla volta, dopo vari tentativi, riuscirono ad arrivare quasi vicino al cancello.

 

 

 

Intanto l’acqua era già arrivata sulla strada, dove mi trovavo io; per andare a raggiungere mio padre e mio cugino dovetti andare a bagno fino al collo in quell’acqua molto fredda. Quando raggiunsi il balcone dal quale mia madre mi chiamava ero completamente gelata; era infatti estremamente difficile andare avanti fra i rottami che mi circondavano ed io procedevo molto lentamente.
Quel giorno era il compleanno di mia madre e poco ci mancò che perdesse sua figlia.

 

 

 

Man mano che il tempo passava la situazione si faceva sempre più grave: dal balcone vedevamo il livello crescere sempre di più. Da lontano si scorgeva il bestiame che cominciava ad andare a fondo, si lamentava disperatamente e non potevamo far niente. Non c’era telefono e qualsiasi comunicazione era impossibile. E’ stata una cosa terribile, che mi è rimasta impressa per molto tempo.

 

 

 

I miei zii ed il nonno, che si trovavano accanto agli animali, si rifugiarono dentro l’idrovora, dove con una scaletta salirono sul tetto e lì rimasero tutta la notte. Non avevano niente per coprirsi, così furono costretti a restarsene a ciel sereno al freddo di novembre. Solo al mattino il capo dell’Idrovora, che aveva una barchetta, riuscì piano piano, uno alla volta a portarli in casa sua.

 

 

 

Così si riscaldarono e furono ospitati per due giorni, finché alcuni militari con dei grandi barconi li portarono sul ponte di Baricetta, vicino al quale c’era una grande barca, che si trovava lì per le pulizie del Canabianco, che li ospitò per due giorni.
Quanto a noi, mamma, papà e cugini, la situazione era peggiorata; l’acqua aveva invaso il piano superiore della nostra casa, quindi lì non si poteva più rimanere.

 

 

 

Intanto mio padre e mio cugino avevano teso una grossa corda dalla casa al fienile: in caso di bisogno avremmo potuto trasferirci là.
Fu così che caricammo sulla zattera un po' di viveri e ci trasferimmo sul fienile, che distava da casa circa 10 metri. Essendo più alto della casa ci sentivamo più sicuri, inoltre in mezzo al fieno si stava più caldi.
 Aspettavamo che qualcuno venisse in nostro aiuto, ma non si vedeva nessuno, solo una fitta nebbia che lasciava una visibilità di pochi metri.

 

 

 

Mio cugino pensò bene di far qualcosa per far sentire la nostra presenza e si mise a sparare, qualche colpo ogni tanto. Solo il terzo giorno, da quando eravamo lì, sentimmo il rombo di una barca a motore. Cominciammo a chiamare, a gridare, a urlare finché si sono accorti di noi, ci hanno visti, ci hanno portati sul ponte di Baricetta, dove abbiamo ritrovato gli altri membri della famiglia. Ci siamo abbracciati piangendo. Poi siamo andati via. Passando vicino al luogo dove avevamo portato il bestiame siamo rimasti molto male nel vedere tutti i nostri bovini che galleggiavano, alcuni erano ancora legati, ma ormai erano morti tutti. Giunti all’asciutto la famiglia si divise.

 

 

 

Chi aveva parenti a Milano andò da questi, altri li avevano a Biella e si rifugiarono presso di loro. Io, mamma, papà e mio fratello finimmo a Bassano del Grappa, i nonni si fermarono a Papozze, in una zona dove l’acqua non c’era, a casa di una figlia. I bambini più piccoli erano stati mandati in una colonia, prima che arrivasse l’acqua e con loro c’era anche una mia sorellina della quale non avevamo notizie, né sapevamo dove fosse finita.
Arrivati presso gli zii di Bassano, ascoltavamo sempre le notizie della radio circa la destinazione dei bambini, ma di mia sorella nessuna notizia.

 

 

 

Finalmente, dopo 10 giorni di attesa, la mia mamma ha sentito che facevano l’appello egli alluvionati del nostro paese. Ad un certo puntò udì il nome di mia sorella. Potete immaginare la gioia! Quel giorno stesso partì per Pisa per andare a prenderla. A quei tempi non si viaggiava di frequente, ma lei chiedendo di qua e di là, a questo e a quello, riuscì a trovarla e la portò dove eravamo tutti noi. Passarono così 5 mesi, la nostra zona era una delle più basse e l’acqua vi rimase fino a marzo. Ricordo quando tornai a casa. Mi misi a piangere! C’era tanto di quel lavoro d fare! In tutto quel tempo la casa si era riempita di fango; ci sono voluti tre giorni solo per spalare via quello. E poi c’era tutto quello che s‘era fermato nella corte.
Non sembrava più la nostra casa!

 

 

 

La famiglia non fu più felice come prima: non avevamo più nulla da mangiare né soldi per comprarne.
Il nonno si ammalò gravemente e, di quanto era successo, se ne faceva una colpa, perché, secondo lui, il bestiame potevamo salvarlo. Infatti, pochi giorni prima che arrivasse l’acqua, alcuni zii di Papozze erano venuti col camion per caricare il bestiame, per portarlo lontano, ma il nonno non aveva voluto. Si era messo davanti agli automezzi, convinto di quel che faceva, e aveva detto che se volevano portar via le bestie dovevano passare sul suo cadavere, perché la sua famiglia e quanto possedeva dovevano restare dov’erano. Purtroppo non andò così. Il nonno morì, con la sua angosci d’aver rovinato la famiglia, dopo sei mesi.
Tornarono a casa tutti i parenti. Cambiammo persino regione, andando ad abitare nel Ferrarese ed anche le nostre abitudini furono profondamente mutate.

 

 

 

EXTRATIME by SS/ In cover un significativo salvataggio con la barca avvenuto a Papozze.
Quindi nella prima parte della fotogallery partiamo da due flash logistici tra Rovigo & Dintorni ( vedi centrale elettrica e vedi ponte con ferrovia disastrata) , quindi la piazza di Gavello con facciata della chiesa ( vista frontale) e poi di Villanova Marchesana ( vista laterale , dall’argine del PO).

 

 

 

 

A questo punto dopo la certificazione giornalistica dell’Alluvione in Polesine, vi proponiamo una serie di immagini tra Adria & Dintorni, con attenzione alle frazioni della città etrusco con relative Schede demografiche e Lettere particolari di quei giorni.

 

 

 

 

Giusto per concludere con una emblematica immagine di ulteriore salvataggio in barca ad Adria, prima della ulteriore certificazione giornalistica relativa ai 30/mila isolati da salvare.

A conferma di un evento tragico che ha sollecitato l’attenzione e la solidarietà internazionale.

 


Sergio Sottovia
www.polesinesport.it