Altopolesine tra Civiltà, Tradizioni, Habitat: fotografato by Sprocatti e spiegato by Rizzi/ Pesca e alimentazione, tra Po e Canalbianco, quando a San Pietro Polesine la RANA dei ‘fossi’ era la ‘carne dei poveri’


Vedere le fotografie di Germano Sprocatti è come vedere un …mondo sottostante, tanto più che ci pensa Franco Rizzi a spiegarne le relative connessioni storiche con l’habitat di riferimento.
E allora ecco che come ‘perle di un rosario’ dedicato all’ambiente dal fotografo naturalista Germano Sprocatti, non a caso delegato LIPU per l’Altopolesine, ve le proponiamo in sequenza in questa rubrica “Memoria & Futuro” , partendo con questo primo reportage sulla “pesca delle rane” perché nei fossi attorno a San Pietro Polesine era praticamnete la “carne del poveri”.

MAIN NEWS ( di Franco Rizzi, mail 28.03.2021)/ SAN PIETRO POLESINE: LA RANA, LA “CARNE DEI POVERI”…QUANDO SI PESCAVA NEI “FOSSI” DELL’ALTOPOLESINE
Il fotografo naturalista Germano Sprocatti conosce bene San Pietro Polesine, l'unica frazione sampietrese dei due campanili, "un paese che ai primi del '900 raggiunse addirittura i 2.000 abitanti in un fiorire socio-economico di matrice rurale in virtù delle ultime terre bonificate: adesso siamo a soli 600. Un'economia basata su un'agricoltura florida in cui convivevano agrari, fittavoli e braccianti. Una civiltà contadina - osserva convinto - ormai scomparsa, basata allora su usi, costumi, relazioni, mentalità collettiva, dialetto peculiari, che sopravvivono ormai in pochi anziani, una generazione che si sta silenziosamente estinguendo nell'accelerazione del Covid-19. Alterato pure irrimediabilmente pure l'ecosistema contadino fatto di siepi vive, alberi, fauna terrestre e anfibia, maceri, lucciole, rondini, pipistrelli, cavdàgne, mestieri manuali, caccia, acqua, cieli limpidi, nevicate, il tutto ritmato ancestralmente dal tempo circolare".

 

Un ambiente naturale immortalato del regista da Oscar Bernardo Bertolucci nella saga filmica Novecento, una sensibilità ecologica istintiva, in cui l'uomo rispettava la natura circostante. Fiumi, canali consortili, fossi, maceri, ricchi sempre di acqua corrente autodepurante dove le lavandare, come ci narra l'omonima celeberrima poesia pascoliana, facevano il bucato nel trionfo vegetale e animale. "Il lavoro dei campi era faticoso, si sudava da marzo ad ottobre e si soffriva la sete. Ecco allora un attimo di riposo, andare nei fossi con fiaschi e bottiglie a riempirli d'acqua pura e dissetarsi. Pascoli certo, il poeta delle piccole cose, il figlio della terra che in Myricae ha mirabilmente esaltato la vita dei campi. Ciò sino al 1960 circa quando trionfò il boom economico".
La pesca come risorsa alimentare (FOTO ALLEGATA DI GERMANO SPROCATTI). Canalbianco, Po, canali irrigui, fossi, maceri ricchi di pinnuti: carpa reale, carpa a specchio, pescegatto, branzino, tinca, luccio, storione, gambero ...!!! Di tutto, di più, si pescava in ogni dove. Certi fossi privati venivano allargati e trasformati in cave ittiche, rifornendo settimanalmente la tavola, specie il venerdì quando si mangiava di magro. La rana, diffusissima era la carne dei poveri. La si pescava nottetempo con un barchino leggero detto saltafossi, in quanto lo si spostava di fosso in fosso. Un paio di pescatori con la lampàra, o lampada, una fiocina, un sacco, un palo (detto trolìna o nigòssa) e gli animaletti venivano infilzati e insaccati. la pesca delle rane era effettuata specialmente dai ranàr, gente assai povera che, per mestiere, catturava questi prelibati anfibi e li rivendeva a ristoranti o sui mercati.

 


EXTRATIME by SS/ In cover e nella fotogallery tre immagini emblematiche della “Pesca delle Rane” nei fossi dell’Altopolesine.

Col "Ranar" protagonista sulla sua piccola barca 'saltafossi'.

 


Franco Rizzi & Sergio Sottovia
www.polesinesport.it