Dalla Alluvione del 1951 (reportage by Egisto Corradi/Corriere della Sera) a “La riscossa silenziosa del Polesine”(inchiesta 2008, by Paolo Bricco/Il Sole-24 Ore). Focus sulla ‘rinascita di un angolo dimenticato del Nord”


Visto la denominazione del sito? PolesineSport non ha niente di ‘aggettivo’: tutto è sostantivo. Dal POLESINE allo SPORT. E se la tripla w è premessa mondiale, poi il suffisso it vale per Italia. Mettiamoci che da 18 anni a questa parte il sottoscritto fa la raccolta delle annuali edizioni by QN Il Resto del Carlino per quanto riguarda le “TOP AZIENDE” delle province di Ferrara-Rovigo.
E allora potrei quantomeno proporvi un diagramma ‘statistico’ della evoluzione economica del Polesine  sulla base di dati ‘sensibili’ relativi alle principali aziende della provincia.
Raffrontando fatturati di anno in anno, utili di anno in anno, valori di produzione di anno in anno.
Ne uscirebbe una analisi comparata tra il Polesine del 1951 e quello degli ultimi 20 anni.
Ma non ci sarebbe una TESTIMONIANZA, ed è questo invece il filo conduttore di questo SITO e in particolare di questa rubrica ‘Memoria & Futuro” .
Perciò stavolta la testimonianza che vi proponiamo è frutto di una INCHIESTA: quella datata domenica 23 marzo 2008. Cioè la intera pagina n.18 del prestigioso “Il Sole-24 Ore” che nell’occasione ha mandato il suo inviato Paolo Bricco a tastare il polso “Economia e imprese” nel nostro Polesine.
Una inchiesta che partiva dalle problematiche nate con la Grande Alluvione del 1951 per attraversare la realtà di una riscossa silenziosa e capire le prospettive future attraverso alcuni ‘modelli’ positivi. Il tutto grazie ad una serie di interviste con i ‘rappresentanti’ del mondo imprenditoriale polesano. Vale a dire Antonio Costato, allora presidente Confindustria Rovigo, quindi il trio Francesco Zambelli (Femi-Cz), Riccardo Casarotti (Solmec) , Alexander Bossard (Carraro), oltre a Lorenzo Belloni (presidente Api Rovigo) e a Giulio Veronese in quanto più volte assessore regionale all’agricoltura (nonché ‘allievo’ politicamente del ‘dominus’ Antonio Bisaglia gran ministro della Repubblica prematuramente scomparso nel 1984).
Perciò eccovi la TESTIMONIANZA ‘autorevole’ by Il Sole-24 Ore nel suo kit sequenziale e compreso la relativa ‘appendice’ sull’alluvione vista da Egisto Corradi per l’altrettanto prestigioso Corriere della Sera.



PRIMA NEWS/ INCHIESTA di Paolo Bricco by Il Sole-24 Ore Domenica 23 Marzo 2008 – n.82 ( pagina intera peraltro “Prima di due puntate” di cui però non vi proponiamo il seguito) / A ROVIGO PER LA PRIMA VOLTA L’ANNO SCORSO LA RICCHEZZA RODOTTA PER ABITANTE HA SUPERATO LA MEDIA ITALIANA/

LA RISCOSSA SILENZIOSA DEL POLESINE ( La densità imprenditoriale oggi è più alta che nel resto del Nord-Est) .

Colpo d’occhio arrivando a Rovigo in treno da Bologna: campi di frumento, case coloniche e ancora distese di barbabietole. Niente capannoni uno in fila all’altro che si affacciano su strade ultra congestionate.
Non è la Silicon Valley, on la sua struttura basata su un manifatturiero tradizionale e sull’agricoltura. Di certo però non è più il vecchio Polesine, territorio percosso e smottato dentro dall’alluvione del 1951. Fuori dalla stazione, un Porsche Cayenne con sopra un quarantenne paciosamente in carne e una Fiat 131 Mirafiori, modello prodotto dal 1974 al 1978, di colore blu in perfette condizioni  guidata da una signora secca secca con la faccia da foto color seppia degli anni Cinquanta. Pochi i rumori: quasi senti il fruscio delle gomme di una ragazza in bici che ti passa accanto.
L’acqua di 57 anni fa sembra essersi gradatamente ritirata dall’anima di questo luogo. Di certo gli effetti sulle statistiche economiche si sono finalmente esauriti.
E’ vero che, secondo l’elaborazione della Camera di commercio su dati dell’Istituto Tagliacarne, il pil procapite l’anno scorso è stato di 26.202 euro: ancora 4 mila euro in meno rispetto al Veneto, Ma è altrettanto vero che – e questo è il dato importante – che, per la prima volta, la ricchezza prodotta da ogni abitante ha stabilmente superato la media italiana, che l’anno scorso è attestata a 25.921 euro.
E, al di là della valenza simbolica di questo storico sorpasso, ‘è un altro elemento da sottolineare.
Il pil procapite, rispetto al 2006, è cresciuto del 5 per cento. Lo stesso ritmo di tutto il Veneto. L’anno scorso, peraltro, è stato segnato anche dalla scomparsa del piccolo polmone finanziario garantito dalla Unione Europea: la provincia di Rovigo non è più catalogata da Bruxelles come Obiettivo 2, ossia con difficoltà strutturali; una caratterizzazione che, fra 2000 e 2006, ha catalizzato qui un centinaio di milioni di euro.
<< A questo punto – osserva Antonio Costato, a 46 anni presidente d Confindustria Rovigo e dell’azienda di famiglia, la Grandi Molini Italiani -   conclusa questa prima risalita, abbiamo un’opportunità: provare a gestire, nei prossimi anni, uno sviluppo insieme vivace e ordinato>>.
Qualcosa di profondamente diverso dalla natura febbricitante, con tratti di micro-turbo capitalismo, del Nord-Est.

OCCHIELLO: CRESCITA SENZA TRAUMI (Quest’area ha grandi spazi e l’opportunità di gestire uno sviluppo vivace ma ordinato. La sfida è irrobustire un ceto di imprenditori locali).

Dunque, l’enorme shock procurato dall’alluvione del novembre del 1951, con 109.500 ettari di superficie allagata, ha prodotto alla fine, una classica eterogenesi della storia: la sciagura ha portato a una povertà e a un dissesto sociale gradualmente leniti dalla spesa pubblica e dalla signoria protettiva e imbarazzante della Democrazia Cristiana di Antonio Bisaglia, dominus fino alla scomparsa nel 1984.
Ma, paradossalmente, ha risparmiato a Rovigo l’industrializzazione caotica che ha caratterizzato le altre provincie venete dando vita all’epos povero – perché oltre alla ricchezza ha comportato anche scempi ambientali, inquinamento e strade ingolfate dal traffico – del Nord-Est.
<<La mancata industrializzazione negli anni 60 e 70 di questa provincia – dice nel salotto bianco della sua casa a un piano nel quartiere centrale di San Bortolo Giulio Veronese, settantaseienne allievo di Bisaglia, più volte assessore regionale all’agricoltura – ha una doppia causa. Da un lato, il violento impatto demografico dell’alluvione è andata via una intera generazione. Dall’altro, la nostra atavica mentalità>>.

L’alluvione ha comportato la maggiore migrazione interna nel Nord Italia: gli abitanti di queste terre sono finiti in Lombardia, in Piemonte e nelle altre province del Veneto. E non sono tornati. Se nel 1951, anno della grande alluvione, c’erano oltre 314mila residenti con più di 6 anni di età, vent’anni dopo se ne sarebbero contati soltanto 230.207. Un quarto in meno. C’è, poi, il fenomeno culturale: la mentalità agricola di una terra che per secoli, è stata segnata dai latifondi dei grandi signori veneziani.
<<Non ci sono mai stati quei mezzadri – dice Costato – che, per il loro particolare rapporto con i proprietari, altrove hanno dovuto sviluppare abilità che, in seguito, avrebbero dato vita a una vocazione imprenditoriale diffusa. I contadini, qui, hanno sempre lavorato nelle grandi proprietà terriere. Quanto di più lontano dalla mentalità imprenditoriale>>.
Adesso, però, molto è cambiato. Sta assumendo una maggiore consistenza il tessuto produttivo formato dalle imprese. Rovigo è stata, in particolare negli anni Settanta, la valvola di sfogo dei gruppi veneti che, per porre rimedio alla mancanza di spazi, sceglievano di installare qui i loro impianti.
<<Il problema di allora era l’acefalia – afferma Lorenzo Belloni, 45 anni, presidente dell’Api Rovigo e titolare della Polistudio, una società specializzata in sicurezza-; la nostra struttura
Non era soltanto estremamente rarefatta e fragile, ma era anche completamente guidata da fuori. Un nodo che in parte ancora rimane, nonostante la fine della minorità rispetto al Nord-Est>>.

E nonostante che a, a queste aziende “foreste” , come dicono qui di chiunque arrivi da un’altra parte non del mondo ma anche solo del Veneto, si siano affiancate società fondate da una minoranza di imprenditori locali. Tanto che, secondo gli ultimi dati disponibili, complessivamente la densità imprenditoriale è più alta che nel resto della regione e nel Nord-Est.
Il tasso di natalità è di 8,35 aziende ogni 100 abitanti, contro le 9,64 del Veneto e le 9,77 del Nord-Est.
<<Adesso – dice Costato – la sfida è riuscire a irrobustire il ceto imprenditoriale prettamente locale. Non è facile. Ma, dopo gli ultimi anni segnati dalla fine dei nostri ritardi, il futuro passa di lì>>.
Con un vantaggio di non poco conto; gli spazi, enormi, da sfruttare. Nella speranza che, nei prossimi anni, nella creazione di infrastrutture e di aree destinate all’industria si esercitino quel giudizio sul rispetto dell’ambiente e quel buon senso che caratterizzano la cultura contadina, che resta la mentalità prevalente di una provincia calma che non conosce il caos.
<<Lei arriva da Milano – dice il tassista che ti porta nell’area  industriale – Anche noi qui abbiamo il problema del traffico>>.
E lo spiega avendo di fronte, a un semaforo, tre auto. Pochi minuti  e ti trovi fra i capannoni di aziende meccaniche immersi in quei campi che quest’anno, grazie al caro-prezzo  delle commodity, faranno aumentare il Pil dell’agricoltura di Rovigo del 12 per cento. Sì, perché in questo modello di Nordest nuovo, morbido e in qualche maniera senza il senso permanente della “baruffa chiozzotta” fra tutto e tutti, un fattore di equilibrio è rappresentato dalla molteplicità dei settori e delle attività.
Oggi nell’agricoltura operano l’11,1% degli addetti totali (sono il 3,7% in Veneto e il 4,3% in Italia); nei servizi il 52,8% ( a fronte del 57,5% e del 65,6%)  e nell’industria il 36, 1 ( contro il 38,8% e il 30,1%).
Oltre ai prodotti del campo, ci sono la pesca e la lavorazione del pesce nel Delta del Po. Quindi, le giostre nei Comuni di Bergantino e Melara. La meccanica collegata all’agricoltura.
Il progetto di costruire un turismo elitario che porti in mezzo alle strane meraviglie della foce gli appassionati della natura incontaminata.
E l’idea, molto ambiziosa, di impollinare, sul lungo periodo, il tessuto imprenditoriale di Rovigo con qualche scheggia di innovazione, grazie ai laboratori universitari dedicati ai materiali e a processi industriali e alle strutture di Veneto Nanotech, collocate in un antico zuccherificio ristrutturato e specializzate nell’analisi delle ripercussioni sulla salute umana e sull’ambiente delle nanoparticelle e dei nanomateriali.
Molte attività, dunque, su un territorio piccolo. Con il risultato di avere, almeno sulla carta, un argine alto ai rallentamenti dei singoli settori e un primo terrapieno in caso di una crisi economica nazionale grave.

APPENDICE NEWS/ LA TRAGEDIA DEL 1951( Il reportage di Egisto Corradi) / E DOPO L’ALLUVIONE “MORTE E ROVINA”

Il Po ha, d’improvviso, quasi, sfondato, dopo aver tenacemente e faticosamente corroso per giorni e giorni il cordone di dune, sabbiose, esistente presso Rosolina, precisamente un chilometro a sud-est di Cavanella d’Adige; il Po ha ripreso a correre a buon velocità lungo quella sua via di sbocco chiamata Po di Levante; il Po si getta rapidamente a mare attraverso le arginature vallive tagliate dall’uomo a San Leonardo, a Valle Venier, a Porto Caleri.
Il mostro scatenato perde, ad una ad una, le sue teste; l’immane suo corpo prende a svuotarsi di forza, le  molte braccia allentano la mortale stretta. L’acqua cala dappertutto, fuorché, naturalmente, nella estrema parte orientale del Basso Polesine, fondo del catino, dove attualmente transita l’ondata di piena>>.

Era il 28 novembre 1951.
Sulla prima pagina del <<Corriere della Sera>>,  l’inviato a Rovigo Egisto Corradi, chiamato a raccontare la sciagura incominciata due settimane prima, descriveva così l’evoluzione della prima grande catastrofe italiana dopo la seconda guerra mondiale.
Alla fine, il bilancio sarebbe stato drammatico: 100 morti, 170mila senzatetto, 29 Comuni completamente sommersi e altri 6 parzialmente allagati, 52 ponti caduti.
Nel solo Polesine, 900 case distrutte e 300 danneggiate. Un impatto drammatico per una catastrofe che aveva avuto inizio nella notte del 12 novembre, con i primi allagamenti nell’Oltrepo Pavese.
In un crescendo, le prime tracimazioni in Polesine si verificano tra il 14 e il 15 novembre a Paviole e a Occhiobello.
In breve la provincia di Rovigo, e in parte quella di Mantova e di Venezia, furono invase dall’acqua.

Che, a un certo punto, si ritirò: il <<Corriere della Sera>>, il 30 novembre, titolava <<Buone notizie dal Polesine. Le acque si abbassano di un centimetro all’ora>> .
Anche se gli effetti sarebbero stati duraturi, Egisto Corradi, quel giorno, concludeva così il suo articolo da Rovigo:<< Le terre emergono, sì, ma con addosso, grondante e putrida, morte e rovina>>.
     



SECONDA NEWS/ IL MODELLO. La <<terra>> resta settore chiave./ NELL’AGRICOLTURA LE RADICI PROFONDE DELL’INDUSTRIA

La terra, prima di tutto. Ossessione personale da cui partire per sviluppare l’artigianato e, da lì, generare l’industria più complessa.
Ma, anche, come contesto in cui diventa naturale che al modernizzazione del lavoro dei campi porti allo sviluppo delle specializzazioni meccaniche.
In un angolo del Nord-Est  ancora segnato dall’agricoltura (qui ci sono 6.775 aziende che producono il 4,4% del valore aggiunto ella provincia, una quota più che doppia della media italiana), la terra è dentro a molti fenomeni economici e nei ricordi più intimi delle persone.

<<Mio padre Marino – dice Francesco Zambelli , sessantatreenne titolare della Femi-Cz – era un gastaldo. Coordinava, nel piccolo comune di Crespino, i responsabili dei fondi di un grande proprietario terriero, il Principe Pio Alfonso. Un nobile spagnolo. In quella comunità mio padre era un personaggio centrale. Eravamo cinque fratelli,  ci ha fatti studiare tutti. Ma lui era nullatenente. E questo mi ha segnato>>.
Una condizione diffusa, in una civiltà contadina come quella della foce del Po che non ha conosciuto  la mezzadria, bensì il latifondo.
<<Ho cominciato nel 1967 a lavorare come dipendente – racconta Zambelli, la cui azienda specializzata in canaline portacavi e sistemi di sospensione fattura 30 milioni di euro con 110 addetti -, ma ho sempre ambito a diventare imprenditore per avere qualcosa di mio>>.

In qualche maniera, dunque, il ricordo del Principe Pio Alfonso e del gastaldo-padre ha agito in lui come una forte spinta emotiva. Nel 1976 Zambelli fonda una sua prima azienda, che per tutti gli anni 80, con un mix di elasticità artigianale e di innovazione industriale, cresce con un portafoglio-clienti composto da Nuovo Pignone, Eni, Snam Progetti, Saipem, Agip e Tecnimont. Dopo una serie di traversie collegate al rapporto con i soci, Zambelli a metà anni 90 apre l’attuale azienda. Che compie un salto tecnologico nel 1997, grazie all’automazione dei costi.
<<Oggi l Femi-Cz – dice – sviluppa il 75% del fatturato nel settore dell’oli & gas e il 25% nel civile. E, io, posseggo il 50 % del suo capitale>>.

OCCHIELLO: LE STORIE/ I CASI DELLE IMPRESE FEMI-CZ E SOLMEC: L’EVOLUZIONE DELL’ARTIGIANATO HA CONSENTITO DI SVILUPPARE ATTIVITA’ PRODUTTIVE AVANZATE

Il mondo agricolo, con i rapporti che crea nei secoli fra gli uomini  e i pensieri che instilla in chi ci viene educato, costituisce anche il terreno fertile in cui prendono forma iniziative manifatturiere ad esso collegate. Come la Solmec,  fondata nel 1960 dalla famiglia Casarotti con l’obiettivo di costruire macchine destinate ai campi.
<<Mio nonno – dice l’amministratore delegato, il quarantunenne Riccardo Casarotti – realizzava segnaletica stradale. Mio padre ha cambiato specializzazione. La mia famiglia, da una forma artigianale,  è quindi passata a un’organizzazione industriale più complessa negli anni 60>>.
Gradualmente, alle macchine per la movimentazione da usare nei campi e nelle cascine, si sono unite quelle per la movimentazione dei legnami e per la filiera dei rifiuti. L’azienda, che oggi opera su un mercato segnato da una forte concorrenza tedesca, fattura circa 20 milioni di euro all’anno, con un  tasso di crescita medio del 10% per esercizio.
<<Al di là del nostro specifico business – riflette Casarotti – la mentalità contadina persiste nelle maestranze. I nostri addetti sono dediti al sacrificio, lavorano ed hanno una fedeltà all’azienda che altrove, nel Nord-Est- si sognano. Non vanno di certo a offrirsi alla concorrenza per 50 euro in più in busta paga>>.

OCCHIELLO: IL LAVORO/ BOSSARD (CARRARO): LA CULTURA CONTADINA SI RIFLETTE NELL’ORGANIZZAZIONE DELLO STABILIMENTO E NON CREA CONFLITTI

C’è, poi, chi arriva da fuori. Nello stabilimento di Rovigo, la Carraro di Padova produce trattori dalla metà egli anni 80. Non uno stabilimento “autoctono”. Ecco che, in questo caso, il Polesine ha svolto il suo storico ruolo di camera di compensazione delle altre provincie, che qui hanno creato proprie unità produttive. Nei prossimi anni la struttura, che con i trattori standard da 50 a 100 cavalli e con i trattori per vigneti e per frutteti sviluppa un fatturato annuo di un centinaio di milioni di euro, amplierà la sua attività>>.
<<Nel 2007 – dice il direttore Alexander Bossard, manager svizzero da tre mesi alla guida dei 230 addetti di Rovigo – abbiamo prodotto 4.300 trattori, Quest’anno saranno 5 mila. Nel 2009, prevede diamo di realizzarne 5.500>>.
Gli effetti benefici si riflettono anche sul resto del sistema produttivo locale: la Carraro ha 15 fornitori nella provincia di Rovigo. Niente di particolarmente sofisticato: sub-assemblatori, componentisti e montatori delle gomme sulle ruote dei trattori. Ma comunque una minirete.
Nella vita dello stabilimento, la cultura contadina si respira anche nei comportamenti e si riflette sulla struttura del lavoro.
<< Per esempio – osserva Bossard – la nostra organizzazione è particolarmente elastica. Non è un problema rallentare la produzione in alcuni giorni: molti dei nostri operai hanno ancora la terra e gli animali>>. 

EXTRATIME by SS/ La cover è per il kit formato dalla “Rovigo vista dall’alto’ (con la chiesa della Rotonda a simboleggiare la storia della città capoluogo del Polesine) e dalla ‘testata’ de “Il Sole-24 Ore” , il quotidiano economico dell’imprenditoria italiana.
Per quanto riguarda le TOP AZIENDE edizione 2010, voglio segnalarvi solo alcuni dati ‘estratti’ dalle dichiarazioni effettuate annualmente dalle imprese alle Camere di Commercio, anche perché riguardano le sopra citate aziende prototipo.
Così segnalo soltanto che tra le TOP AZIENDE delle province Ferrara-Rovigo la prima risulta la ferrarese Berco S.p.A. di Copparo con un fatturato di 534.580.507, seconda la rodigina GRANDI MOLINI ITALIANI S.p.A. con fatturato 346.629.687, terza la VM Motori S.p.A di Cento (FE) con fatturato 265.777.021, mentre quarta è la polesana INOS TEXH S.p.A di Lendinara con fatturato 132.258.357.
Per quanto riguarda il Polesine tra le TOP 60 troviamo Adriatica S.p.A. (Rovigo, ottava), Wavin Italia S.p.A  (Occhiobello, 11esima) , Finpesca Srl ( Porto Viro, 13esima), Irsap S.p.A ( Arquà Polesine, 15esima),  Guerrato S.p.A. ( Rovigo, 17esima), Cartiere del Polesine S.p.A. (Loreo, 18esima), Rhoss S.p.A ( Arquà Polesine, 19esima) , Costruzioni Dondi S.p.A. ( Rovigo, 21esima), Erreeffe Group S.p.A. ( Rovigo, 23esima), Infun For S.p.A. ( Rovigo, 24esima) , Intrac S.p.A. ( Rovigo, 27esima), Ing.Mario Fabbris S.r.l. (Rovigo, 33esima), Romanin Petroli S.r.l. (Occhiobello, 36esima), Zhermack S.p.A. ( Badia Polesine, 38esima), Geberit Produzione S.p.A. ( Villadose, 39esima), Lavorazione Plastica Soc. R.L. ( Rovigo, 43esima), Macinzione Lendinara S.p.A. ( Lendinara, 45esima), Uponor S.r.l. ( Badia Polesine, 46esima), Polesine Acque S.p.A. ( Rovigo, 48esima), Selecta S.p.A. ( Occhiobello 50esima), Casa di Cura Madonna della Salute (Porto Viro, 51esima), Cantiere Navale Vittoria S.p.A. ( Adria, 54esima), Brevini Veneta S.r.l. ( Badia Polesine, 55esima), RPM S.p.a. ( Badia Polesine, 56esima), FEMI-CZ S.p.A. ( Rovigo, 57esima), Consorzio Coop. Pescatori Polesine (Porto Tolle, 58esima).
Da segnalare che la ‘intervistata’ Solmec S.p.A di Rovigo risultava 90esima, mentre la Carraro pur avendo stabilimento a Rovigo non risulta nell’elenco (ndr: sede legale nel padovano).
Ovviamente non è solo il fatturato che certifica la ‘bontà’ dell’impresa. Sappiamo bene che i ‘parametri di lunga vita’ sono ben altri, ma ci fermiamo qui segnalando peraltro che la Femi –Cz pur essendo per così dire solo 57esima per fatturato, risale addirittura entro la  TOP TEN 2008 ( cioè al 9° posto) nella classifica per ‘fattore utile’.
Certo soprassiedo dalla ricerca di altri parametri e indici, e dalle premesse concettuali canoniche che si agganciano ai concetti economici dei classici fattori della produzione (terra, capitale, lavoro, organizzazione), anche perché non potrei davvero svincolarle dallo studio delle risorse ‘scientifiche e umane’.
Semmai di alcuni Personaggi di cui sopra potrete fare ‘search’ e cliccare in altre rubriche di questo sito.

Perciò soprassediamo agli aspetti personali, sia di taglio professionale che universitario/familiare,  e passiamo subito alla fotogallery, partendo dalla sequenza kit dei “tre boxini” coi quali Il Sole-24 Ore ha voluto statisticamente documentare i ‘caratteri salienti di quel Polesine 2008’ giustificandone il titolo “la rinascita di un angolo dimenticato del Nord”.
Mostrandoci da prima le principali infrastrutture viarie, quindi il ritardo colmato, infine il poker mix valori assoluti/indici relativi ( numero di residenti, tasso di disoccupazione, le imprese ogni 100 abitati, la crescita dell’export).
Da sottolineare che nell’intera pagina de Il Sole-24 Ore l’unica foto era quella by Alinari, relativa al reportage “Tragedia del 1951” by Egisto Corradi e che vi mostriamo sottotitolata “Gli argini sfondati”. Per parte nostra aggiungiamo la foto ricevuta stamattina e che riguarda ‘il ponte rotto’ sul Canalbianco a Sant’Apollinare, oltre che quel bambino che ben conosco.
Ma se Il Sole-24 Ore si caratterizza per la ‘qualità dei contenuti’ ( la pagina non ha niente di ‘promozionale’) noi, che abbiamo avuto l’occasione di conoscere  i ‘protagonisti’ dell’intervista by  Paolo Bricco, completiamo l’opera con alcune foto di chi ha fatto e sta facendo la storia dl Polesine.
Così ecco i vari Antonio Costato e Francesco Zambelli in tribuna allo stadio Maci Battaglini di Rovigo, dove il rugby spesso calamita alcuni personaggi imprenditoriali/istituzionali di prim’ordine nel Polesine. Dal sindaco al Presidente della Accademia dei Concordi, ai Campioni & Signori del rugby di ieri e di oggi ( vedi il Ct Mallett e Carlo Checchinato team manager della Nazionale Italiana).
Per quanto riguarda i ‘Signori’ già citati nell’inchiesta de Il Sole-24 Ore vi diamo, nel segno della continuità industriale,  alcune foto istituzionali della ‘vitalità’ di quegli imprenditori intervistati. Infatti ecco, insieme a Bruno Piva sindaco di Rovigo, l’imprenditore Francesco Zambelli ‘Premio Fair Play’ by Panathlon Rovigo della presidente Anna Paola Nezzo (ora assessore alla cultura del Comune di Rovigo).
Quindi Lorenzo Belloni, ora presidente della CCIAA di Rovigo, che ho fotografato insieme al ‘premio speciale’ Barbara Pàstina, e poi tra gli imprenditori che hanno onorato il Polesine sia in Italia che nel Mondo.
Una cosa posso aggiungere: ai tempi dell’inchiesta fatta da Il Sole-24 Ore il “SISTEMA POLESINE” risentiva ancora della … lunghezza territoriale della provincia.
Adesso che le vie di comunicazione non sono più soltanto quelle ‘stradali’, ecco che dal Delta del Po fino all’enclave Altopolesine si vive sempre più  agganciati l ‘villaggio globale.
Vale anche per Occhiobello e dintorni che si era sviluppato prevalentemente agganciato a Ferrara, la sua città di riferimento.
Anche perché nel frattempo è nata l’Europa e si è sviluppato internet. Senza contare poi che andare ‘in giro per il mondo in aereo’ è diventato ormai normale come… andare in bicicletta. Fermo restando che – l’ha sottolineato l’inchiesta de Il Sole-24 Ore sul Polesine – anche l’industria più moderna non deve mai staccarsi dalle sue radici più profonde.
Perché quella è la “Casa del Signore” prima ancora del luogo di nascita del Campione.
E allora quando vedo che l’Industriale e l’Artigiano, insomma l’Imprenditore’ vive in fratellanza e in sinergia con il mondo sportivo e  istituzionale di riferimento territoriale, beh allora anche il ‘core business’ assume un significato più familiare.
Il che poi altro non è che l’essenza del ‘diritto naturale’.



Sergio Sottovia
www.polesinesport.it