Nino Rossi Story (1^Parte)/ Il ‘suo’ RUGBY a Rovigo. Tra Alex Penciu, Jean Saby e lo scudetto con Carwyn James


18/02/2012

Uno e trino, Nino Rossi! Uno Nino Rossi by Rugby, due Nino Rossi by Golf, tre Nino Rossi by Atlantic Rally with “Moromu”. Ormai è di casa Nino Rossi in questo condominio ( basta fare ‘search’) , protagonista in quanto tale e in quanto “Personaggio” delle STORIES by Raffaello Franco.
Un personaggio da ‘commedia dell’arte’ praticamente ‘recitato’ da quel cantastorie che è Franco e perciò cantastorie da libera interpretazione su un ‘canovaccio’ che ovviamente trascende la classica “unità di tempo, di spazio e di luogo”.
E allora se Raffaello Frano ci manda una mail con scritto “Ciao Sergio, come stai?
Ti allego la storia di Nino Rossi, frutto di una serie di incontri ed interviste che ho raccolto negli anni passati…” ecco che diventa un piacere mandare in scena nel “piccolo teatro” del condominio www.polesinesport.it  la Nino Rossi Story in Tre Atti, per un …Libretto che lo stesso Raffaello ha dipinto/titolato così:<< LE MOLTEPLICI VITE DELL’ATLETA NINO ROSSI. “PER MARE, PER TERRAM” CON IL SOGNO DI “ICARO” A FARE DA SFONDO>>.
Perciò , ritornando al fatto che vi proporremo la Nino Rossi Story in tre sequenziali rubriche settimanali ( vedi in Appendice i ‘titoli’ relativi alle ‘sue’ differenti discipline), eccovi la PRIMA PARTE di questa Nino Rossi Story , quella della sua “Passione Rugby” e che Raffaello Franco vi racconta così.

NINO ROSSI, LA TERRA ED IL FUOCO (DELLA PASSIONE)<< “Very good, my boy”. Così dicendo, un anziano scozzese si avvicinò a Nino Rossi dopo averlo visto all’opera a Londra, in un torneo a sette, e con fare cerimonioso gli regalò la cravatta del più antico Club rugbistico di Scozia.
Era il settembre 1978. In quegli anni, la Sanson Rugby Rovigo dettava legge in Italia e sapeva farsi rispettare anche nelle rare occasioni nelle quali era impegnata in tornei oltre confine.
Uno dei grandi protagonisti di quell’epoca d’oro per il rugby rodigino è stato, senza dubbio, Nino Rossi. Tre-quarti ala tra i più prolifici in fatto di mete della storia dei “bersaglieri”. Parlare però di Nino Rossi solo come di un ex rugbista, uno dei grandi della leggendaria storia rossoblu, sarebbe comunque riduttivo perché ci troviamo di fronte ad un esempio di personaggio sportivo a 360 gradi, uno che dello sport ha fatto una ragione di vita.
Diplomato ISEF, presidente-giocatore e “padre” fondatore del Golf Club Rovigo, velista provetto e, in passato, pioniere dell’aria con i primi deltaplani, passione quest’ultima coltivata con l’inseparabile amico Daniele Toffoli con il quale vivrà poi altre straordinarie avventure.

Lo sport. Leitmotiv della vita di Nino Rossi, un predestinato che debuttò in serie A a soli 19 anni con la gloriosa casacca rossoblu della Rugby Rovigo, all’epoca allenata dallo “zingaro” Alex Panciu, in un incontro di campionato che vedeva i “bersaglieri” impegnati contro il Frascati. Chiuderà la sua prima stagione con una meta e 6 presenze. La stagione successiva colleziona 21 presenze iniziando così la sua straordinaria carriera che si protrarrà, sempre in rossoblu (esclusa una parentesi di una stagione nell’Union San Sisto, in serie C), per altri undici campionati.
Il miglior  torneo del nostro Rossi, senza dubbio, rimane quello 1978/’79, quello del nono scudetto firmato dall’allenatore Carwyn James. Nino, contribuisce pesantemente alla conquista del tricolore siglando la bellezza di 31 mete, cifra record che gli valse il titolo di metamen del campionato.
In tredici anni di serie A collezionò un palmares di tutto rispetto conquistando 2 scudetti, 200 presenze con i “bersaglieri” e siglando la bellezza di 114 mete ed un drop al quale è legato un curioso episodio. Tutto ebbe inizio con una scommessa, una di quelle sfide da vincere ad ogni costo per salvare l’onore. Non era mai riuscito a centrare la porta con un calcio di rimbalzo. Una domenica, a L’Aquila, prese il pallone appena dopo la metà campo e tentò il drop, guadagnando però una touche. Dopo quell’episodio piuttosto comico, tutti si convinsero che Nino Rossi  non sarebbe mai riuscito a realizzare punti in maniera diversa dalle mete. Ne erano talmente convinti che addirittura un dirigente rossoblu si espose scommettendo una bicicletta. Questa faccenda, a dirla tutta, seccava molto il povero Nino che desiderava realizzare un drop a tutti i costi. Diventò così una questione d’onore. L’occasione si presentò proprio nel match riconosciuto come la “madre di tutti i derby”, quello con il Petrarca Padova, il più atteso e importante del campionato. Mancavano pochi minuti alla fine dell’incontro ed i “bersaglieri” conducevano il match con un punteggio però molto stretto e che non lasciava tranquilli. Come sempre il match era stato una dura battaglia e per Nino Rossi si presentò l’occasione di una vita, quella di cancellare per sempre il fatto che lui non sarebbe mai riuscito a realizzare un drop. Bucò la difesa petrarchina con una delle sue proverbiali cavalcate che gli spianò la strada verso un’agevole meta da realizzare in mezzo ai pali. Inspiegabilmente però fermò la sua progressione verso la meta che avrebbe permesso ai rossoblù di conquistare definitivamente il derby. Centinaia di occhi, dalle tribune, guardavano increduli e spaesati chiedendosi cosa mai fosse passato per la testa di quel ragazzo. Nino si piazzò bello tranquillo davanti ai pali e calciò il suo drop. Per fortuna questa “prodezza” riuscì dando maggior consistenza al vantaggio dei “bersaglieri” che si aggiudicarono così la sfida con i “cugini” d’oltr‘Adige. A Nino Rossi restò la soddisfazione di aver realizzato finalmente questo agognato drop ed in garage una nuova fiammante bicicletta!

Questo è solo un esempio per capire quanto estroso fosse questo rugbista che meritò anche l’azzurro della Nazionale con la quale collezionò 16 presenze (debutto con la Jugoslavia e match d’addio con l’URSS, n.d.r.) tra il 1973 e il 1980, anni nei quali purtroppo l’Italrugby non godeva ancora del rispetto e della notorietà arrivati dopo l’inserimento nel Torneo delle 6 Nazioni e doveva quindi accontentarsi di giocare i test match contro squadre di seconda fascia.
Volava Nino Rossi sul campo. Dopo tutto il volo era la sua passione fin da quando, prima di diventare un campione di rugby, praticava l’atletica leggera specialità salto con l’asta e sognando il servizio militare nei paracadutisti della “Folgore”.  Una frattura però gli tolse il paracadute e il troppo “fair play” gli negò l’asta! Come Eugenio Monti, il leggendario “Rosso Volante” che prestò un bullone del suo bob all’equipaggio britannico di Tony Nash e Robin Dixon che avevano rotto il loro (gesto che gli valse il premio “Pierre De Coubertin” ma gli costò la medaglia d’oro all’Olimpiade di Innsbruck ’64 vinta proprio dai britannici, n.d.r.), Nino Rossi prestò l’asta ad un altro concorrente che incautamente gliela ruppe. Per lui, giovane astista di belle speranze, fu una mezza tragedia perché la cosa più preziosa che aveva, l’attrezzo che gli permetteva di volare non c’era più e la Società per la quale gareggiava non aveva fondi sufficienti per sostituirla. Così pensò di ascoltare i consigli dell’amico Narciso Zanella e di suo cugino Graziano Barion che da qualche tempo lo invitavano a provare il rugby. Il primo approccio con questo sport però non fu dei migliori. La giovanile della Rugby Rovigo all’epoca era allenata da Giancarlo Busson e Nino si presentò al campo in una giornata fredda e nebbiosa. Gli sembrava un gioco fuori da ogni logica per come erano i suoi schemi mentali d’atleta. Non capiva cosa doveva fare, correva sempre dalla parte sbagliata. Quel primo incontro del Nino Rossi con il pallone ovale  si trasformò in un incubo da ricordare in futuro come un’esperienza negativa. Eppure non si arrese e continuò a flirtare con l’ “Arte del rugby” diventandone, col tempo, uno dei migliori interpreti. Pian piano entrò in quel meccanismo di gioco ed imparò ad apprezzarlo a pieno. Disputò anche i campionati studenteschi con l’ITIS. In quegli anni i tornei studenteschi fungevano da vera e propria fucina di giocatori per la Rugby Rovigo. Non esistevano categorie giovanili e questa manifestazione studentesca era l’unica maniera che aveva il rugby per avvicinare e reclutare giovani provenienti da altri sport.

In rossoblu giocò tante stagioni di vertice nei “bersaglieri”. Una però, come detto, fu per lui particolarmente speciale. Parliamo del campionato 1978/’79 che gli regalò scudetto, 25 presenze e la realizzazione di 31 mete che gli valsero il titolo di miglior metamen del Torneo. Fu una stagione davvero speciale ed irripetibile per Nino Rossi. Era al suo ottavo campionato di serie A e si sentiva stanco. Pativa una crisi psicologica che lo portava al rifiuto degli allenamenti. Da uomo ed atleta corretto parlò di questa “crisi” con il suo allenatore Carwyn James. Gli spiegò che non riusciva ad allenarsi come avrebbe dovuto. Carwyn, che era un grande sotto tutti i punti di vista e da straordinario psicologo qual’era sapeva trattare con i giocatori, gli disse di fare quello che si sentiva, di non sforzarsi più di quanto non si sentisse di fare. Il tecnico gallese riuscì a far accettare alla squadra questa situazione anomala. Nino non si allenava eppure la domenica scendeva comunque in campo. Situazioni come questa possono spaccare anche lo spogliatoio più coeso. La “cura” di Carwyn James portò presto i suoi frutti. Con la mente libera Rossi iniziò ad andare come un “treno” disputando una stagione straordinaria, la migliore della sua carriera agonistica.

Era un rugby d’altri tempi, un rugby ancora dilettantistico ma non per questo di minor valore rispetto a quello che vediamo oggi in Eccellenza, anzi! All’epoca la Rugby Rovigo dettava legge e proprio con il nostro Nino Rossi tra i protagonisti vinse due scudetti che passeranno alla storia. Il più sofferto fu conquistato nel 1976 nell’ultima giornata, quando i “bersaglieri” vinsero in casa del Wührer Brescia per 12 a 6 un match che valeva come una vera e propria finale (all’epoca il campionato era organizzato ancora con la disputa di un torneo all’italiana, con un girone d’andata ed uno di ritorno, n.d.r) in quanto i bresciani si presentarono all’ultimo appuntamento stagionale con gli stessi punti in classifica dei rossoblu.
L’altro tricolore arrivò nel campionato 1978/’79, il nono della gloriosa storia rossoblu. Giocare in quella squadra, fu una gioia ed un onore per Rossi, perché quella fu una delle migliori che abbiano mai calcato il terreno del vecchio “Tre Martiri” o del “Battaglini”. I “bersaglieri” conclusero quella straordinaria stagione perdendo solo due partite, pareggiandone una e collezionando la bellezza di 23 formidabili vittorie. Una vera e propria “macchina da guerra” che non lasciava scampo a nessuno. Peccato che all’epoca non venissero disputate le competizioni europee perché Rovigo, con quella compagine e con Carwyn James in panchina, avrebbe potuto far davvero del “male” a chiunque. Uno degli ingredienti che rendeva invincibile il Rovigo della seconda metà degli anni ’70 era l’unità del gruppo che viveva come una vera e propria grande famiglia.

Un ruolo importantissimo, quasi fondamentale, lo svolse la trattoria da sempre di proprietà della famiglia Rossi che si trova ancora oggi ad Arquà Polesine in località Granze. Dopo gli allenamenti e dopo le partite era il punto di ritrovo per tutti: giocatori, mogli e fidanzate. In ogni comunità umana è naturale che per interessi o per diversità di pensiero, si formino dei gruppi a cui ognuno di noi si sente più vicino. Grazie anche a quell’unico punto di riferimento e di aggregazione dove si poteva liberamente ridere, scherzare ed a volte prendersi anche in giro, la “squadra-famiglia” invece seppe coinvolgere anche chi, per carattere, era più “indipendente” creando così quella coesione che fu l’arma in più di quegli anni. Un epoca nella quale la maglia aveva ancora il suo valore, soprattutto quella rossoblu. Il richiamo di quella maglia animato dal fuoco della passione, dell’ambiente e della città intera, erano troppo forti per Nino Rossi  che non volle mai seguire le “sirene” delle offerte piovute da parecchie parti. Un atleta come lui d’interesse nazionale godeva di uno status di “svincolo permanente” eppure non volle mai abbandonare la maglia dei “bersaglieri”, la scuola prima di Saby, tecnico che sarebbe ancora moderno ai giorni nostri, e di James, svilupparono un attaccamento incredibile a quei due colori, sentimenti che oggi, purtroppo, sono stati cancellati da un’altra “sirena”: quella del professionismo “povero” del rugby italiano.>>

APPENDICE “TITOLI DI CODA”/ Le due prossime puntate settimanali saranno dedicate in sequenza così.
La seconda puntata a “NINO ROSSI & IL “SUO“ GOLF A ROVIGO CON…”
E la terza puntata a “NINO ROSSI, L’ACQUA E L’ARIA & L’ATLANTIC RALLY FOR CRUISERS/ CON LE SUE “2700 MIGLIA NELL’OCEANO ATLANTICO ” DA LAS PALMAS/CANARIE A RODNEY BAY CON “ MOROMU” E CON L’AMICO DANIELE TOFFOLI & LO SKIPPER MARCO MARINI…>>

EXTRATIME by SS/ La cover è per Nino Rossi metamen-scudetto. Per la fotogallery di questo PRIMO ATTO by Rugby , le immagini sono lapalissiane visto le didascalie  in sottofondo. Abbiamo aggiunto soltanto due foto relative ai prossimi appuntamenti by Golf e by Moromu. Giusto come video-promo di una Nino Story che Lui stesso ha “testimoniato” come Campione a Scuola by Provincia di Rovigo e che si porterà sempre nel cuore assieme ai suoi compagni di quel ‘suo rugby winner scudetto” , come dimostra l’ultima foto con Nino Rossi signore coi baffi , guarda caso accosciato in ‘polo green’ da tempi moderni/golfista, Quasi un appuntamento per la nostra prossima ‘seconda puntata’, che speriamo di corredare ‘adeguatamente’ con immagini by friends.


Raffaello Franco
www.polesinesport.it