Pizzi Floris - Prima Parte/ La sua famiglia nel 1938 da Papozze a ‘coloni’ in Libia con 9 figli; poi da giugno 1940 esule nell’Italia in Guerra con 3 fratellini, raminghi nelle ‘colonie del fascio’ come 13mila bambini della “Quarta Sponda”


Avevo letto un suo articolo scritto ai Mass Media, uno di quelli che vengono pubblicati come “Lettere dei Lettori” , una pagina dove si toccano tanti argomenti, qualcuno di politica, qualcuno di costume, qualche altro di fatti quotidiani.
Però quell’articolo, firmato Floris Pizzi, citava con orgoglio ed emozione i suoi anni vissuti da bambino con la sua famiglia a Bengasi in Cirenaica, dove suo papà Anacleto e mamma Elena Bergamini erano arrivati nel 1938 da ‘coloni’ nella Libia ‘governata’ da Italo Balbo nell’era del ‘fascio’.
Già per questo motivo Floris Pizzi meritava una Storia speciale, tanto più che ho conosciuto altri amici in Polesine  nati in Libia; potrei citarvi G.F. nato a Tripoli, ma anche altri conosciuti nel mondo sportivo e socio-economico.
E poi …ricordo bene quel giorno, negli anni 70, in cui Ghedaffi espropriò gli Italiani dei loro patrimonio, mentre alcuni italiani bene informati ‘cedettero’ qualche giorno prima le loro proprietà a degli amici rsidenti ( prestanome?...) riuscendo così ad evitare la confisca dei loro beni .
C’era già materiale sufficiente per ‘imbarcarmi’ in una Storia che poteva diventare ‘prototipo’ , su quel periodo particolare degli Italiani in Libia.

Quando però , anche per incroci personali’ , ho potuto incontrare il 93enne Floris Pizzi perché …contento di raccontarsi , allora è emerso anche la particolare situazione del bambino Floris imbarcato su una nave assieme a suoi tre fratellini, senza sapere veramente, né quei bambini né le loro famiglie, il perché di quel viaggio che avrebbe dovuto durare solo 3 mesi nelle ‘colonie estive’ in Italia e che invece durò …tutta la Guerra lontano dalle loro famiglie rimaste in Libia.

Anche per questo, oltre a raccontarvi innanzitutto le confidenze e la vita di Floris raccontata da lui stesso, vi propongo in calce innanzitutto un suo ‘Articolo Story ‘ scritto per la Università Popolare del Polesine da lui frequentata anche recentemente.

 

 

 

Proponendovi però , a completamento, anche due speciali Appendici Flash legate alla Floris Pizzi Story : cioè quella del Libro di Grazia Arnese sui 13/mila bambini libici esuli in Italia sotto le bombe lontano dalle loro famiglie rimaste nella “Quarta Sponda”, quindi quella sul personaggio Italo Balbo visto nello specifico come ‘colonizzatore della Libia e raccontato da Francesco Prestopino, sul Mensile “ITALIANI D’AFRICA” nel 1998 per l’Associazione Italiani Rimpatriati dall’Africa, come speciale focus su quell’habitat libico vissuto dalla famiglia Pizzi da coloni in Cirenaica.
Tutto questo prima che lo scoppio della Guerra Mondiale e l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, cambiasse anche tutta la vita dei coloni italiani a Bengasi.

Tornando quindi a Floris , nato a Papozze il 6 giugno 1927, devo dire che ha dimostrato subito di …non dimostrare i suoi 93 anni, cominciando a ricordare anche i suoi primi anni in Polesine prima della partenza con la famiglia per la Libia.

Così Floris ha spiegato come fosse ieri:<< Papà Anacleto e mamma Elena Bergamini abitavano ai Santi di Papozze e lavoravano in campagna; una vita di stenti in una Italia che era ‘ripartita’ dalle cenere della Prima Guerra Mondiale. Eravamo in tanti in famiglia, era un periodo in cui occorrevano tante ‘braccia’ per lavorare nei campi e noi anche per questo eravamo una famiglia numerosa. All’epoca io andavo a scuola alle elementari a Villanova Marchesana, ma ho fatto solo fino alla terza elementare perché poi per la mia famiglia, come per tante altre famiglie agricole in Polesine, nel Veneto e in Italia, c’è stata la possibilità di andare a cercare fortuna in Libia…>>

 

 

 

Ricorda così Floris la partenza della famiglia Pizzi per la Libia:<< Era l’epoca di Italo Balbo che proponeva alle famiglie di andare in Libia, dove lui era il Governatore e c’era tanta terra da lavorare; così siamo partiti come tante altre famiglie italiane in nave, noi da Genova per arrivare poi nella Provincia di Bengasi in Cirenaica , al Villaggio Baracca in una zona assegnata a 12 famiglie polesane…>>
Nomi di famiglie che ben ricorda Floris, tant’è che anche in un altro suo articolo ci aveva tenuto a ricordarli così: << Perosa, Persini, Pizzo, Paletto, Pozzato, Previato, Pulze, Pregnolato, Pradel-? … Raisa...fino al suo, Pizzi>>.
Ma il nostro incontro con Floris non è stato una sequenza di ‘domande e risposte’, perché certi nomi da lui ricordati mi ricordavano altri Personaggi collegati.
E così parlando dell’aviatore Francesco Baracca , come nome del suo Villaggio in Libia, io gli ho ricordato la storia dell’aviatore Umberto Maddalena da Bottrighe che aveva fatto proprio con Italo Balbo il primo viaggio ‘transatlantico’ partendo dall’Africa per arrivare in Brasile ( basta chiedere a Google e vi rimanda direttamente su questo sito www.polesinesport.it alle pagine interessate…) .

E da cosa nasce cosa , Floris mi ha segnalato anche altri nomi dei Villaggi italiani, perché non a caso Baldo aveva intitolato ad altri aviatori italiani come appunto il Maddalena, D’Annunzio (il poeta-pilota del volantinaggio su Fiume), quindi Monti ( un altro pilota polesano morto col suo aereo… come il Maddalena) , poi ...…

 

 

 

A questo punto, Floris mi ha fatto leggere un suo articolo sulla sua ‘vita in Libia’ , per il quale gli ho fatto i complimenti più sinceri ( e perciò lo pubblichiamo più sotto…) ; al che Floris mi ha detto :<< Ho frequentato la scuola solo fino alla terza elementare e questo è sempre stato il mio rammarico; perciò anche se avevo ormai 50 anni ho poi deciso di frequentare la Università Popolare e studiare superando gli esami della Quinta elementare… E devo dire che coi miei 'anziani compagni di scuola' poi è stato un piacere per tutti raccontarci le nostre esperienze di vita>>

Ma ritorniamo a Floris Pizzi, giovane colono con mamma Elena, papà Anacleto e tanti fratelli in Libia…

Partendo da quei ricordi indelebili che Floris racconta così sia per quanto riguarda l’habitat che la sua breve vita giovanile:<< La Libia era un territorio immenso, ma non si può dire che fosse uno Stato, c’erano piuttosto diversi capi tribù che non avevano particolare interesse a coltivare la terra, per cui Balbo ..ha fatto presto a trovare l’accordo per poter ‘creare’ una serie di Villaggi assegnando terreno da coltivare ai coloni italiani, prevalentemente lungo la costa di tutte le quattro provincie della Libia, visto che per il resto c’era il …deserto, inteso come vuoto ma anche come deserto vero e pertanto mai desiderato dagli indigeni libici che erano più che altro nomadi>>,
Insomma, gli italiani erano bravi coloni agricoli, e Floris ricorda bene papà Anacleto e mamma Elena sempre al lavoro per ‘risanare’ quel territorio arido, facendomi anche vedere una foto dei suoi fratellini Paolo e Silvano che aiutano mamma Elena ‘pompando’ l’acqua per …mamma lavandaia.

Una vita difficile, ma tra amici , visto che anche le altre famiglie polesane del Villaggio Baracca avevano dei bambini coi quali giocava Floris, anzi Lore, come mi rivela lui stesso spiegandomi che quello era il suo nomignolo.

 

 

 

Quello che gli avevano affibbiato gli altri bambini e che Floris mi mostra scritto anche in arabo su un ‘cartoncino’ dove sono anche tradotte altre parole italiane come Lina, petrolio, bagnato… e la breve frase “come stai …bene”.

Tutto questo ha visto Floris dal suo arrivo nel 1938 fino a giugno 1940, quando purtroppo in Italia il Duce Mussolini , con la nota dichiarazione di guerra di quel 10 giugno ma già consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia, decise di entrare in Guerra a fianco della Germania di Hitler e anche in Libia la tranquillità fu interrotta.

Ricorda Floris:<< Non c’erano tante vie di comunicazione, le strade erano una lunga striscia strappata al deserto, compresa la Strada Balbia, Non c’erano certo le strade asfaltate di oggi; poi ricordo che quando arrivarono ad attaccarci gli Inglesi, beh le truppe italiane furono presto in difficoltà, poco armati sia nei mezzi leggeri che nei mezzi pesanti. Ricordo che le camionette dei militari italiani , a differenza di quelle inglesi, si piantavano nella sabbia appena uscivano dal percorso delle strade principali. Certo Italo Baldo ( che tra l’altro era stato contrario alla decisione di Mussolini ad entrare in guerra) ha richiesto in Italia aiuti e mezzi militari migliori , ma tra la Sicilia e la Libia c’era il …mare>>.
Perciò la Quarta Sponda poteva diventare un problema per l’Italia e così un bel giorno successe quello che poi Floris ha messo per scritto e che pubblichiamo più sotto....
Con Floris che ricorda così quel giorno della partenza , quando le loro famiglie li accompagnarono ai due pullman che dal centro del paese li avrebbero portati al porto di Bengasi, sulla nave in partenza per l’Italia: << Eravamo tutti bambini e avevano detto alle nostre famiglie che …si trattava di stare via pochi mesi e che noi bambini avremmo soggiornato nelle ‘colonie marine del Fascio’ in Italia>>.

 

 

 

Però quello era solo l’inizio di un calvario che trasformò la vita di ben 13mila bambini esuli dalla Libia e senza famiglia praticamente in fuga in diverse ‘colonie’ italiane scappando più volte sotto le bombe.
E che quel ragazzino Floris ha vissuto praticamente da fratello maggiore e papà per i suoi tre fratellini:  Paolo, Silvano e la sorellina….

Partendo dalla nave che poi sbarcò a Cesenatico....Come spiega lui stesso, raccontando così le vicissitudini dei “Quattro Fratelli Pizzi” e degli altri bambini suoi compagni di viaggio verso una vita amara;<< Con la nave siamo sbarcati a Cesenatico, senza sapere cosa stava succedendo. Ce ne siamo poi accorti perfettamente quando ci hanno portato a Napoli, quando suonavano le sirene e sotto le bombe scappavamo dentro una chiesa, oltre che nei bunker sotterranei. Quanta paura…, si stava tutti stretti stretti…>>.
Continua ancora Floris:<< Poi, sempre sotto controllo da parte del Regime , proprio per scappare dalla guerra,  siamo stati in altri posti, come a Tresigallo e a Massa Lombarda ma anche nella colonia estiva a Marina di Massa, e nella colonia montana di Candriai, zona Monte Bondone nel Trentino, sempre gestite dal Fascio…>>.

 

 

 

Cambiavano i posti, come documentiamo anche in fotogallery, ma i pericoli erano sempre tanti, come i ricordi di Floris che , proprio per la sue età, veniva già ‘inquadrato’ in comportamenti da grandicelli, assieme agli altri bambini libici della sua età.
Spiega infatti Floris: << Noi che eravamo più grandicelli, ci inquadravano in gruppetti , con le stesse camicie e camminavamo facendo il saluto fascista. Ed un giorno a Massa Lombarda, dove siamo stati tra il 1941 e il 1942, c’è stata una sorpresa…>>.
A questo punto del suo discorso, Floris muove le mani imitando quei gesti insistenti che Lui ricorda bene: quelli dei soldati della Milizia che davanti ad una caserma a Massa Lombarda stavano facendo al suo gruppetto di libici’ chiamandoli e dicendo “venite quei, venite qua” .
Gesti che diventano straordinari ancora adesso mentre Floris mi spiega:<< Noi non capivamo, poi però …è stato lì che ho ritrovato mio padre Anacleto; era per quello che i ‘militari col fez’ ci chiamavano. E’ stata una sorpresa, tanto più che poi i miei fratellini no se lo ricordavano, se non per un ‘distintivo’ che avevano visto anche in Libia da piccini…>>

 

 

 

Storie e ricordi che lo stesso Floris mi documenta anche col qualche fotografia dell’epoca, e che vi proponiamo in fotogallery , rimandandovi all’Extratime per completare con ulteriori commenti quel che resta della Storia di Floris con riferimento a questa sua “Prima Parte”, quella del bambino Floris vissuto povero sia in Polesine che in Libia, oltre che esule libico in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale….
Una Storia che volevo raccontare perché ‘prototipo’ di altri 13mila bambini libici esuli in Italia, rimandandovi alla Floris Pizzi – Seconda Parte, perché ancora Storia-prototipo , come famiglia di un Polesine povero, che uscendo martoriato dalla Guerra si è ritrovato presto bis-trattato dalla tragica Alluvione del PO nel 1951.
Da cui peraltro Floris Pizzi, come tanti altri polesani, ha dimostrato di volere rinascere , con tanti sacrifici, per vivere orgogliosamente, col senso della famiglia e della comunità, anche da anziani, come ha dimostrato stesso Floris …studente della Università Popolare Polesana e cantastorie prototipo grazie appunto alla sua straordinaria esperienza ormai centenaria, maturata peraltro in mezzo a tanti periodi e fatti difficili di una vita tutta da raccontare perché possa insegnare anche… ciò che i Grandi non dovrebbero mai fare.

 

 

 

 


PIZZI FLORIS - ESPERIENZE DI VITA VISSUTA ( di Floris Pizzi, by Experientia – a.a. 2002/03 ) ( Università Popolare- Ceregnano)  
LA GRANDE STORIA/ Vacanze di guerra. Nel 1940 tredicimila bambini italiani di Libia furono portati in Romagna da navi della Marina per trascorrere le vacanze. Con lo scoppio della guerra, cominciò la loro odissea.

Al tempo in cui andavano a scuola i miei genitori, l’università era una scuola per cittadini ricchi e privilegiati.
La scuola dell’obbligo era la terza elementare, chi ne conseguiva la licenza era valido per avere l’accesso ai concorsi pubblici.
La scuola era frequentata da pochi bambini, in quei tempi c’era tanta povertà e molti scolari abitavano lontano e i mezzi di trasporto non esistevano, le strade erano disastrate e fangose.
Per le donne era un brutto periodo, alla scuola erano preferiti i maschi, anche se erano meno intelligenti. Le donne erano destinate ad accudire la casa e i bambini a fare la calza, mentalità dei miei tempi.
Ora invece tutto è cambiato, le scuole sono accessibili a tutti senza distinzione di sesso.
Con l’Università Popolare per la Terza Età, anche a noi d’altri tempi è stato reso possibile recuperare il tempo perduto, di realizzarci, far conoscere le nostre capacità e conoscenze culturali e letterarie, raccontare fatti e avvenimenti.

 

 

 

Io sono un ex colono della Libia, abitavo al villaggio Francesco Baracca a Bengasi in Cirenaica. Sono passati tanti anni da allora, ma un ricordo come quello che sto per raccontare non si dimenticherà mai, una drammatica vicenda vissuta da me, i miei fratelli e i genitori.
Nel 1938 la mia famiglia con una spedizione organizzata dal regime fascista emigrò in Libia per andare a coltivare quelle terre africane incolte.
Sembrava una buona iniziativa economica in quei tempi di miserie e di fame. Eravamo partiti con tanta speranza di farci un avvenire e migliorare le nostre condizioni, invece per causa della guerra si concluse in un drammatico calvario per 13000 bambini figli di coloni.
Per ordine del regime fascista, nel mese di giugno del 1940, quando l’Italia entrò in guerra, tutti noi bambini dai 5 ai 14 anni siamo stati allontanati dalle nostre famiglie e rimpatriati in Italia ospiti nelle colonie estive.

Noi siamo partiti in quattro fratelli, uno di 5, uno di 6, mia sorella di 11 e io di 13; doveva essere una vacanza di tre mesi invece si tramutò in una tragica avventura durata sei lunghi anni. Ancora ricordo quella lontana mattina del giugno 1940, come fosse oggi.
La mamma venne a svegliarci che era ancora buio, il paese era lontano e all’orario stabilito dovevamo essere pronti nella piazza davanti alla chiesa.
Arrivarono due pullman con delle donne in divisa fascista, in fretta e furia hanno cominciato a farci salire.

 

 

 

 

Quando i bambini più piccoli si sono resi conto di quello che stava succedendo si sono aggrappati alle loro mamme e non volevano più salire. Sono stati strappati con forza, momenti drammatici, pianti e urla, sembrava la fine del mondo.
Io e i miei fratelli appoggiati alla vetrata del pullman guardavamo la mamma: con le lacrime agli occhi e con la mano ci salutava.
Per molti di noi è stato l’ultimo saluto. Questa drammatica vicenda si concluse solo nell’arco di sei tormentati anni.
 Per la vicenda della guerra e problemi di salute molte famiglie sono state decimate e distrutte, molti bambini sono stati colpiti dai bombardamenti e per le molte sofferenze subite persero la vita, così non si sono più rivisti. Noi eravamo i ragazzi della quarta sponda, bambini libici, piccoli eroi della guerra: un ricordo che è rimasto inciso nel mio cuore ancora dopo sessanta anni, quando ne parlo mi vengono le lacrime agli occhi. Questa è una minima sintesi di quel drammatico passato, abbastanza per far capire la tragedia che noi ragazzi libici abbiamo vissuto. Spero che questo mio racconto venga pubblicato anche con la speranza d’incontrare alcuni dei miei compagni che hanno vissuto la mia stessa storia.
Sarebbe molto emozionante.

 

 

 

PRIMA APPENDICE FLASH – ( di Sergio Sottovia ) / FLORIS PIZZI, UN BAMBINO ESULE DALLA LIBIA IN ITALIA DURANTE LA GUERRA , COME QUELLA DE ..“ I TREDICIMILA RAGAZZI ITALO-LIBICI DIMENTICATI DALLA STORIA” ( titolo del libro di Grazia Arnese Grimaldi, by Marco Sabatelli Editore, 320 pag ) /
Per dare un senso più completo e ‘generale’ alla Storia di Floris Pizzi ‘esule’ da bambino libico in Italia durante la Guerra, voglio fare un breve ma significativo focus su quel ‘calvario’ traendo spunti dal Libro scritto da Grazia Arnese anche perché Lei stessa era, come il nostro ormai 93enne Floris, uno di quei 13/mila ragazzi libici della così detta “Quarta Sponda”.
Proprio per questo ho scelto di proporvi anche alcuni ‘stralci storici’ del Libro di Grazia Arnese, vista la speciale attinenza alla ‘storia’ di Floris Pizzi; innanzitutto perché entrambi sono stati ‘sottratti’ alle loro famiglie, quelle dei coloni italiani che in Libia stavano cercando di rendere fertile il deserto.
Sottratti in 13.000, e diventati bambini senza patria e senza famiglia, perché mandati ‘in vacanza’ dal fascismo, per quella estate del 1940 che – questo è stato detto a loro – nelle colonie estive italiane doveva diventare una estate di sole e divertimento, ma che si rivelò un incubo durato tutta la Guerra e oltre.

 

 

 

Una storia, quella di Grazia Arnese allora bambina di soli 7 anni, che ci fa conoscere meglio sia l’amara storia libica di Floris Pizzi, che l’amaro lungo periodo vissuto da tanti di quei 13mila bambini, spostati di anno in anno tra le varie ‘colonie’ in tutta Italia scappando anche sotto le bombe durante la Seconda Guerra, spostandosi anche con lo spostarsi de fronte
E’ stato così per quei bambini arrivati in Italia nel 1940, e di cui la Arnese segnala alcune specifiche destinazioni, citando che ne portarono 153 a Venezia, 321 agli Alberoni, 190 a Corbola, 161 a Fiesso Umbertiano, ma anche a Ravenna ( dove la stessa Grazia è…sbarcata) , Genova, Bologna, Brescia, Verona e Trentino ( dove sono stati poi trasferiti anche i fratelli Pizzi).
Quei “Ragazzi della Quarta Sponda” erano dimenticati da tutti, anche per questo – racconta la Arnese nel suo libro – erano pronti a cantare nelle piazze dei paesi sia Bella Ciao che Giovinezza, giusto per un tozzo di pane da parte di chiunque.
Praticamente bambini esuli in patria ma trattati da stranieri e senza ricongiungimento con le loro famiglie.

 

 

 

Così nel libro si racconta che molti maschietti, specie i più grandicelli, si arruolarono nell’esercito di Salò, mentre alle ragazze – cita Giò Alamo su Il Gazzettino con riferimento allo stesso libro della Arnese - …”fu imposto dai fascisti di scegliere fra la miseria e un ruolo di ausiliarie nell’esercito nazista, ovvero diventare prostitute di soldati e ufficiali”.
Una storia, amara, quella parallela di Arnese, Pizzi e di quei 13.000 bambini italo libici, perché non riguarda l’olocausto, né le leggi razziali, prigionieri politici, Salò e l’esodo degli Istriani e Dalmati e neppure le Fosse Ardeatine, ma… resta il fatto che di quei 13mila, solo diecimila sopravvissero e appena 1500 riuscirono a tornare in Libia dalle loro famiglie, prima che Gheddafi nell’ottobre 1970 obbligasse gli italiani ad un nuovo amaro esodo causa esproprio.
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NOTA by Mensile “Italiani d’Africa” , ottobre/novembre 1998 ( registrato al Tribunale di Roma  n. 00267/93 del 23.06.1993  / Edito by Associazione Italiani Rimpatriati dall’Africa /
Nella rubrica “In Memoria “ , dove vengono onorate le morti degli associati, si scrive:” lo scorso 14 maggio ci ha lasciato il pittore naif Rino Arnese, fratello della nostra delegata Grazia Arnese Grimaldi, autrice del libro << I ragazzi della IV Sponda>>
“ I Ragazzi della IV Sponda” ringraziano per la donazione da lui fatta nel ’94 a loro nome di una collezione di 50 tele al Comune di Carpenedolo (BS) la cui popolazione , negli anni 1944-46, aveva dato effetto , assistenza e protezione ai bambini libici.

 

 

 

SECONDA APPENDICE FLASH – LIBIA STORY / IL CENTENARIO DI ITALO BALBO
( di Francesco Prestopino, dal Mensile ITALIANI D’AFRICA / Passato e presente. Diritti, prospettive e legami con i Popoli d’Africa///t

  ( Anno XVIII n. 8/9/10- Ottobre/Novembre/ Dicembre 1996 /// Mensile della “Associazione Italiani Rimpatriati Dalla Libia) /
 ( stralcio dell’intervento pubblico di Prestopino , a Mirabello di Ferrara , 3 settembre 1996, sul tema “Italo Balbo aviatore e colonizzatore”)
ITALO BALBO IL COLONIZZATORE ( nato a Quartesana /FE il 5 giugno 1896 - morto a Tobruch, 28 giugno 1940, in Libia, abbattuto col suo aereo ‘per errore’ dalla contraerea italiana - credeva fossero gli aerei inglesi appena allontanatisi - mente era in ricognizione in Cirenaica sul fronte italo-egiziano) /


Dal punto di vista politico Italo Balbo nel 1936 ottiene dal Governo di Roma il decreto che stabilisce la creazione delle quattro province libiche: Tripoli, Misurata, Bengasi, Derna che diventano a tutti gli effetti territorio metropolitano, costituendo la 17^ regione del Regno d’Italia.
Uno degli scopi di Baldo nel far ciò era quello di concedere  la cittadinanza italiana alla grande maggioranza dei libici, ma la sua audace proposta, fatta in un periodo in cui erano appena state varate le famigerate leggi razziali, venne respinta ed egli dovette accontentarsi di un provvedimento più moderato mediante il quale anche i libici potevano avvalersi della cittadinanza italiana ma non con gli stessi diritti degli italiani.

Tuttavia ciò che rimane indissolubilmente legato al nome di Baldo come governatore della Libia è la COLONIZZAZIONE che sotto la sua guida ebbe un impulso senza precedenti.
Nel 1933 erano presenti in Tripolitania appena a1500 famiglie coloniche per complessive 7.000 persone. Ancora più scarsa era la popolazione agricola in Cirenaica.
Balbo modificò innanzitutto i sistemi fino ad allora impiegati per fare la colonizzazione. Egli scelse di incrementare l’intervento statale a discapito della iniziativa privata.

 

 

 

Suoi principali strumenti per far ciò furono l’Ente di Colonizzazione della Cirenaica , istituito nel 1932, che nel 1935 cambiò il proprio nome in Ente per la Colonizzazione della Libia , e l’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale.
Intensificò inoltre la ricerca di pozzi artesiani; incoraggiò i programmi di  rimboschimento e di sistemazione di piante frangivento lungo le dune costiere; creò delle stazioni scientifiche per la sperimentazione agricola  zootecnica.

Nel 1938 Balbo dichiarò che i suddetti ECL e INPFS avrebbero intrapreso un programma a lungo termine di “colonizzazione demografica intensiva” : per 5 anni consecutivi avrebbero dovuto essere sistemati in Libia 20.000 coloni all’anno. L’obiettivo finale era di raggiungere per il 1950 una popolazione di 500.000 italiani in Libia. In questa vera e propria colonizzazione di stato, lo Stato si accollava tutti gli oneri della bonifica e della colonizzazione, oltre che la esecuzione di tutte le infrastrutture necessarie come strade, acquedotti, edifici, scuole, chiese, servizi pubblici.
Fra il 1936 e il 1939 sorsero 12 nuovi villaggi colonici in Tripolitania ed altrettanti in Cirenaica per i coloni italiani. Ma Balbo estese anche agli agricoltori libici i provvedimenti legislativi concessi agli italiani, così che anch’essi potessero godere di analoghi benefici.
E creò anche per i musulmani dei villaggi agricoli. Nel 1939 sorserò così altri 8 villaggi di colonizzazione ( 2 in Tripolitania e 6 in Cirenaica) , alcuni dei quali però, causa il sopralluogo della guerra, rimasero allo stato di progetto.

 

 

 

La prima migrazione di massa, che dava inizio alla realizzazione di questo ambizioso programma, fu quella detta dei “ventimila”. La partenza dei coloni fu fatta coincidere con l’anniversario della marcia su Roma, il 28 Ottobre 1938.
Il lavoro necessario per la realizzazione delle opere di colonizzazione impiegò circa 10.000 operai italiani e oltre 20.000 lavoratori libici.
Mentre in Libia fervevano questi lavori, in Italia un comitato appositamente costituito reclutava i coloni. L’organizzazione dell’impresa fu curata personalmente da Baldo in ogni particolare.
I coloni dovevano portare con sé solamente gli abiti, la biancheria e gli utensili da cucina. Tutto il resto lo avrebbero trovato nella fattoria che li avrebbe ospitati in Libia.
I coloni del Nord furono imbarcati a Genova, quelli del Sud a Napoli. Giunti a Tripoli i ventimila furono smistati e trasportati nelle varie fattorie cui erano stati destinati.
L’anno successivo partirono per la Libia 11.000 coloni, ma la guerra già incalzava.
Il culmine della colonizzazione e dell’insediamento intensivo degli italiani in Libia fu così raggiunto nel 1940, alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando mancavano ancora dieci anni alla meta prevista da Balbo.

 

 

 

L’immigrazione dei coloni aveva contribuito in larga misura a far aumentare la popolazione metropolitana, che era passata dai 64.000 residenti registrati nel censimento dell’Aprile 1936 agli oltre 110.000 dell’inizio del 1940 e fino ad una punta massima di 140.000 alla fine del 1940.
Dal punto di vista demografico quindi, a causa della guerra, non era stato possibile raggiungere gli obiettivi che Balbo si era prefissi. Gli agricoltori però costituivano in Libia la base sociale ed economica della popolazione italiana ivi residente.
Cosa sarebbe accaduto se non fosse intervenuta la guerra a sconvolgere tutti i programmi di Balbo? Impossibile dare una risposta precisa a questa domanda. Non pochi esperti di agricoltura sostennero che l’insediamento avrebbe potuto essere più intensivo di quello già raggiunto anche senza estendere le superfici già concesse.  I dati disponibili sulla produzione agricola in Tripolitania ( in Cirenaica la guerra aveva completamento distrutto gli insediamenti italiani) davano indicazioni generalmente positive sugli sviluppi dell’agricoltura.
Sta di fatto che i raccolti aumentarono enormemente tra il 1940 ed il 1950.  E naturalmente col procedere della colonizzazione sarebbero di pari passo cresciute le attività basate sulla lavorazione dei prodotti agricoli.

 

 

 

Certamente è pur vero che comunque il futuro economico della Libia sarebbe dipeso ancora per vari anni dalla possibilità per l’Italia di continuare ad investire sulla ‘quarta sponda’, come del resto Balbo aveva previsto.
La guerra impedì di verificare la bontà o meno dei programmi di colonizzazione e la fondatezza delle previsioni di Balbo ed egli esperti. E’ noto comunque che gli inglesi, quando occuparono la Libia, rimasero sorpresi ed ammirati da quanto era stato fatto in questo campo.
E il commissario delle N.U.  per la Libia, Adrian Pelt, evidenziò, nei suoi rapporti che precedettero la concessione dell’indipendenza di quel Paese, l’importanza del patrimonio agricolo costruito (praticamente dal nulla) dagli italiani e raccomandò che esso non andasse disperso.
Ed è anche opportuno ricordare, per dare una giusta collocazione della figura di Baldo nell’affollato campo dei personaggi eminenti del fascismo, che gli, pur compiendo fino al sacrificio personale il proprio dovere di capo e di soldato, si oppose ostinatamente all’alleanza dell’Italia con la Germania e, prima che la guerra fosse dichiarata, si schierò coraggiosamente contro la partecipazione ad essa dell’Italia.
Inoltre, Balbo, che era amico personale di molti ebrei, si oppose fieramente alla politica antisemitica attuata da Mussolini nella seconda metà egli anni ’30 e, pur essendo costretto ad accettarla formalmente, di fatto fece tutto il possibile per mitigarne l’applicazione in Libia.

 

 

 

 

EXTRATIME by SS/ In cover Floris Pizzi evergreen nel giorno del nostro primo incontro.
Quindi in apertura di fotogallery partiamo dalla sua prima casa in Polesine ,dai Santi di Papozze dove lavoravano nei campi papà Anacleto e mamma Elena, proponendo Floris che gioca coi fucili di legno assieme al suo fratellino.
Più grandicello, proponiamo Floris scolaro in due foto di gruppo alle Elementari di Villanova Marchesana, peraltro in prima fila al centro del gruppo i, nella foto datata 1935 con a dx il trio maestre.
A questo punto il nostro reportage si sposta in Libia, partendo dalla foto con ‘cammello e automobile’  proposta nella retrocover del Mensile “Italiani d’Africa” , perché emblematica della Libia nell’immaginario collettivo , tra memoria e futuro.
Un territorio già ‘governato ‘ dagli Italiani, come dimostra l’immagine dei bambini tripolini  che nel 1923 vediamo in viaggio premio a Roma , mentre  salgono i gradini dell’Altare della Patria.
Insomma una colonizzazione già esistente e che però Italo Balbo accentuò a partire dal 1938 , l’anno di riferimento per quanto riguarda la foto che mostra mamma Elena ‘lavandaia’ , mentre i suoi due bambini Paolo e Silvano pompano l’pacqua.
Altra testimonianza di Floris in Libia è dimostrata dal ‘bigliettino’ che riporta il suo none anche in carattere cirillici , cioè Lore, a fianco di altre parole scritte in entrambe le lingue.
A questo punto passiamo a mostrarvi Floris, bambino libico esule in Italia dal 1940, ‘ramingo’ nelle varie colonie del fascio sopracitate.

 

 

 

 

Perciò con riferimento alle varie location, eccolo in trio tra i fratellini Silvano e Paolo, nella colonia montana di Candriai, sotto il Monte Bondone nel Trentino.
Da dove lo proponiamo anche in poker ragazzini vestiti da ‘balilla’ , oltre che in versione poster ‘squadre di calcio’ con tutti i bambini libici che sono rimasti a Candria tra il 1941/42, quando Floris per Natale è stato ospite della famiglia Orsini.
Concludendo la fotogallery relativa a Floris esule libico in Italia durante la Guerra , vi proponiamo la ‘Casa del Fascio di Massalombarda, certificata dalla calligrafia di Floris che proprio lì , chiamato dai militari italiani mentre era in gruppo di passaggio sulla strada, ha incontrato a sorpresa suo papà Anacleto che aveva lasciato la Libia.
E con riferimento proprio all’habitat Libia, ricordiamo che dal 1936, dal punto di vista politico, Italo Balbo ottenne da Roma il decreto che stabilì la creazione delle seguenti 4 provincie: Tripoli, Misurata, Bengasi, Derna.
E che quando scoppiò la Guerra l’Egitto era ‘tutelato’ dall’Inghilterra, mentre a sx il Nord Africa fino all’Atlantico era controllato dalla Francia.
Per quanto riguarda la Libia governata da Italo Balbo, vi proponiamo alcune immagini significative del periodo pre Guerra Mondiale, con relative didascalie incorporate, da Triipoli a Bengasi, con alcune immagini della città che dimostrano il consolidato radicamento italiano ( vedi anche Cinema Garibaldi) .
Poi da giugno 1940 c’è stata la Guerra anche in Libia e  con…13mila bambini esuli in Italia , tra cui Floris ma anche Grazia Arnese Grimaldi che ha raccontato tutto nel sopracitato Libro sui “Ragazzi della Quarta Sponda” .
Per questo onoriamo suo padre Rino Arnese, morto il 14 maggio 1998, proponendolo in trio familiare con moglie e figlia.

 

 

 

 

E visto che ha raccontato anche della ‘colonia’ di Tresigallo, vi proponiamo su più file un gruppetto di bambini, ricordando che tra quelli che hanno frequentato la Terza Media c’era anche Jolanda De Palma, proprio la cantante Julia de Palma che nel 1959 – scrive Franco Malagò sul Mensile Italiani d’Africa – “ fu al centro della vicenda per bloccare , far fallire e Certo gli italiani restarono ancora in Libia , come documentiamo con una foto datata 1954/55 relativa ad una squadra di calcio del Villaggio Garibaldi , con tanto di didascalia incorporata.
Poi però nel 1970 ci pensò il Colonnello Gheddafi ad espropriare e ‘cacciare’ gli Italiani.
Ma quel periodo per Floris e quei bambini dei Villaggi libici, è stato fonte di una amicizia indissolubile, come dimostra anche il Mensile “Rimpatriati d’Italia” che vi proponiamo fotografato in tandem-copertine annate 1996 e 1998.
Come peraltro dimostra anche al visita che Floris ( vedi foto trio) ha ricevuto nel 2004 da Mafalda Raise, la ‘bambina’ classe 1928 che ha vissuto come il nostro Personaggio Story al Villaggio Barricata dal 1938 , da coloni italiani con le rispettive famiglie.
Ma dulcis in fundo vi proponiamo, a fianco di suo nipote Roberto Pizzi, l’attuale evergreen Floris/Lore, di cui vi proporremo prossimamente anche la sua Seconda Parte Story, perché esemplificativa di un’altra ripartenza da parte della Gente del Polesine.
Di quelle però come Floris Pizzi che, malgrado l’Alluvione del 1951, non hanno voluto partire per il triangolo industriale Milano, Torino, Genova; scegliendo di restare nel suo amato Polesine, pur cambiando diversi lavori … di cui vi parleremo appunto nella sua prossima speciale story da famiglia numerosa.

 

Sergio Sottovia
www.polesinesport.it