Polesine & La Grande Alluvione del 1951/ Testimonianza di Frassinelle (camion della morte) e Polesella (aiuti CRI e militari). Dal libro di Campanati


Diamo un altro turno di riposo alle testimonianze raccolte dagli studenti crespinesi e ci affidiamo per la seconda volta al libro “Cronaca di una Alluvione” scritto da Pietro Campanati da Polesella ( con le testimonianze numero 10 e 11). Perché – l’abbiamo già detto - è un libro ‘diretto’, frutto di un vissuto autentico, da parte dell’autore e che merita di essere ‘letto tutto’.
Perciò eccovi la testimonianza di una donna di Frassinelle/Polesella sconvolta dal racconto dell’autista del camion della morte, quello sul quale morirono 84 persone a Frassinelle in località Chiesa.
E a seguire al testimonianza dei primi soccorsi a Polesella da parte della Croce Rossa Italiana e dei militari. Per un sostegno coordinato anche dalle autorità locali con l’aiuto altresì di alcuni cittadini e volontari del posto

PRIMA TESTIMONIANZA / SI RACCONTA LA STORIA DEL CAMIONISTA DI FRASSINELLE….( QUELLO DEL TRAGICO CAMION DELLA MORTE ( 84 VITTIME) …( pag  65/70 del Libro di Campanati)

Dalla mamma trovai la signora di Frassinelle appena giunta dal suo paese, dove era ritornata dopo la fuga dl giorno prima. Era andata con un barcaiolo del luogo, costretta a farlo perché a Frassinelle aveva un negozio di alimentari che gestiva assieme al marito e che dopo la precipitosa fuga aveva lasciato alla mercé degli sciacalli….
Stava appunto raccontando ai miei genitori la sua pericolosa avventura , con dovizia di particolari da far accapponare la pelle….

<< Lungo il tragitto non abbiamo visto altro che una infinita distesa d’acqua e udito il lamento degli animali morenti chiusi nelle stalle. Da lontano si sentivano invocazioni di aiuto di gente che era rimasta prigioniera nelle loro case, ma che potevamo fare? Più di una volta le forti correnti ci hanno fatto sbattere contro gli alberi. Ci fu un attimo in cui credetti che fosse giunto il momento di rendere l’anima a Dio, quando la barca strisciò, con un sinistro stridore, sopra un tronco di una grossa pianta spezzata a fior d’acqua. Per fortuna il fondo ha tenuto altrimenti non sarei qui a raccontare queste cose”. 
Parlava sempre lei perché il marito, essendo stato operato di tumore alla gola, era privo delle corde vocali e quindi si limitava a convalidare con cenni del capo, quello che diceva la moglie. Lo faceva quasi di continuo come fosse il suo svago preferito.
Con toni tragici la signora continuò:” Il brutto viene ora, guardate mi viene la pelle d’oca solo a pensarci. Portavo al piano superiore tutto quello che potevo per paura che l’acqua raggiungesse il negozio, mio marito era impegnato a servire la gente che arrivava sempre più numerosa ad acquistare generi di prima necessità. Quasi tutti li volevano a credito perché erano scappati dalle loro case quasi nudi, non mi rimane altro che interrompere il mio lavoro e dargli una mano. Ad un tratto mi si presentò davanti un uomo tarchiato che non conoscevo, era pallido da far paura, mi chiese un panino con il salame, lo feci con il pane vecchio di due giorni, non reclamò e si mise a mangiarlo con voracità. Poi mi disse: signora se hai bisogno di qualche cosa sono pronto ad aiutare: così non ho il tempo di ricordare.

Mi sembrò una brava persona, perciò accettai senza riserva anche perché ne avevo estremo bisogno, mi impensierì solo la sua misteriosa frase. Una volta sfoltita la clientela, ripresi il mio lavoro aiutata da questo signore che era forte come un bue. A mezzogiorno tornò il mio barcaiolo, il quale era stato requisito dal nostro Sindaco per l’emergenza. Preparai un pasto frugale, fu in quel momento che l’uomo mi disse chi era e perché si trovava a Frassinelle.
S’interruppe un momento perché gli mancò il respiro, poi mi disse che non dovevo diffidare di lui.
Sono un camionista di Rovigo che lavora con il proprio camion in vari servizi di trasporto. Sapendo che gli argini del Po non riuscivano più a contenere l’ondata in piena, in città non si parlava d’altro, sono partito con il mezzo di trasporto verso Fiesso Umbertiano dove abitano i miei anziani genitori e una sorella. Mia moglie era contraria a questa partenza, ma io testardo volli partire lo stesso. Il mio unico pensiero era salvarli senza pensare quanto fosse pericoloso avventurarmi di notte su quelle strade, anche se le conoscevo bene, poiché avevo trascorso la mia giovinezza in quei luoghi. Era una un’impresa talmente rischiosa che solo un pazzo poteva rischiare.
Di questo me ne resi conto dopo. Avevo già passato questo paese di quattro o cinque chilometri, quando un uomo mi si parò davanti al camion facendo disperati segni di fermarmi.
Dove vai? Mi chiese. Gli risposi che andavo a Fiesso  a prendere i miei genitori. Sei matto! Gridò. Torna subito indietro, il PO ha rotto gli argini a Malcantone di Occhiobello.
Lo feci salire in cabina con me e gli chiesi: Cosa mi consiglia di fare?

Se vuoi renderti utile qui attorno nelle fattorie ci sono decine e decine di persone fra cui mia moglie , e i miei figli, che sono rifugiati sui fienili ritenendoli più sicuri delle nostre case. Certamente  anche questi sono posti a rischio. Per salvarsi bisogna andare sugli argini del Canal Bianco a Polesella dove il centro è in zona alta.
Mi accompagnò in due fattorie e caricai circa cento persone, un peso sproporzionato per la portata dl camion, ma non potevo lasciare giù qualcuno. La mia guida, essendo stato l’ultimo a salire, non riusciva a trovare più il posto nel cassone e si sistemò sul cofano tenendo stretti a sé i suoi due figli. Il camion arrancava lentamente nel buio della notte, a Cà Rumiatti trovai la strada sbarrata da n pagliaio, portata dall’acqua che ormai arrivava velocemente. Riuscii a girare il camion e mi avviai sulla strada per il centro di Frassinelle; purtroppo nei pressi della chiesa, al bivio per Polesella, arrivò impetuosamente l’acqua della rotta, feci ancora cinquanta metri, quando questa raggiunse l’altezza del motore questi si fermò.
Tentai di avviarlo  ma inutilmente, la situazione divenne drammatica. Vidi l’uomo sul cofano scendere in acqua, aprire la portiera del camion e sistemare i suoi due figli in braccio alla donna che era accanto a me, poi mi gridò di andare a chiedere aiuto in paese.
Gli dissi che non potevamo lasciarli soli, ma lui testardo disse che l’acqua non sarebbe salita oltre un metro.
Saltai in acqua anch’io e dissi alla gente di stare calma che saremmo tornati presto con gli aiuti per portarli in salvo. Mi allontanai di qualche passo e la corrente mi trascinò via; persi di vista l’uomo che era con me. Come mi sono trovato sull’argine del canal Bianco non lo so.
Trovai un contadino con un trattore e lo pregai di venire con me, ma non volle sentire ragione. Non sapevo cosa fare. Trovai l’uomo che era partito con me, anche lui giunto miracolosamente sull’argine. Insieme andammo a cercare il Sindaco del paese, una volta trovato gli esposi la situazione del camion carico di gente che si trovava a rischio in mezzo alla campagna invasa dall’acqua Ma anche lui si trovò impotente di fronte al disastro e disse che il mattino dopo, con la luce del giorno, avrebbe mandato dei soccorsi, e che per il momento non restava altro che aspettare”.

La signora interruppe il suo racconto per riprendere fiato. Era tutta sudata e le tremavano le mani, ma volle finire il racconto:
“Ora mi trovo qui isolato, mi raccontava il camionista affranto, senza sapere che fine ha fatto quella gente sul mio camion. Dove si troveranno i miei genitori e mia sorella? Mia moglie sarà preoccupata per me e chissà quando potrò tornare nella mia casa a Rovigo.
Provavo tanta pietà per quell’uomo coinvolto in fatti superiori alle sue possibilità di affrontarli.
Quest’oggi prima di partire con il barcaiolo per venire qui, gli ho consegnato la mia casa, dove può abitare fino a quando sarà in grado di tornare nella sua famiglia”.
Dopo alcuni giorni seppe, da persone bene informate, che ben 84 furono le vittime di quel camion e che solo 14 si salvarono, Fu subito chiamato il camion della morte. Fu fatalità? Fu colpa di qualcuno? Chi ha vissuto quei momenti non può ergersi a giudice di nessuno. Il problema di quella disgrazia sono stati i mancati soccorsi e aiuti e che le autorità della Provincia, forse per non creare il panico fra la popolazione, non informarono abbastanza sulla gravità della situazione. Ma siamo al solito uovo di Colombo. Dopo il fatto tutti sanno cosa fare.
Parte della verità sulle rotte venne a galla più tardi, ma non per tutti. Io ebbi l’occasione di ascoltare il racconto di un giornalista che era presente quando l’acqua superò gli argini.
Prima a Paviole di Canaro e poi alle rotte di Occhiobello. A queste ultime rotte arrivò in piena notte andando con una barca lungo la riva emiliana per poi tagliare di netto il fiume tra le due rotte con una manovra spericolata, la sola visibilità di una grossa torcia e il chiarore dei fuochi accesi sull’argine dai contadini per scaldarsi. Rimanendo poi prigioniero assieme agli altri su quell’isola, formatasi fra i due squarci perché aveva perso la barca trascinata via dalla corrente. Si salvò da quell’incomoda situazione grazie all’intervento dei Vigili del fuoco di Ferrara.
Disse che gli argini dopo il superamento dell’acqua si sgretolarono come fossero corrosi dal tempo, riversando nella fertile pianura un mare di fango e acqua e cogliendoli sorpresa coloro che non vollero fuggire sugli argini del Po.
Ci fu qualche morto e case spazzate via come fossero di carta. Chi aveva l’abitazione più all’interno della campagna, visse avventure spaventose. Come quella ragazza che avendo udito un insolito e forte rumore, incuriosita si alzò dal letto e aperta la porta della stanza, cadde nell’acqua perché un pezzo di casa era crollato. Alle sue grida fu salvata dagli altri famigliari non meno spaventati e tutti insieme, bagnati e pieni di freddo, si rifugiarono sugli alberi, per essere salvati due giorni dopo ormai allo stremo delle forze. Un’altra donna partorì il figlio sul fondo piatto della barca che il marito cercava di guidare verso la salvezza e tante altre situazioni drammatiche che impose, a quella sfortunata gente la via, di un calvario che sembrava senza fine.

SECONDA TESTIMONIANZA by LIBRO “CRONACA DI UNA ALLUVIONE” (pag 70/71) /di Terzo Campanati / Macchione Editore / A POLESELLA ARRIVA IL SOSTEGNO DELLA CRI E DEI MILITARI

Sempre il 15 novembre fu un giorno denso di avvenimenti, un rapido susseguirsi di novità che testimoniavano la gravità della situazione.
Verso le nove del mattino giunse a Polesella un elicottero dell’aeronautica militare italiana, con il compito di perlustrare la zona allagata e segnalare eventuali superstiti. La sua base di partenza e di atterraggio era il campo sportivo. Questo mezzo si dimostrò subito di grande aiuto per salvare ci era disgraziatamente rimasto prigioniero in mezzo a quel mare d’acqua.
Sempre quel giorno arrivò una grande tenda della Croce Rossa Italiana con alcuni medici e infermieri volontari in aiuto all’ambulatorio comunale, non più in grado di far fronte all’emergenza.
Arrivò anche un reparto di sussistenza dell’esercito italiano con cucine da campo. Quei bravi soldati si misero subito all’opera per assicurare ai profughi due pasti caldi al giorno. In quel momento di smarrimento e disgregazione sociale questi interventi furono vitali per noi.
Io e mia moglie, con la pentola in mano andavamo a prendere quel salutare minestrone facendo la fila anche per un’ora. Era buono e fatto con ingredienti sani. Mi sembrava di essere ritornato militare, in zona di guerra, quando veniva distribuito il rancio.
Verso sera, sempre dello stesso giorno, incontrai il consigliere comunale amico di mio padre. Quando mi vide esclamò:” Proprio te cercavo!”  e senza lasciarmi parlare continuò.
“Stanno per arrivare alcuni pompieri a completamento con l’elicottero. Hanno bisogno di uno del luogo che conosce bene i posti qui attorno per essere più rapidi negli interventi. Io e il Sindaco abbiamo pensato a te. Ti senti di farlo?”
Impulsivamente dissi di sì senza aggiungere altro.
Colsi l’occasione per chiedere com’era la situazione:” Grave figliolo, molto grave”, mi rispose “il bacino formatosi tra il Canal Bianco e la Fossa di Polesella, non regge più all’abbondante acqua che ancora entra dalle rotte. I dirigenti del Genio Civile speravano di trattenervi l’acqua per 48 ore per dar modo all’altra parte del Polesine, di evacuare la gente. Invece dopo poco più di 18 ore, questo bacino naturale sta per straripare e allagare il resto della Provincia: penso che a quest’ora avrà superato gli argini del Canal Bianco o della Fossa o lo avranno fatti saltare con la dinamite in punti stabiliti dai responsabili del Genio Civile e dal Prefetto per evitare danni maggiori”.
Non capii molto la necessità di far saltare gli argini, ma capii perfettamente che altre migliaia e migliaia di persone stavano per essere travolte dalla rotta, con tutto quello che comportava in orrore e sacrifici.
La mattina del 16 novembre, dopo aver riposato male nelle poche ore in cui ero steso sul pavimento accanto a mia moglie e alla mia bambina, mi alzai….

EXTRATIME by SS/ La copertina è per il ricordo indelebile dela tragedia di Frassinelle. Perciò mostriamo il monumento a ricordo degli 84 deceduti sul “camion della morte”.
Una ALLUVIONE che in questo racconto ha coinvolto tanti luoghi del PO, nel tratto che da Ferrara va a Polesella. E perciò mostriamo in sequenza il Ponte sul Po tra Santa Maria Maddalena e Pontelagoscuro-Ferrara.  Quindi con riferimento a Frassinelle, la chiesa attuale in località appunto denominata Chiesa. Per continuare nella fotogallery mostrando, con riferimento a Polesella, le attuali località di Santa Maura, quindi il Corso dov’era la Fossa  (a sx il palazzo del Magistrato del Po) e il Ponte che ormai da oltre 25 anni ha sostituito quello storico in chiatte. 
Rimostrando in chiusura quanto è scritto a Frassinelle sul monumento dedicato alle 84 persone decedute sul purtroppo famoso camion della morte.


Testi by libro “ Cronaca di una Alluvione” di Pietro Campanati
Sergio Sottovia/ Memoria & Futuro
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