Silvano Bin promoter di Sport & Socialità, dal 1969 al 1983, coi giovani di Castelguglielmo - Prima Parte Story/ Partendo con Don Luigi, Massimo Stefani, Serafino Malanchin, Nadir Turra; tra Calcio, Volley, Musica e fiera di San Gaetano
Questa di Silvano Bin è una storia prototipo, perché non appartiene solo a Silvano ma ai tanti ‘ragazzi di paese’ che in Italia, come nella Castelguglielmo dei primi tempi del “Sessantotto” è diventata presto ‘maggiorenne’ attraverso un attivismo sociale basato tanto sul volontariato ‘partito dal basso’.
Una storia che, prima di proporvela, valeva la pena che l’ascoltassi prima direttamente; non soltanto perché Silvano Bin ne era l’autore, ma anche perché ho capito, subito dalla proposta fattami da Massimo Stefani, che la storia oltre ad avere i crismi della ‘originalità’ , affondava le radici in un personaggio descrittomi ‘speciale’.
In pratica la storia di Silvano, aveva soprattutto tante implicazioni sociali su tutta la Comunità di Castelguglielmo, nel ventennio dagli anni ’60 agli anni ’80, quasi in parallelo con l’evoluzione dei suoi giovani che hanno voluto ‘vivere’ più intensamente il loro presente, da protagonisti in tanti microcosmi soltanto in parte impregnati dallo spirito di contestazione che intento era ‘maturato’ nelle Università ‘pilota’ e nei giovani delle grandi città, a volte ‘bruciate’ dalla contestazione.
Fatto questo doveroso preambolo e rimandovi in calce in calce sia alla Storia del Comune di Giacciano con Baruchella ( by wikipedia) che al tradizionale Extratime per ulteriori commenti legati anche alla fotogallery, vi proponiamo in modo disaggregato e in sequenza Prima e Seconda Parte, scritta appunto dallo stesso Silvano Bin e , come detto, ascoltata anche direttamente a casa sua assieme a Massimo Stefani prima di ‘strutturarla anche con adeguata fotogallery per questa pubblicazione.
Perché ‘sostanza di realtà’ da …comunità di piccolo paese ‘prototipo’ di laboratorio di ‘ricreatività’, con microcosmi integrati tra sport, musica, socialità coinvolgente anche con gli adulti di un paese dalle tradizioni radicate in un mondo agricolo a volte refrattario alle novità.
Certo era cambiata l’Italia delle comunicazioni e della informazione, ma i giovani che hanno partecipati alla ‘nuova vita attiva’ stimolata da Silvano Bin e dai suoi primi ‘apostoli’ hanno avuto il merito di essere propositivi e partecipanti tout court, giusto per vivere la loro meglio gioventù e i…migliori anni della loro vita.
Quanto sia sensibile e meritevole di attenzione questa Storia raccontata da Silvano Bin , lo dimostra anche questo suo piccolo flash trasmessomi in premessa: << Come da accordi, in allegato, troverai l'esperienza con i giovani del mio paese. Purtroppo, non avendo molto tempo, l'esperienza non è stata scritta con cura e troverai anche qualche errore. Non sono mai stato bravo in italiano e non leggo molto, però mi piace scrivere- Ho scritto delle favole e, alcune, sono state pubblicate sulla rivista "Città Nuova". In seguito ti manderò delle foto, non riesco farlo subito, perché mi manca il tempo per scegliere le più significative. Un saluto e grazie di essere venuto ieri sera. Silvano >>
A CASTELGUGLIELMO : L’ESPERIENZA DI SILVANO BIN CON I GIOVANI DEL SUO PAESE / ( di Silvano Bin, mail 28.10.2021)/ Nascita del G.G.C. (Gruppo Giovanile Castelguglielmo) visto da Silvano 1969 – 1983
PRIMA PARTE : DAL RITORNO DAL COLLEGIO DI PARMA ALLE PRIME “AGGREGAZIONI” SPORTIVE, MUSICALI E SOCIALI…
( La “partenza” con Don Luigi, aiutato da Massimo Stefani detto “Beccaio”, più la saggezza di Serafino Malanchin, e la determinazione di Nadir Turra )
DOPO SETTE ANNI DI COLLEGIO FATTI A PARMA, sono ritornato definitivamente a casa. Quasi ogni giorno andavo a fare un giretto in piazza, per cercare di riprendere qualche contatto sospeso con i miei paesani. Mi mettevo sul fianco ovest della chiesa, all’altezza dell’entrata principale del campetto e, mentre osservavo, notavo che solo alcuni mi salutavano, ma da lontano, per il resto massima indifferenza. Mi sembrava di avere un muro davanti, fatto di chiusura. Certo, avevo già messo in programma la differenza che c’è fra la città e il paese, ma che fosse così … “tanta”, non lo immaginavo.
All’inizio la cosa mi sconcertava, poi reagii: “Se non si muovono loro, vado io” e così ho iniziato, anche se non mi piaceva, entrare nei bar. Mi sono messo a giocare al calcetto ed, essendo bravino, ho fatto le mie prime conoscenze, fra queste ricordo quella di Stefano Sgarbi, da poco venuto ad abitare nel nostro paese, con cui spesso giocavo in coppia. Erano tutti più giovani di me, ma legavo benissimo lo stesso. Con alcuni si parlava di tutto, ma ogni discorso terminava sempre su: “cosa si può fare per il nostro paese”?
A quel tempo non esisteva nessuna attività paesana o parrocchiale, perfino la famosa squadra di calcio “Audace” assieme al famoso inno dei tifosi “Ojo, ojo minerale per battere l’Audace ghe vole la nazionale”, era naufragata.
Insomma si doveva fare qualcosa. Ma cosa? Un gruppo di ragazzi volevano formare un complesso musicale (Roberto Conegliani, Flavio Maragno, Daniele Turra, Antonio Uliari), però gli mancava l’impianto di amplificazione, allora che fare per averlo? A qualcuno venne in mente che si poteva fare la raccolta della carta, del ferro vecchio e del vetro e, con il ricavato, acquistare i componenti dell’impianto.
Enzo Ferraresi e Patrizio Rossato assistiti dall’esperienza Rossato Radames (Fratello di Patrizio), si erano resi disponibili per l’assemblaggio. Eravamo tutti persuasi che per iniziare le nostre attività paesane, si doveva prima di tutto far funzionare il complesso musicale.
GLI INCONTRI CON DON LUIGI E LA “RACCOLTA” DEL FERRO VECCHIO E DELLA CARTA PER IL PRIMO COMPLESSO MUSICALE/ Per far conoscere i nostri progetti a tutti i giovani del paese, li abbiamo invitati ad una riunione nei locali parrocchiali. All’incontro sono venuti, circa una sessantina tra ragazzi e ragazze. Dopo aver illustrato a tutti i nostri progetti, i più vecchiotti, assieme a don Luigi, se ne andarono perché non ritenevano una cosa realizzabile. Una quarantina di ragazzi però rimasero, ma piano piano anche loro volevano andarsene, quando con decisione dissi: “O facciamo qualcosa adesso o si rischia di non far più niente in futuro”. Una decisa mano me l’hanno data Massimo Stefani detto “Beccaio”, più la saggezza di Serafino Malanchin, e la determinazione di Nadir Turra e altri, hanno fatto venire la voglia di risedersi e mettersi immediatamente a programmare le attività che avevamo in mente. Mi resi conto che stavamo rischiato parecchio, però ne valeva la pena. Individuati i posti dove depositare le raccolte, abbiamo poi pianificato i percorsi, calcolato le nostre forze e trovato i mezzi di trasporto necessari per la raccolta, insomma eravamo pronti per iniziare e, da perfetti incoscienti, ci siamo buttati verso “la grande avventura”.
A Don Luigi abbiamo chiesto di propagandare, durante le messe, la nostra iniziativa, nonostante non fosse del tutto convinto, accettò e spiegò alle famiglie la nostra idea. L’esperienza della raccolta è stata bellissima e positiva, anche se non priva di difficoltà, anzi, le difficoltà ci spronavano ad essere più coesi e più forti. Nelle raccolte abbiamo notato che generalmente i più poveri davano di più degli altri. Un episodio su tutti.
A due vecchietti, molto poveri, eravamo nella borgata delle “Pellizzare”, abbiamo chiesto con rispetto se avevano qualcosa da darci. Il vecchietto rispose: “Ho un carro a due ruote grandi che mi serviva per trasportare le bietole, ora che non ho più il cavallo e sono diventato vecchio, non mi serve più”.
Serafino comprese che da quel carro c’era più legno che ferro, ma comunque disse: “Se è contento noi prendiamo le cose in ferro e a lei lasciamo quelle in legno”. Era quello che desiderava avere del buon legno da ardere per d’inverno e, con un sorriso sdentato, ci accompagnò dov’era. E’ stato un lavoraccio per i ragazzi, ma lo fecero volentieri per quel vecchietto. Il ferro vecchio che abbiamo raccolto è stato venduto abbastanza bene, rimaneva la carta. La carta per poterla vendere doveva essere pressata, ma come si faceva pressare la carta? Il solito genio di Serafino si ricorda che mio zio, nel suo capannone, aveva una vecchia pressa dismessa, ma ancora funzionante, che andava bene al caso nostro, Serafino invece aveva il “Landini” per farla funzionare. Una prima pressatura l’abbiamo fatta nel cortile parrocchiale, però lo spazio non era abbastanza sufficiente e, qualche lamentela da parte di “qualcuno”, ci ha costretti a ripetere l’operazione in un altro luogo. Dopo poco tempo lo abbiamo individuato nell’aia dell’Ing. Cestarollo.
Serafino si prese l’onere di contattare l’Ingegnere o il responsabile dell’aia, il quale è stato molto chiaro con Serafino “Ve la prestiamo, ma tutto deve ritornare come prima, intesi?” Non so che cosa deve aver risposto Serafino per rassicurare il suo interlocutore, sicuramente si è preso una bella responsabilità. La sera prima del giorno stabilito (deve essere stato di Domenica) ci siamo trovati per pianificare i lavori e i compiti che ogni uno doveva eseguire. Alla mattina del giorno seguente ci siamo trovati tutti puntuali presso l’aia, eccetto quattro disertori che si sono lasciati convincere da un certo “Arturo” che era meglio andare al mare in macchina con lui che trovarsi in mezzo alla polvere della pressa. Ancora oggi “gli infedeli”, non hanno dato alcun segno di pentimento. Comunque, nonostante il forte disagio che hanno creato, eravamo organizzati così: Vito con il suo camion trasportava la carta dal deposito alla corte Cestarollo, altri avevano il compito di scaricarla e di metterla sul nastro trasportatore della pressa che la portava in alto e la faceva cadere dentro nella bocca della pressa e, con l’aiuto del “pigozzo,” la schiacciava nella zona pressatura.
Il “martin”, che è un carrello che andava avanti e indietro su un binario, serviva per una ulteriore pressatura, mentre altri con delle “guccie” avevano il compito di separare e di legare la carta con il fil di ferro, formando così delle balle di carta. Eravamo arrivati quasi alla fine della pressatura, ormai stanchi, qualcuno, per far prima ha messo interi sacchi di carta nella pressa, senza prima svuotarli, il “pigozzo”, prese una drammatica storta, impossibile continuare. Siamo riusciti a vendere la carta pressata, mentre quella non pressata l’abbiamo lasciata sul posto per occuparcene in seguito. Mio zio non mi disse nulla dell’inconveniente capitato alla sua pressa, che in seguito vendette come ferrovecchio, mentre della carta non pressata i ragazzi non vollero più saperne, alcuni avevano detto: “che ci pensino i disertori”. Serafino non se la sentì di affrontare il Signor Gabrielli, così andai io e mi presi una bella lavata di capo e mi strillò: “L’accordo era chiaro, finito i lavori non doveva rimanere nella corte neanche un pezzo di carta”, il mio ruolo evidentemente, comprendeva anche questo. La poca carta rimasta deve essere stata bruciata, ma non ricordo da chi, forse dallo stesso gestore della corte. Per il vetro raccolto non ricordo più che fine ha fatto. Avevamo racimolato la cifra giusta per acquistare i componenti dell’amplificazione, mancava solo l’assemblaggio.
LA PRIMA FIERA DI SAN GAETANO/ Tutto era pronto per organizzare la nostra prima fiera paesana di San Gaetano (ne abbiamo fatte sette o otto di seguito e una più bella dell’altra). Fin dall’inizio, con il complesso musicale, avevamo preso un accordo: noi donavamo l’impianto di amplificazione e loro ci davano l’intero incasso delle serate di fiera. Per l’occasione avevamo recintato, con una tela di juta lunga 70 metri e alta due, la zona del monumento dei caduti dove c’era anche una pista di pattinaggio, vicino alla caserma, che a noi andava benissimo come piattaforma per il ballo, poi c’era anche dello spazio verde dove si potevano mettere dei tavolini per la ristorazione, insomma era proprio il luogo ideale per fare questo tipo di festa. Forse per la novità o per il bel tempo o per altri motivi, vennero tantissime persone. L’incasso è stato strepitoso che ci ha permesso di iscrivere la squadra di calcio al campionato di Terza categoria appena in tempo, rimaneva di fare una nuova società di calcio “Audace” e, per fare questo, abbiamo chiesto ai vecchi dirigenti di darci una mano, perché eravamo privi di ogni esperienza.
LA NUOVA SOCIETA’ DI CALCIO / Così il presidente lo ha fatto Silvio Ferrari, papà di Giovanna e di Stefano, il vice presidente il nostro Nadir Turra affiancato da alcuni del gruppo, di cui non ricordo i nomi, poi altri vecchi dirigenti come Ferraresi Alberico detto “Cucca”, non mi ricordo se Tranquillo Turra, papà di Daniele e di Antonella, fece parte della società ; di certo mi ricordo che ebbe lui l’dea di chiamare il nostro gruppo G.G.C., ossia, Gruppo Giovanile di Castelguglielmo, così, questa dicitura apparve su tutti i nostri manifesti che pubblicavamo per le varie iniziative.
LA SQUADRA DI PALLAVOLO FEMMINILE/ Alcune ragazze reclamarono, perché si pensava solo a fare una squadra di calcio maschile, mentre loro rimanevano escluse da qualsiasi sport. Tiziano Maragno, fratello di Maria, ebbe l’dea della pallavolo e disse: “Basta una rete e due pali ben piantati nel campetto parrocchiale e il gioco è fatto”. L’idea piacque, ma chi era capace di fare l’allenatore? La Lorena Ferrari propose suo zio Angelo, in quanto l’anno precedente le aveva preparare per i G.d.G. di pallavolo, ma quest’anno, purtroppo, non era più disponibile per motivi di lavoro. La squadra c’era, ma nessuno se la sentiva di fare da allenatore, perché nessuno sapeva niente di questo sport, allora decisi di farlo io.
Mi sono messo a guardare le poche partite di pallavolo che a quel tempo trasmettevano in TV, poi lessi alcuni libri che illustravano i fondamentali e le varie tecniche di gioco, nonché il regolamento. Finalmente abbiamo iniziato a fare gli allenamenti, ovviamente ho chiesto aiuto, si è proposto Giancarlo Viaro, ragazzo molto serio, di poche parole e di molto impegno. Riuscii a trasmettere alle ragazze tutto quello che imparavo. Poiché i tempi della preparazione al campionato dei G.d.G. erano diventati stretti, mi sono inventato delle strategie per fare più allenamenti possibili, come quando ho chiesto al vice preside o preside incaricato, Prof. Carlo Piatto, se mi consentiva di fare degli allenamenti durante le ore buche delle lezione. A quel tempo le scuole medie erano situale sopra il teatro parrocchiale, posizione ideale per fare gli allenamenti extra, visto che il nostro campetto si trovava proprio nel cortile delle scuole. “Certo, mi rispose, fa parte dell’attività sportiva della scuola”. Oppure di accettare di andare a fare gli allenamenti sull’aia “selase” della Maria Maragno, perché la mamma voleva vedere chi erano “questi tipi” che facevano la pallavolo. Dopo tanti allenamenti, finalmente si giocava.
APPENDICE FLASH “CASTELGUGLIELMO - STORY ( by wikipedia)/ LE ORIGINI, LA STORIA, MONUMENTI DI INTERESSE
Castelguglielmo (Castelgujelmo in veneto)[senza fonte] è un comune italiano di 1 497 abitanti della provincia di Rovigo in Veneto, attraversato dal Canalbianco, nome che assume attualmente il fiume Tartaro dopo aver lasciato la conca di Canda.
STORIA
Età antica e classica
Sulle origini del paese non vi sono dati certi anche se sono noti insediamenti in queste aree già dall'età del bronzo. Sono stati rinvenuti numerosissimi resti di insediamenti romani, in particolare cocci, monete e frammenti di mosaici e nella toponomastica sembrano comparire nomi con radici longobarde (ad esempio via Stiningarda).
Storia medioevale, età comunale
Le prime vere notizie su Castelguglielmo risalgono al X secolo e sono riferite ad una località, denominata Villa Manegii, che probabilmente comprendeva anche la limitrofa San Bellino, caratterizzata da un castello e da una chiesa dedicata a San Nicolò. L'area è stata per secoli territorio di confine e quindi la presenza di castelli assumeva un'importanza strategica: Guglielmo III degli Adelardi Marcheselli (governatore di Ferrara) decise di riedificare nel 1146 la precedente costruzione, probabilmente caduta in rovina, e di rinominarla Castel Guglielmo in suo onore. Nel 1174 Torello Salinguerra, capo dei Ghibellini di Ferrara conquistò la fortezza, poi espugnata da Obizzo V Marcheselli e successivamente riconquistata dallo stesso Salinguerra. Il castello, probabilmente danneggiato, fu nuovamente ricostruito e rimase nelle mani degli Estensi fino al 1395, quando fu ceduto a Venezia insieme a gran parte del Polesine. Nel 1405 passò nelle mani del Carrarese Francesco Novello di Padova, poi ancora agli Estensi e, nel 1483, nuovamente sotto il dominio veneziano.
Com'era il castello
Il castello fu distrutto e ricostruito numerose volte nel corso dei secoli ed è probabile che la forma, le dimensioni e lo stile siano mutati notevolmente. Le uniche raffigurazioni rimaste sono alcuni schizzi su mappe catastali, di cui una sola potenzialmente rappresentativa e non simbolica. Nel 1483 Marin Sanudo lo descrisse come un cerchio di mura con una torre centrale innalzati su un argine rialzato rispetto al livello delle paludi circostanti, circondato dalle acque del Tartaro (vero nome di quello che oggi nella parte terminale, viene anche chiamato Canal Bianco). Il castello doveva apparire imponente e collocato in corrispondenza di un'importante via di comunicazione attraverso un'area spesso soggetta ad inondazioni da parte del Fiume Po (ad esempio, nel 1152). Castelguglielmo è citato brevemente anche nel Decameron del Boccaccio, esattamente nella Novella Seconda, Giornata seconda. Il castello fu sempre ricostruito nella stessa posizione fino al 1780 quando cadde definitivamente la torre, non più sostenuta dalle mura precedentemente cadute. Del castello rimangono solo le fondamenta, ora coperte dagli edifici della piazza.
STORIA MODERNA
Nel corso della guerra della Lega di Cambrai il castello passò nelle mani di francesi e spagnoli, per ritornare, nel 1515, ai veneziani che ne conservarono il dominio fino al 1797. I territori passarono successivamente ai francesi e poi agli austriaci dopo la Restaurazione, per diventare parte del Regno d'Italia a partire dal 1866. Nel 1945, durante un rastrellamento operato dai nazisti in seguito all'uccisione di due soldati, furono fucilate quarantadue persone a Villamarzana, provenienti per lo più da Castelguglielmo e territori limitrofi.
UNA FORTEZZA IN UNA TERRA D'ACQUA
Come gran parte del Polesine, anche Castelguglielmo dovette subire nei secoli gli effetti di numerose esondazioni da parte dei fiumi, piccoli e grandi) che ne attraversavano il territorio. Dalla disastrosa inondazione del fiume Adige rotta della Cucca del 589 e la già menzionata rotta di Ficarolo del 1152, che rimase aperta per circa vent'anni e che cambiò il corso del Fiume Po. Durante la guerra tra Ferrara e Venezia, i ferraresi, allo scopo di portare delle navi dal Po all'Adige, ruppero gli argini dell'Adige e bloccarono il corso del fiume Tartaro, allagando una vasta estensione di campagna, ma non riuscirono nell'intento, lasciando però le campagne allagate per decenni sino alla bonifica veneziana dei decenni successivi, anche perché la provvisoria riparazione dell'argine dell'Adige non resse ad un'alluvione successiva. Anche le rotte dell'Adige di tre secoli dopo (Castagnaro e Malopera) finirono nel Tartaro, già canalizzato durante il periodo estense e veneziano, contribuendo, insieme alla Fossa Maestra (che sfocia nel fiume Tartaro all'interno della conca di Canda), a dar luogo all'attuale fiume che assume (dopo la conca di Canda) il nome di Canal Bianco, sul quale fu costruito un primo ponte nel 1855 (di un ponte precedente, costruito dai veneziani, restano ancora le fondamenta dei piloni e alcuni blocchi di marmo, di cui uno raffigurante una testa di leone); sono da ricordare inoltre una terribile bufera che danneggiò gravemente il paese il 9 luglio 1801 e la rotta del Mincio, quello stesso anno, che portò all'allagamento dei terreni circostanti. L'ultima rotta del Po, il 14 novembre 1951, segnò profondamente il paese che vide emigrare più della metà della popolazione, in gran parte provvisoriamente sfollata in altre città d'Italia, ma da cui in maggioranza non fece più ritorno.
MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE
Architetture religiose
Per la Chiesa cattolica il territorio è amministrativamente parte del Vicariato di Lendinara-San Bellino, a sua volta divisione amministrativa della Diocesi di Adria-Rovigo.
La chiesa parrocchiale di San Nicola da Bari.
Chiesa di San Nicolò Vescovo (XVI - XIX secolo) Chiesa arcipretale e parrocchiale intitolata a San Nicola di Bari, vescovo, venne edificata nel corso del sedicesimo secolo rimanendo sostanzialmente immutata fino all'inizio dell'Ottocento quando, in occasione di un restauro conservativo, subisce modifiche nella struttura originaria. Il soffitto è dipinto da Sebastiano Santi e nella sacrestia è conservata una tela di Mattia Bortoloni raffigurante San Rocco.
Oratorio della Beata Vergine Immacolata.
Architetture civili
Villa Pelà-Chieregato (XVIII secolo)
"Il Palazzon" (Villa Paiola)
Casa Colognesi-Rizzi
Asilo infantile "V.Pelà"
Mausoleo delle vittime dell'eccidio di Villamarzana.
EXTRATIME by SS/ In cover Silvano Bin, al centro della scena, tra Benvenuto Moretti e Patrizia Mazzoni, perchè promoter e punto di riferimento 'centrale' a Castelguglielmo , per la socialità giovanile sia maschile che femminile.
Quindi in apertura di fotogallery partiamo come ha fatto Silvano dal suo rientro dal collegio di Parma, cioè …proponendo i “dodici apostoli giovani” davanti al bar del paese.
E che lo stesso Silvano snocciola così: da sx Stefano Sgarbi, Serafino Malanchin, Lino Zuliani, Sandro Bonfante, Carletto De Stefani, Osvaldo Zanarotti, Gianni Maragno, Maurizio Malanchin, Massimo Gioso, Nadir Turra, Vittorino Zuliani, Valeriano Toso.
A seguire i tre bambini Turra ( da sx Daniele, Antonio, Antonella) con sfondo ponte del Canalbianco ( al di là di quanto citato by wiki, è verità la testuale ‘sottolineatura’ by sms di Massimo Stefani che recita “il Tartaro diventa Canalbianco nella conca di Canda, quindi quando passa per Castelguglielmo è già Canalbianco”) e poi il lungo ragazzo Nadir Turra al distributore “Esso” di benzina.
Con riferimento alle partite di ‘calcio balilla’ ecco gli “Amici del Calcetto” (nella prima foto, da sx Sandro Bonfante, Roberto Castellan, Massimo Stefani, Fabrizio Corradin, Roberto Gatti, Gianni Prearo ) impegnatissimi tra biliardino e …pallina da lanciare a centrocampo tra gli ‘ometti’ per riprendere il gioco
Invece con riferimento alle attività sportive di gruppo partiamo con la forte squadra di pallavolo femminile della Scuola dove tra l’altro Bin era ‘applicato di segreteria, segnalando in piedi da sx lo stesso Silvano Bin, Maria Marano, Lorena Ferrari ( mamma di Michele Piccolo) , Giovanna Ferrari, Giuseppina Dall’Aglio, Annarosa Chieregato, Giovanna Ferraresi ( vice preside), Vittorino Zuliani; in ginocchio da sx Giancarlo Viaro ( allenatore) ,Silvana Zanella, Daniela Turra, Ersilia Grassia, Daniele Turra.
A seguire la squadra dei ragazzi/e di Castelguglielmo che è stata protagonista ai Giochi senza frontiere“ a San Bortolo di Rovigo ad agosto 1972, con in piedi da sx Giordano Furin, Massimo Stefani, Fabrizio Corradini, Lorena Ferrari, Annarosa Chieregato, Katia Bonfante; seduti da sx Fabrizio Bertuolo, Maria Marano, Claudio Pareschi, Massimo Pennoni, Giovanna Ferrari, Ersilia Grassia, Celestino Malanchin.
Invece con riferimento al calcio giocato, partiamo simpaticamente dal giovane portiere Massimo Stefani in tuffo a terra per esigenze fotografiche ( vedere le scarpe ‘lucide’), quindi in foto poster torneo notturno con la squadra sponsorizzata “Philco” di Malin Ivano, nota marca di televisori.
A seguire la più matura nonché ‘rinata’ squadra Audace di Castelguglielmo , in maglia a strisce longitudinali e con sfondo montagna.
Infine con riferimento ai giovani che sono stati protagonisti come ‘gruppo musicale’ a Castelguglielmo, ecco un trittico flash tra fisarmonica Roberto Conegliani) , batteria ( Daniele Turra), ma anche pianola e chitarre, per una band non a caso chiamatasi “Complesso Scacciapensieri” ( in poker da sx Roberto Conegliani, Flavio Maragno, Enzo Ferraresi, Daniele Turra).
Tutto questo nell’habitat dell’epoca a Castelguglielmo, di cui vi proponiamo anche ‘statisticamente’ la certificazione dell’andamento demografico e le fotografie che ( poco prima di incontrare Silvano Bin in compagnia con Massimo Stefani) ho scattato prima alla Chiesa Parrocchiale di San Nicola di Bari e poi al Municipio, perché l’impegno sportivo e sociale di Silvano è stato davvero pro Comunità tutta.
Silvano Bin & Sergio Sottovia
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