Stefano Gobatti (Bergantino) musicò con successo “I Goti” a Bologna/ La sua storia raccontata da Zaghini…


19/04/2020

Ho avuto la fortuna di incontrare in un pomeriggio del Terzo Millennio il professor Tommaso Zaghini e il cantastorie altopolesano Franco Rizzi. Ho già raccontato la storia di Lauro Bordin, il grande ciclista polesano del secolo scorso, imparentato conl musicista Stefano Gobatti.
Adesso il triangolo è completo. E di Stefano Gobatti ci racconta tutto proprio Tommaso Zaghini , che ha già raccontato in un libro speciale tutta la vita e l’arte di Stefano Gobatti, orgoglio di Bergantino il paese in cui è nato, prima di trasferirsi a Bologna.
La città dove Stefano Gobatti è ‘esploso’ da musicista mettendo in scena l’opera lirica “I Goti” , per la quale ha ottenuto anche la cittadinanza onoraria nella città felsinea.

Un polesano di ‘hight quality’ nel panorama della musica, anche se i giudizi sono stati contrastanti, al di là del successo iniziale con “I Goti” .
Anche per questo oltre alla Main News frutto dell’intervista di Franco Rizzi a Tommaso Zaghini, vi proponiamo in calce due Appendici Flash story , per un focus completo su Stefano Gobatti musicista, certificato dalle autorevoli biografie e recensioni pubblicate dalla ‘Treccani’ e dalla Regione Veneto, quest’ultimo a commento della presentazione del libo di Zaghini & Friends avvenuta a Bergantino nel 2003.

Rimandandovi in calce all’Extratime per ulteriori   commenti , tra fotogallery e tempi moderni, visto che il ‘musicista’ Gobatti è stato ricordato effettivamente più a Bologna che in Polesine, come peraltro è nella logica delle ‘dimensioni’ culturali e istituzionali del territorio.
Basti ricordare che a Bologna, l’esordiente Stefano Gobatti “ neanche ventenne ottenne gloria e onori: la cittadinanza onoraria dal Comune felsineo, come Verdi; la nomina a socio d'onore dell'accademia filarmonica di Bologna, come Wagner; la nomina a cavaliere della corona d'Italia concessagli dal re Vittorio Emanuele II … E che Giosuè Carducci stesso magnificò da subito il giovane maestro, promettendogli addirittura un libretto e incensandolo così: "Salute e trionfo al giorno in cui Stefano Gobatti segnerà dell'impronta sua la prossima evoluzione dell'arte musicale in Italia".
Poi però… ma ecco il seguente il reportage completo sul nostro Stefano Gobatti “Polesano nel Mondo” , come già anticipato.

 

MAIN NEWS ( di Franco Rizzi, mail 18.04.2020 ) / BERGANTINO : IL CASO GOBATTI
STEFANO GOBATTI, UN GRANDE MUSICISTA LIRICO DIMENTICATO A BERGANTINO E A ROVIGO, MA NON A BOLOGNA
Il prof. Tommaso Zaghini, classe 1938, già per un quarantennio docente di lettere alle medie, è fondatore-direttore del  locale Museo nazionale della giostra e dello spettacolo viaggiante. Ha pure ideato e diretto per un ventennio la bergantinese biblioteca comunale M. e T. Bellini. Inoltre ha dato avvio ad una nuova stagione di interesse e di studi sull'opera del concittadino Stefano Gobatti; è socio corrispondente dell'Accademia dei Concordi di Rovigo.
Il Polesine e Bergantino hanno dimenticato il loro musicista più famoso, perché?
"A onor del vero attorno al 2000 l'amministrazione civica di Bergantino con il Comune e Rovigo,  l'Accademia dei Concordi e il conservatorio Venezze hanno reso omaggio con una serie di iniziative al mio concittadino, cui è stata intitolata la scuola media bergantinese; furono stanziati fondi ad hoc. Oggi purtroppo mancano fondi e...".

Continua Zaghini :"Invece Bologna continua ad onorare il più illustre figlio di Bergantino tanto che nel 2018 in Certosa sono state organizzate tre serate liriche gobattiane; in più lo stesso sindaco felisineo Virginio Merola ha reso omaggio alla tomba del grande polesano in un'affollata cerimonia ufficiale"
Lo studioso altopolesano non lo dice ma si sa benissimo che un certo potere accademico rodigino fa solo "cultura alta", dimenticando quella "popolare", tipo la "gobattiana"... e non è solo questione di soldi!

 


Tommaso Zaghini ha scritto nel 2002, insieme a Corrado Ferri e a Luigi Verdi, il corposo volume Stefano Gobatti. Cronache dei teatri dell'Ottocento. Un "caso" clamoroso nella storia della musica, Bologna, Patron Editore. "A noi allora non ha interessato se il nome di Gobatti sia da annoverare o meno fra i grandi del panorama musicale italiano. Al contrario abbiamo cercato di approfondire, ampliandola, la conoscenza di un indubbio protagonista della scena musicale ottocentesca, nell'attesa di un giudizio sereno e completo sulla sua arte, in un contesto di studi che porti ad un'ormai necessaria revisione e ricostruzione di tutta la storia musicale del secondo '800". In più il duo Zaghini-Ferri ha dato alle stampe la biografia Una vita donata all'arte. Stefano Gobatti il musicista che fece "impazzire" Bologna (Bologna, Bongiovanni 1997).
Notevole la loro mostra allestita e presentata nell'aprile 1999 presso il teatro comunale di Bologna su Stefano Gobatti: un protagonista dell'Ottocento operistico bolognese.

MA  CHI E' VERAMENTE STEFANO GOBATTI?
Nacque il 5 luglio 1582 a Bergantino da Giuseppe e Maria Ghisellini, una povera e umile famiglia contadina (alcuni suoi parenti vivono ancora a Castelnovo Bariano, come c'ha più volte detto Claudio Gobatti, oltre che a Sermide).
Abbandonati presto gli studi d'ingegneria per dedicarsi interamente alla musica, studiò privatamente a Bologna con A. Busi, poi con L. Rossi a Parma e a Napoli, dove quest'ultimo venne chiamato per ricoprire il posto di direttore del conservatorio.

Solo diciottenne musicò, per esercizio di composizione, un'opera dal titolo “I Goti”, messa in scena il 30 novembre 1873 al teatro comunale di Bologna. Questa ebbe un successo senza precedenti e suscitò tanti consensi da venire ricordata dagli storici come uno dei più grandi trionfi nella storia del melodramma, ciò in tutt'Italia.

 

In poche settimane infatti l'esordiente autore altopolesano neanche ventenne ottenne gloria e onori: la cittadinanza onoraria dal Comune felsineo, come Verdi; la nomina a socio d'onore dell'accademia filarmonica di Bologna, come Wagner; la nomina a cavaliere della corona d'Italia concessagli dal re Vittorio Emanuele 2°...
Giosuè Carducci stesso magnificò il giovane maestro, promettendogli addirittura un libretto: "Salute e trionfo al giorno in cui Stefano Gobatti segnerà dell'impronta sua la prossima evoluzione dell'arte musicale in Italia"
Erano anni di divisiva passione operistica, di accesi antagonismi, di esaltanti trionfi e di inesorabili cadute, spesso giocate a tavolini. Quando Giuseppe Verdi, anche per un'istintiva invidia, definì I Goti "il più mostruoso aborto musicale che sia stato mai composto", la stella di Gobatti, si eclissò improvvisamente.

L'ingenuo e acerbo musicista polesano divenne preda delle case musicali, degli impresari scorretti e dei loro interessi solo economici tanto che le sue opere successive ("Luce", 1875; "Cordelia", 1881) furono un clamoroso fiasco.
Gobatti, deluso, si amareggiò sempre più, sopravvivendo in una situazione di estrema povertà, mantenendosi con l'insegnamento del canto presso le scuole elementari, cosa che gli riservò almeno qualche soddisfazione. Fu costretto a chiedere ospitalità presso il convento francescano dell'Osservanza, sulle prime colline alle spalle di Bologna.
Tuttavia, se la grama esistenza lo fece ammalare preso da manie di persecuzione, l'isolamento ne incentivò l'attività creativa. Scrisse musica sacra e da camera, operò una revisione de I Goti, progettandone una versione francese, puntando così a un clamoroso riscatto. Tra il 1905 e il 1912 compose il Massias, ormai fuori da ogni aspettativa di rappresentazione. Tante le partiture concepite in convento, mai però studiate in tempi più recenti, senza l'esame del palcoscenico. Pure i giudizi critici sono solo rifacimenti post-ottocenteschi.
Massone, dopo il 1885 fu membro effettivo della loggia Otto Agosto di Bologna.
In seguito ad un attacco di nefrite e all'indebolimento delle facoltà mentali, fu ricoverato al Rizzoli di Bologna ove morì il 17 dicembre 1913.
Fu sepolto nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna, accanto a quelli che furono i suoi veri e fedeli amici: Giosuè Carducci ed Enrico Panzacchi.
Nel 1° centenario della morte gli è stata dedicata dal Comune di Bologna una lapide sulla facciata della casa dove abitò in via Mascarella 13.
La sua copiosa produzione lirica attende ancora una valutazione complessiva ed equilibrata: il "caso Gobatti" rimane aperto.

 

PRIMA APPENDICE STORY ( by www.treccani.it  ) / GOBATTI STEFANO - BIOGRAFIA -MUSICISTA

GOBATTI, STEFANO - Nacque a Bergantino, presso Rovigo, il 5 luglio 1852 da Giuseppe e Marianna Ghisellini. Abbandonati presto i corsi di ingegneria per dedicarsi interamente alla musica, studiò privatamente con A. Busi a Bologna, poi con Lauro Rossi a Parma e a Napoli, dove quest'ultimo venne chiamato per ricoprire il posto di direttore del conservatorio. A Napoli il G. concepì la sua prima opera I Goti (tragedia lirica in 4 atti su libretto di S. Interdonato). L'opera, dopo il rifiuto della Scala di Milano, venne rappresentata il 30 nov. 1873 al teatro Comunale di Bologna per volontà di C. Cesarini, fiducioso di rinnovare in chiave antiscaligera il successo delle recenti rappresentazioni wagneriane patrocinate da A. Mariani. Il successo fu clamoroso (primi interpreti furono Leonia Levielli Coloni nel ruolo di Amalasunta, S. Rossi Romiati in quello di Teodato e L. Bolis in quello di Sveno) e valse al compositore il conferimento della cittadinanza onoraria (19 dic. 1873), insieme con il plauso entusiastico di critici, musicisti (L. Rossi, C. Pedrotti) e poeti (fra i più accesi sostenitori E. Panzacchi), resi miopi dalle accanite dispute tra fautori e avversari della "musica dell'avvenire", dalle rivalità campanilistiche, dalle fiammate nazionaliste, dalla propaganda antiverdiana, e decisi a trovare a ogni costo un nuovo idolo locale dopo la scomparsa di Mariani.
L'entusiastica accoglienza bolognese contagiò, anche se solo in parte, gli altri teatri italiani. La tenuta dell'opera fu, tuttavia, limitata; sempre più tiepida fu infatti l'approvazione ottenuta da I Goti nelle successive rappresentazioni a Roma (riserve avanzò F. Flores d'Arcais su L'Opinione, salvando solo il preludio e il terzetto dei tre bassi nel terzo atto: Alberti, nota p. 170), Parma, Genova (Verdi definì l'opera "il più mostruoso aborto musicale che sia stato mai composto": Gatti, 1931, p. 271), Torino, Firenze, Padova, Brescia, fino alla ripresa in sordina del 1898 nella città dell'originario trionfo, Bologna, che decretò il definitivo declino dell'opera (l'ultima messa in scena, a Messina, è del 1899).

 

Sotto le insistenze degli impresari, il G. si ripresentò sulle scene bolognesi, a due anni di distanza, con una seconda opera, Luce (melodramma lirico in 5 atti, libretto di Interdonato, teatro Comunale, 26 nov. 1875) che, nonostante il prestigio degli interpreti (Teresina Brambilla Ponchielli nel ruolo di Luce, I. Campanini in quello di Oliviero, ed Erminia Borghi Mamo in quello di Lionello), non ottenne il successo sperato; questo non impedì a G. Carducci di promettere al musicista un libretto, concepito ma mai realizzato, Mille e non più mille.
La breve vita dell'opera si concluse nel febbraio 1876, con una dura bocciatura nell'unica serata alla Scala di Milano, a seguito della quale Arrigo Boito definì l'opera una "brutta cosa" e, riferendosi al compositore, commentò: "non capisco come colui s'ostini nel voler fare ciò che non sa e non saprà mai fare" (Nardi, p. 407).
Trascorsero sei anni, nel progressivo allontanamento dalla vita sociale, fino a un temporaneo ritiro nel convento dei francescani dell'Osservanza, prima che il G. ritentasse la fortuna con Cordelia (dramma lirico in 5 atti, libretto di C. D'Ormeville, teatro Comunale di Bologna, 6 dic. 1881). L'opera ebbe però sorte ancor più misera della precedente. Ormai isolato, ridotto in miseria, e afflitto da manie di persecuzione, il G. fu ridotto negli ultimi anni a insegnare canto nelle scuole elementari.
In seguito a un attacco di nefrite e all'indebolimento delle facoltà mentali, fu ricoverato nella casa di cura dell'Istituto Rizzoli di Bologna, ove morì il 17 dic. 1913.
Il G. lasciò inoltre una quarta opera, Masias (3 atti, libretto di E. Sanfelice), musicata attorno al 1900 e mai rappresentata, alcune romanze da camera, e l'inno La festa della regina.
La figura del G. è ancor oggi legata al dibattito critico sorto attorno al suo debutto artistico, un vero e proprio caso, emblematico dello stato di arretratezza di una certa critica musicale italiana di quel periodo.

 

Salutato alla sua prima prova compositiva come il nuovo campione della modernità, il G. in realtà si avvalse ne I Goti di un linguaggio musicale che, per la mancanza di una definita fisionomia, è rapportabile in parte al primo Wagner (avvicinato dal G. senza un approfondito studio su riduzioni pianistiche del Lohengrin e del Tannhäuser); a una lettura più approfondita, è riconducibile interamente all'interno della tradizione melodrammatica italiana di minor rilievo dei decenni precedenti, e dunque legato ancor saldamente alle biasimate, solo in teoria, forme chiuse. Fu, paradossalmente, proprio questa la causa dell'immediata presa su un pubblico di fatto ancora non pronto a comprendere l'essenza e la novità della musica wagneriana, ma più sensibile alle facili trovate d'effetto e alle melodie semplici e orecchiabili.
Il proclamato rinnovamento dell'opera si scontrava con una sostanziale incompetenza tecnica: impaccio nell'uso di idee melodiche, peraltro banali (come l'Inno gotico, la cui inconsistenza non giustifica la sua insistita ripresa nei punti culminanti del dramma); continua assunzione di moduli armonici scontati, rotanti costantemente attorno all'accordo di settima diminuita, e ripetitività delle progressioni; mancanza di pratica nella conduzione delle voci e nella prosodia; difetti di strumentazione; eccessiva semplificazione nell'elaborazione degli scarni numeri d'insieme, dei concertati e dei cori. A tutto ciò corrisponde un libretto dalla fattura convenzionale, pieno di maledizioni, premonizioni e invettive, da sfiorare spesso il grottesco e il ridicolo.
I travisamenti della critica non perdurarono a lungo, e il mancato superamento dei difetti di scrittura in Luce e in Cordelia decretò il definitivo ostracismo del G. dalla vita musicale.

 

FONTI E BIBLIOGRAFIA ( citazioni by Bibl.: E. Panzacchi ) /
Sul melodramma I Goti del maestro S. G.: saggio critico, Bologna 1874; E. Fabrini, La scuola melodrammatica del Wagner ed i Goti del maestro G., in Rivista universale, n.s., VIII (1874), 19, pp. 472-481; G. Masutto, I maestri di musica italiani del secolo XIX, Venezia 1884, p. 91; M. Missiroli, Un inno di G. Carducci alla giovinezza, in Giornale d'Italia, 18 ag. 1909, p. 3; G. Depanis, I concerti popolari e il teatro Regio di Torino, I, Torino 1914, pp. 57-59; G. Monaldi, S. G., in Id., Ricordi viventi di artisti scomparsi, Campobasso 1927, pp. 205-210; C. Gatti, Verdi, II, Milano 1931, pp. 270-272; A. Alberti, Verdi intimo: carteggio di G. Verdi con il conte Opprandino Arrivabene (1861-1886), Milano 1931, pp. 164-168; F. Vatielli, L'ultima opera di S. G., in La Strenna delle colonie scolastiche bolognesi, XLIV (1941); P. Nardi, Vita di A. Boito, Verona 1942, pp. 406 s.; F. Abbiati, Storia della musica, IV, Milano 1945, pp. 191, 208-213; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte (1778-1958), I, Milano 1963, p. 146; Due secoli di vita musicale. Storia del teatro Comunale di Bologna, a cura di L. Trezzini, I, Bologna 1966, pp. 18, 134-136; S. Midolo, Malintesi critici nei primi anni del wagnerismo italiano: I Goti di S. G., in Wagner in Italia, a cura di G. Rostirolla, Torino 1982, pp. 227-243; Carteggio Verdi-Ricordi (1880-1881), a cura di P. Petrobelli, I, Parma 1988, p. 169; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, Suppl., I, p. 395; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 639; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, XVI, col. 491; Enc. dello spettacolo, V, coll. 1389 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 242; The New Grove Dict. of music and musicians (2a ed., 2001), X, pp. 65 s.

 

 

SECONDA APPENDICE FLASH STORY ( by Regione Veneto ) / STEFANO GOBATTI – IL LIBRO SCRITTO DA TOMMASO ZAGHINI, CORRADO FERRI, LUIGI VERDI
 
Stefano Gobatti: Cronache dai teatri dell'Ottocento. Un 'caso' clamoroso nella storia della musica, a cura di Tommaso Zaghini, Corrado Ferri, Luigi Verdi, Bologna, Edizioni Pàtron 2001, 288 pp.
RECENSIONE / Notiziario bibliografico. Periodico della Giunta regionale del Veneto, 46, settembre 2004, p.47 (Francesco Passadore)

PRESENTAZIONE: Bergantino, Sala Consigliare del Municipio, 18 gennaio 2003.

Oggi, con atteggiamento nuovo, possiamo riascoltare la musica di Gobatti senza pregiudizi e valutarne appieno il suo valore: rivalutare e riscoprire l’opera di Gobatti, un musicista che ha segnato un pur breve periodo della vita musicale bolognese e italiana della seconda metà dell’Ottocento, appare oggi una iniziativa culturale doverosa e di grande importanza. Per questo motivo è particolarmente degno di nota il progetto del Comune di Bergantino, di pubblicare un’antologia con i testi più significativi dedicati a Gobatti, tratti da giornali e riviste d’epoca, così da offrire un ampio quadro di ciò che rappresentò il suo fenomeno per la cultura musicale del tempo.
Auguriamoci che questa pubblicazione apra la strada ad una rappresentazione delle opere di Gobatti, che mancano dai palcoscenici teatrali da oltre un secolo; non possiamo del tutto escludere che fra qualche anno si possa aggiornare la storia del melodramma italiano, anche in virtù di una ricollocazione storica nella giusta prospettiva dell’opera non solo di Stefano Gobatti, ma di tanti altri compositori oggi dimenticati.

 

 

EXTRATIME by SS/ In cover Stefano Gobatti abbinato alla sua opera prima “I Goti”.
Quindi in apertura di fotogallery  ( by Museo civico del Risorgimento a Bologna ) , in formato più visibile, il libretto dell’opera stessa, in abbinata col maestro originario da Bergantino, anche se poi la ‘lapide’ che lo onora nella Certosa di Bologna (ingresso sud alla Sala del Colombario dal Campo Carducci ) erroneamente lo cita nativo di Rovigo.
Come ben sa e spiega l’amico Tommaso Zaghini, sia nei suoi libri dedicati a Stefano Gobatti che nella presente intervista col cantastorie dell’enclave altopolesano Franco Rizzi ( eccolo con tra le mani i due libri su Zaghini) , che perciò ho fotografato durante una visita al Museo di Bergantino nella quale il direttore Zaghini ha fatto da cicerone.
Come nella seconda visita fatto allo stesso Museo della Giostra e delle … Musica a Bergantino , dove ho fotografato il quintetto finale con da sx Tommaso Zaghini, Franco Rizzi, Fausto Merchiori (già sindaco di Rovigo e Presidente del Conservatorio di Musica ‘Venezze’ di Rovigo) , quindi le signore Moretto e Giatti.
Mentre con riferimento al fatto che a Bologna anche recentemente abbiano onorato la musica di Stefano Gobetti, segnalo che nel Calendario estivo 2019 lo hanno ‘cantato’ in una edizione musicale dal titolo "Dov'é Stefano Gobatti? Riscoperta e musica di un'icona dimenticata" , a cura di Associazione Dolci Accenti.
A dimostrazione che il ‘maestro’ Stefano Gobatti è orgoglio sia di Bergantino ( perciò Polesano nel Mondo) che di Bologna e del mondo musicale.

Franco Rizzi & Sergio Sottovia
www.polesinesport.it